Che la cosiddetta “sinistra radicale” abbia guardato con qualche, moderata, simpatia alla decrescita è indubbio. Invece di risolvere le contraddizioni al proprio interno, cambiare rotta rispetto al femminismo più oltranzista e all’immigrazionismo dei buoni sentimenti, i partitini della sinistra arcobaleno scelsero la causa più ovvia, quella della difesa dell’ambiente, già tentata con scarse fortune negli anni ottanta dal partito dei Verdi. La condizione di eterno alleato dei governi di centro-sinistra rese di fatto improponibile ogni tentativo di restauro. A cavalcare con ben altro entusiasmo il tema della decrescita, intesa principalmente come lotta alle grandi opere inutili, fu certamente il Movimento Cinque Stelle degli esordi, quello di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Più di un esponente di spicco di questo soggetto politico, a cominciare dal senatore piemontese Alberto Airola, hanno candidamente riconosciuto che, senza la potente scintilla iniziale data dal sostegno (e dai voti) dei militanti No Tav della Val di Susa, il Movimento Cinque Stelle non avrebbe mai preso lo slancio, l’abbrivo necessario a spiccare il volo nell’asfittica politica italiana, dominata fino al 2010 da due coalizioni diverse solo nel nome, ma speculari nei comportamenti e nelle politiche di taglio neo-liberista. I primi anni del decennio scorso furono contrassegnati dalle grandi marce contro il treno ad alta velocità, all’interno delle quali i futuri deputati grillini si muovevano baldanzosi e spocchiosi come consumate rockstar, promettendo un sicuro stop ad ogni devastazione ambientale, non appena fossero giunti al governo. Sappiamo com’è andata a finire.
Il caso No Tav-Cinque Stelle andrebbe studiato nelle università, per analizzare come un gruppo legato ad una singola azienda dai dubbi interessi, riesca a costruire un movimento politico del tutto privo di democrazia interna, innervato dal falso mito delle consultazioni on line, ottenga il gradimento e il sostegno di una particolare fascia di elettorato e di militanti, dediti ad una causa sacrosanta, per poi, una volta al governo, disattendere totalmente il mandato ricevuto e votare allo stesso modo degli altri partiti. La truffa perfetta, insomma, da fare invidia agli euforici imbroglioni alla Di Caprio del film Wolf of Wall Street.
Infine, negli ultimi due anni, c’è stato il fenomeno mass-mediatico dell’adolescente Greta Thumberg, ben presto assurta (molto in fretta?) a sacerdotessa di un ambientalismo di facciata, utile a dividere, anziché ad unire. Le giovani generazioni invitate da Greta ad esercitare l’odio contro i padri e i nonni, colpevoli di aver inquinato il pianeta. Tutta la responsabilità scaricata, dunque, sulle persone comuni, con un meccanismo che ha delle inquietanti assonanze con la recente caccia all’untore da CoronaVirus. Mai una parola contro l’operato del capitalismo che sfrutta e demolisce ogni essere vivente nella geometrica ricerca di profitto.
Il noto blogger Maurizio Blondet definisce la decrescita come una “passione fredda e triste”. C’è certamente un fondo di verità in questa definizione, il cambio di paradigma richiesto da pensatori come Serge Latouche, e improntato ad una maggiore sobrietà nello stile di vita, non ha mai scaldato il cuore di una popolazione, quella italiana, che negli anni scorsi è stata sballottata, irrisa, impoverita da una serie impressionante di governi tecnici, a cominciare da quello algido di Mario Monti, o comunque dediti più alla causa dei tecnocrati di Bruxelles che non a quella dei cittadini comuni.
Eppure siamo del parere che chi ha a cuore le sorti del sovranismo costituzionale, debba valutare quanto di buono c’è nella decrescita.
Ci viene in aiuto un intellettuale franco-egiziano, Samir Amin, scomparso soltanto un paio d’anni fa. Di Samir Amin racconta Carlo Formenti nel suo volume “Il socialismo è morto, Viva il socialismo!”, utilissimo compendio del pensiero di molti intellettuali di area sovranista e socialista.
Secondo Samir Amin il colonialismo è un fenomeno che appartiene al presente, e non solo al passato. Non solo, ma la dinamica perversa si è estesa e moltiplicata in diverse parti del pianeta, e non è dunque riconducibile soltanto al rapporto tra nord e sud del mondo, o meglio tra primo e terzo mondo. Amin ci dice che nel ventunesimo secolo esistono sistemi sovra-statali, come la stessa Unione Europea, che si compongono di un centro e di una periferia. All’interno di questi sistemi, sono presenti meccanismi di sfruttamento del tutto affini a quelli che esistevano, a fine ‘800, tra la potenza colonizzatrice europea e la colonia africana. Come argomenta Carlo Formenti, sintetizzando il pensiero di Amin “Le periferie sono sì integrate nel sistema capitalista mondiale, ma al tempo stesso sono inchiodate a un sottosviluppo che è condizione necessaria dello sviluppo dei centri. Questo avviene perché nei centri il processo di accumulazione del capitale è guidato principalmente dalla dinamica dei rapporti sociali interni, rafforzata dalle relazioni esterne messe al suo servizio; nelle periferie il processo di accumulazione del capitale è principalmente derivato dall’evoluzione dei centri, si basa su di essa, ne è in un certo senso dipendente”.
Questo rapporto asimmetrico e iniquo si può individuare, nella relazione esistente fra la Germania e alcuni paesi del sud Europa, come l’Italia. In altre parole, siamo convinti di non tradire l’analisi di Amin se diciamo che l’Italia è di fatto, una colonia, assoggettata ai voleri di una nazione straniera. Per questo l’opposizione proletariato/borghesia non può, da sola, completare l’orizzonte di lotta, ma occorre riprendere il controllo delle proprie esistenze, rivalutare positivamente il concetto di Stato-nazione.
Fin qui la critica al neo-colonialismo, che come abbiamo compreso è un fenomeno da cui nessuno può sentirsi al sicuro. Da qui l’urgenza per l’Italia di liberarsi, una volta per tutte, dalla dominazione dell’Unione Europea, i cui trattati sono stati redatti a somiglianza della Costituzione tedesca, improntata ad una concezione soltanto formale della democrazia, a differenza di quella italiana.
Rimane ancora da esplorare il nesso tra decrescita e sovranismo. E’ quello che Samir Amin chiama delinking, ovvero sganciamento. Ovvero il superamento del capitalismo passa, a suo modo di vedere, dalle periferie e dal loro sganciamento dal mercato globale. Nell’ottica di Amin, il sud del mondo deve esigere che il Nord riduca il consumo sconsiderato, bulimico, di materie prime, spesso sottratte rapinosamente. Altre fasi di questo processo di sganciamento sono: “la ricontrattazione o la cancellazione totale del debito estero; la rottura delle relazioni con le istituzioni sovranazionali del capitalismo globale, la centralizzazione statale del surplus e la sua redistribuzione in funzione dei bisogni settoriali di crescita”.
Come si può declinare la lezione di Samir Amin nella realtà italiana?
A nostro parere, occorre innanzitutto considerare le peculiarità dell’epoca nella quale ci troviamo, che è essenzialmente quella del declino dell’impero americano. Una volta ottenuta l’indipendenza dalla matrigna Unione Europea, sarà il momento di vagliare quale potrà essere il senso del reiterare la nostra adesione all’alleanza atlantica, la Nato.
Liberarsi da questo secondo, gravoso fardello, non significherà peraltro gettarsi nelle braccia, in maniera acritica, di altre potenze mondiali in ascesa. In questa fase storica, stati-continente quali Russia e Cina hanno inteso interpretare la sfida al gigante a stelle e strisce sul piano economico e finanziario. Non potendo rivaleggiare con gli Stati Uniti a livello di armamenti, col rischio assai concreto di scatenare una guerra nucleare dagli esiti definitivi, hanno pensato a valorizzare il proprio status nel campo dei rapporti commerciali. L’ansia di mettere al tappeto il rivale, quasi una sorta di complesso d’inferiorità, ha fatto sì che queste potenze non pensassero minimamente ai gravi scompensi che loro politiche avventate causeranno al nostro pianeta.
La Russia, che di suo può vantare un invidiabile patrimonio di energie fossili, ha gioito alla notizia dell’apertura del “passaggio a nord” per le navi cariche di merci, che viaggiano attraverso il Polo Nord. Felicitarsi per lo scioglimento dei ghiacci polari significa anteporre il profitto di breve termine alla stessa sopravvivenza del genere umano sulla lunga distanza. La miopia di un tale atteggiamento verrà probabilmente ricordata nei libri di storia come tipica di chi non sa riconoscere l’avvicinarsi a grandi passi della catastrofe, come i musicisti che suonavano mentre il Titanic affondava nelle acque gelide.
In tema di tutela della salute pubblica, ancor peggio sta facendo la Cina che ha sposato senza alcuna remora, la causa della connessione 5G. Vale la pena di accennare al fatto che il 5G rappresenta una minaccia per le nostre cellule di esseri viventi, che non può essere compensata da alcun vantaggio d’altro tipo.
Possiamo constatare che, a distanza di pochi anni, il concetto stesso di decrescita muta profondamente, o quantomeno si arricchisce di nuovi contenuti: all’impegno per il contenimento della quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera e per la fine della cementificazione selvaggia si accompagna l’urgenza di difendersi dallo strapotere dei diversi devices che sono in grado non solo di attraversare con frequenze i corpi degli esseri viventi, ma riescono a cambiare radicalmente la percezione che gli esseri umani hanno della realtà, indebolendo inoltre alcune capacità di primaria importanza quali la memoria e la capacità di comprensione della parola scritta. Altri temi che vanno conosciuti sono quelli dell’ibridazione uomo-macchina, e della tendenza da parte delle grandi corporations a sradicare le differenze sessuali tra uomo e donna per creare esseri umani dall’identità sessuale incerta ed eternamente mutevole.
La decrescita e il sovranismo, in questo senso, possono essere sicuri compagni di strada nella lotta al transumanesimo, in quanto entrambi avvertono la necessità di essere conservatori, non certo nel senso di mantenere vecchi e nuovi privilegi delle classi abbienti, ma nel difendere la vita sulla terra, fatta di legami insopprimibili con la storia, l’eredità biologica e psichica degli individui, l’ambiente naturale, la filosofia e la religione.
*Alberto Melotto è membro del Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia
“Vale la pena di accennare al fatto che il 5G rappresenta una minaccia per le nostre cellule di esseri viventi, che non può essere compensata da alcun vantaggio d’altro tipo.” E’ possibile avere dall’autore i riferimenti bibliografici su cui si basa tale affermazione?
Ti faccio un grande applauso !! Bravo Alberto, il futuro dell’uomo sulla terra passerà necessariamente dalla difesa di certi valori , principi e tradizioni.
Caro Piccini, aspetto ancore risposta alle domande che ho fatto al tuo post. Cara redazione, non sarebbe corretto che prima di pubblicare un nuovo post, un autore risponda alle domande dei post precedenti? Nello specifico Piccini non ha ancora risposto alle domande che gli ho fatto sul suo post e sempre sul tema del 5G.