«La dimensione sociale dell’insegnamento è fondamentale». Così è riuscito un ragazzo genovese a sintetizzare il problema che affligge la scuola italiana, da quella dell’infanzia fino all’università, durante la crisi coronavirus.
La mancanza totale di contatto umano con il docente, oltre a ricatapultare la scuola indietro di 50 anni con una didattica puramente frontale, è gravoso anche dal punto di vista psicologico.
È appurato che un bambino, senza contatto umano, non sviluppi le sue abilità ed abbia danni irreversibili. La scuola, inoltre, è una delle più grandi conquiste sociali: la capacità di mettere in discussione il mondo, in tutte le sue sfaccettature, parte da qui.
Un individuo è libero se ha la possibilità di accedere all’istruzione e di non sottostare alle decisioni arbitrarie prese da qualcun’altro. Per anni la scuola è stata la palestra degli adulti del futuro, è stata la culla delle più grandi lotte sociali, delle battaglie che hanno cambiato le sorti dei paesi.
Tutto questo prima dei tagli esasperati e della decisione di relegare l’istruzione ad un argomento secondario, contingente. L’ennesima prova, dopo le criminali riforme Gelmini e Buona Scuola, sta nell’ultimo decreto rilancio, il quale relega l’argomento “scuola” alla seconda parte del documento, dove spuntano cifre sommerse da un mare di burocrazia.
Se non si trattasse di spese per ammodernare le strutture al sistema scuola non sarebbe arrivato quasi nulla.
Non solo, la necessità di finanziare alcuni interventi strutturali (sempre che, alla fine, siano eseguiti) sono dettati dal rischio. Il rischio di mettere fin troppo a repentaglio la vita degli studenti.
Non solo, il ministro Azzolina è stata lanciata nella mischia dal governo. Una persona che, francamente, non ha saputo che cosa fare, si è trovata in conclusione.
Ma non è tutto, perché lo sdoppiamento dell’ormai Ex Miur, ora diviso in Mi e Mur, è stata una mossa poco lungimirante: se i fondi sono già pochi, in questo modo vengono pure divisi per ministero.
Ma tornando alle personalità che rappresentano questi ministeri, notiamo la totale assenza dal dibattito del ministro Manfredi, delegato all’università e alla ricerca, il quale non è quasi mai intervenuto sulle dinamiche del pagamento delle tasse.
Dinamica spesso affrontata dagli studenti stessi, i quali si sono mobilitati ed hanno, sinora, ottenuto buoni risultati che hanno portato alla sospensione del pagamento della 3 Rata Universitaria (finora in Liguria ed in Sicilia). Gli organi degli studenti medi si sono comportati in modo duplice e qui è necessario denunciare atti di censura seria, i quali menzioneremo senza dare ulteriori dettagli.
Nella baraonda nella quale ci siamo trovati sia noi studenti sia i docenti ed i presidi, alcuni rappresentanti di consulta hanno mandato una lettera al ministro Azzolina, la quale ha ben deciso di ammonire i responsabili che sono stati chiamati dal provveditore della zona in cui vanno a scuola.
Ma non è tutto, perché il ministro ha avuto modo di cambiare idea molto spesso negli ultimi mesi: prima ha dichiarato che sarebbero stati utilizzati soltanto giudizi, dopodiché è tornata sui suoi passi scegliendo nuovamente di valutare gli studenti con voti, dimenticando totalmente il momento tragico per il nostro paese che attraversa una crisi trasversale a tutti i settori, fra cui compreso, appunto, quello dell’istruzione.
La scelta del “6 politico”, paventata da molti, oltre che rappresentare un passo indietro nella valutazione degli studenti è, allo stesso tempo, sintomatico della confusione presente attualmente.
Questo strumento non è per niente “”meritocratico””, ammesso che questo termine possa sussistere nella nostra società particolarmente ingiusta e che rema contro i Giovani in ogni possibile. A questo va aggiunto anche la mal organizzata distribuzione di portatili all’uso degli studenti meno abbienti, i quali hanno riscontrato problemi nel seguire le videolezioni.
Da ciò riscontriamo che la scuola è sempre più classista e il diritto all’istruzione è sempre più labile. Diritto per il quale i padri costituenti hanno discusso per lungo tempo e che ha permesso l’emancipazione delle masse all’interno del nostro paese. Una possibile soluzione può essere quella del comodato d’uso, che deve (però) essere esteso a tutte gli istituti, senza basarsi su criteri Isee (che conta in maniera sproporzionata il patrimonio ma non le entrate) troppo rigidi e soprattutto riferiti agli anni scorsi, un periodo, seppur di crisi economica, non comparabile all’emergenza odierna.
Non è da dimenticare che se i licei possono “permettersi” di svolgere le lezioni online, questo non può valere per gli istituti tecnici e alcune università che hanno, come fondamento, l’esperienza pratica nei laboratori, i quali sono stati già ridotti all’osso durante quest’anni di austerità.
Per questi motivi riteniamo che il rischio che questo tipo di didattica possa diventare strutturale è alto, è necessario evidenziare come questa sia una didattica d’emergenza e ci preme ribadire agli organi competenti che è d’uopo tornare a scuola, una volta che l’emergenza sarà terminata.
C’è da considerare inoltre un ritorno, già stimato da vari virologi e dall’organizzazione mondiale della sanità, della piaga del coronavirus. Questo metterà sicuramente in grossa difficoltà, ancora una volta, il sistema d’istruzione, che ha avuto, come già detto, grossi problemi sin dall’inizio dell’emergenza. È quindi difficile da credersi che a settembre, il governo, voglia farci tornare fisicamente a scuola.
È ovvio che, oggettivamente, lo studio e l’assimilazione di ciò che dovremmo imparare nelle scuole sia più semplice se fatta in presenza e in relazione ed interazione con l’insegnante, ma tutto ciò va in secondo piano se c’è di mezzo un emergenza ingombrante quale il covid19. Sono state comunicate dal ministero dell’istruzione varie misure col fine di arginare questo rischio contagio tra gli studenti: lezioni fatte a turni, da 40 minuti ciascuna, e disinfestazioni delle aule alla fine di ogni cambio, oltre all’igienizzazione delle mani di tutti gli studenti.
Misure che possono sembrare ragionevoli, ma che nei fatti risulteranno inutili vuoi per mancanza di mezzi, vuoi per inadempimento dei propri compiti da parte di molti insegnanti o personale ATA. Lo ribadiamo, oltre a ritenere che con i doppi turni i professori saranno demotivati ed affaticati, l’importante è tornare, nel limite delle possibilità, a scuola il prima possibile. Facendo, come già proposto da alcuni professori, anche lezione in piazza, all’aperto, nei parchi. Il contatto umano è vitale, necessario per tutti noi, per rimettere al centro la scuola come presidio della società e della cultura.
Fonte: giovineitalia.org