NO al “Decreto Rilancio”
VIA il governo della miseria
Il cosiddetto “Decreto Rilancio” prepara in realtà il disastro. Come spesso avviene nella pubblicità, il messaggio contenuto nel nome serve proprio a nascondere quanto sia pessimo il prodotto.
Dopo oltre due mesi di confinamento duro, l’economia italiana è in ginocchio. Milioni di persone hanno perso il reddito ed il lavoro, mentre lo spettro della povertà si fa sempre più concreto per ampi strati della popolazione. Di fronte a questo quadro drammatico il decreto del governo Conte non risolve alcun problema. Le risorse messe in campo sono inadeguate, ispirate alla solita concezione neoliberale, destinate in larga parte agli appetiti confindustriali. Il tutto dentro un quadro di totale asservimento ai vincoli europei ed al disegno egemonico della Germania.
Il giudizio di Liberiamo l’Italia è dunque totalmente negativo per almeno cinque ragioni.
(1) Risorse insufficienti – Davanti al disastro compiuto, il governo si limita a dare all’assetato l’acqua col contagocce. Per la cassa integrazione, che per molti continua a non arrivare, si stanziano risorse che non potranno bastare; per le partite IVA c’è solo la miseria dei 600 euro; per chi è senza altri redditi c’è l’elemosina del Rem (Reddito d’emergenza), da 400 ad 800 euro ma solo per due mesi. Questi ed altri contentini presenti nella manovra hanno il solo scopo di contenere la rabbia popolare, ma non risolvono minimamente il dramma sociale in cui sono precipitate milioni di famiglie.
(2) Non c’è nessun rilancio – Nei 266 articoli del maxi-decreto non c’è nessuna misura che prefiguri un vero rilancio economico. Non c’è un piano di investimenti pubblici, non c’è un piano per il lavoro, non c’è una visione del Paese che pure si dice di voler “ricostruire”. Tutto ciò non è casuale. Il governo, come pure i potentati economici nazionali, non vogliono prendere atto del totale fallimento delle politiche neoliberiste che tutto affidano al mercato e al settore privato, quello globalizzato anzitutto. Ancor meno si vuol prendere atto delle conseguenze insostenibili dell’appartenenza all’UE ed alla moneta unica. Mentre solo un gigantesco piano di investimenti pubblici, la pianificazione dell’economia, la limitazione del movimento dei capitali, potrebbero evitare la catastrofe, assicurando lavoro e reddito, il governo ha sfornato un decreto che va esattamente nella direzione opposta. Il risultato non potrà essere che quello di un incancrenimento della crisi. Altro che rilancio!
(3) Un decreto di classe – Se le misure del governo non argineranno né la pauperizzazione generale, né la crescita della disoccupazione e della precarietà, esse vanno invece a favorire il grande capitalismo monopolistico a spese della piccola e media impresa. Come in ogni crisi organica del capitalismo, i pesci grossi mangeranno quelli piccoli. Che sia questa la natura del decreto Conte risulta evidente dalla lettura dell’articolo 27 del decreto. Questo articolo, che prevede l’intervento pubblico (tramite Cassa Depositi e Prestiti) nelle società per azioni con oltre 50 milioni di fatturato, è il classico dispositivo pensato in base al solito principio della “pubblicizzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti”. L’intervento pubblico è infatti previsto solo per il salvataggio delle aziende private, terminato il quale lo Stato dovrà riprivatizzare la propria quota, senza che nel frattempo abbia potuto esercitare alcun ruolo nella gestione dell’azienda così salvata. Ma il segno di classe del decreto è evidenziato anche dal meccanismo delle garanzie sul credito. Mentre tanti lavoratori autonomi e tante piccole imprese non riescono ad ottenere neppure i prestiti sotto i 25mila euro, lo Stato garantirà alla Fiat (oggi Fca) un prestito da 6,3 miliardi, nonostante che l’azienda degli Agnelli-Elkann paghi il grosso delle tasse all’estero.
(4) Solo debiti – Le risorse previste dal decreto non sono solo insufficienti, sono anche tutte a debito. Tutto ciò avrà delle conseguenze devastanti. A differenza delle altre grandi banche centrali, la Bce non ha alcuna intenzione di monetizzare il debito, ma il governo Conte finge di non vedere gli effetti catastrofici di questa scelta. Scarsezza quantitativa e incapacità strategica hanno infatti una causa di fondo: l’Italia, avendo aderito all’Unione europea, si è privata della sovranità monetaria e del controllo sul sistema bancario che la moneta crea. Nella gabbia dell’euro per ottenere la liquidità di cui ha bisogno, lo Stato deve chiedere il sostegno alla finanza predatoria mondiale. E’ la corda che sostiene l’impiccato. Per restituire questi prestiti una dura e infinita austerità sarà inevitabile. Chi oggi dice il contrario mente sapendo di mentire. Solo l’uscita, qui e ora, dalla gabbia dell’Unione europea e la riconquista della piena sovranità politica e monetaria, solo ponendo fine all’incubo neoliberista, l’Italia potrà salvarsi.
(5) Emergenzialismo ed autoritarismo – Non siamo certo i soli a denunciare la deriva autoritaria innescata dalla gestione dell’emergenza sanitaria. Un’emergenza strumentalizzata oltre misura per perseguire ben altri scopi rispetto a quelli dichiarati. Spaventare i cittadini, controllarli con ogni strumento a disposizione, ha lo scopo di prevenire e nel caso reprimere al meglio ogni legittima sollevazione sociale. Molti sono gli articoli del decreto che, dietro lo scudo della motivazione sanitaria, istituiscono nuove forme di controllo sulla vita delle persone. Non siamo (per ora) arrivati alla proroga dello stato d’emergenza, comunque in vigore fino al prossimo 31 luglio, ma già si preparano nuovi strumenti degni dei peggiori regimi autoritari. Tra questi la vera e propria milizia costituita da 60mila spioni di stato (i cosiddetti “assistenti civici”) che il governo vorrebbe istituire. Fermare questa spinta autoritaria è oggi una priorità assoluta.
Per tutte queste ragioni Liberiamo l’Italia dice un no chiaro e forte al decreto “Rilancio”. Questo governo non è solo inetto, esso è un pericolo mortale per il Paese e per il nostro popolo. Liberiamo l’Italia lavorerà alla costruzione di un potente movimento di massa per mandarlo a casa ed arrivare quanto prima a nuove elezioni, passaggio necessario affinché si creino le condizioni per una svolta, per la nascita di un Governo Popolare d’Emergenza che rovesci le disgraziate politiche neoliberiste degli ultimi decenni. Un governo che metta lo Stato al centro di una nuova politica economica in linea con i principi della Costituzione del 1948, che inizi ad applicare le misure necessarie per uscire dalla crisi, a partire da quelle che abbiamo indicato nella risoluzione “La vera via d’uscita“.
Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia
29 maggio 2020
ma perché anziché costituire piccoli gruppi di movimento di rivolta non ci si unisce tutti quanti la frammentazione va a discapito della nostra libertà ci sono tanti gruppi tanti movimenti come Vox Italia Rinascimento Italia il gruppo di scardovelli è il gruppo del generale Pappalardo è che più ne ha più ne metta quello della Sara cunial r20 20 ma perché non confluire in un unico movimento Basta portare acqua solo al proprio orticello e la visione del bene comune dove sta Dove vogliamo andare in una situazione di frammentazione non serve a niente basta gli italiani sono stanchi di tutto questo con tutto il rispetto delle buone iniziati formiamo una sola corrente un solo fiume di dissenso
Forza, avanti così tutti insieme per abbattere la fortezza dei collaborazionisti di chi vuole il male della nostra Italia!
Salve. Leonardo Mazzei in una ultima riunione on line in Toscana, ha ricordato che unirsi è complesso. Infatti richiede capacità, come in qualsiasi attività umana. Per esempio, anche per tenere insieme le pietre di un muro a secco ci vuole un arte che hanno in pochi. Per un muro non a secco ci vuole la malta. Non basta volere una cosa, bisogna anche sapere come farla e questo vale anche e anche di più per tenere insieme un aggregato sociale. In questo caso specifico, quindi, non ci si unisce solo perché lo stato delle cose è degenerato in forma ormai insopportabile, ma perché cominciamo ad avere in mente un nuovo stato di cose. La conclusione del governo di emergenza è quindi una ottima conclusione. Una domanda: qual è la cifra del patrimonio destinato all’art. 27? 44 miliardi?