Recentemente Antonio Pappalardo, generale in pensione dell’arma dei Carabinieri, ha dato vita al movimento dei gilet arancioni, che afferma di voler rispondere alle istanze di affrancamento di ampie frange della società italiana dalle imposizioni austeritarie dell’Europa, dalla complessiva perdita di sovranità e dalla conseguente sottrazione allo Stato della possibilità d’intervento nel definire i limiti e le modalità di svolgimento dell’attività economica, affinché sia assicurata la sua valenza sociale.
E’ credibile questa affermazione? Assolutamente no, ma per capirlo è utile consultare i documenti ufficiali del movimento. Mentre l’appello lanciato nelle piazze sembra riscuotere un certo seguito, molti sono i fattori che rendono l’operazione di Pappalardo alquanto pittoresca. Un modo, non sappiamo quanto eterodiretto, per squalificare ogni opposizione.
Ciò che si può desumere da una prima analisi dei documenti ufficiali del movimento, è che le regole comunicative che determinano l’appeal in periodi di crisi politica e sociale sono tutte rispettate. I contenuti sono inequivocabilmente populisti; con ciò non intendo dare al termine, spesso abusato, una valenza necessariamente negativa.
Intendo piuttosto coagulare in questa definizione alcune caratteristiche ben precise: il riferimento ad un capo carismatico, che si presenta con conoscenze e abilità non comuni e che pertanto si presume capace di agire e guidare il proprio popolo, e l’evocazione di una serie di valori ampiamente condivisi dalle masse, anche se non sempre suffragati da un’analisi corretta e non sempre confezionati in una proposta coerente.
Dalla prima pagina del sito decisamente essenziale, vengono evidenziati tre punti: il fatto che stiamo andando verso il disastro per colpa di una classe politica succube dei grandi gruppi finanziari capitanati dal gruppo Bilderberg e dall’Aspen Institute, la necessità di riacquisire la sovranità monetaria e il ritorno ad una politica onesta. Quindi gli ingredienti sono costituiti dal recupero di sovranità più alcuni temi ben noti ad ampi strati della società, propensi a tradurre nel complottismo e nella disaffezione verso la politica istanze di rinnovamento anche legittime, se prese a se stanti.
Alla sezione “chi siamo” il copione si ripete, rafforzando l’idea che ci siamo fatti, appena aperto il sito: il movimento dei gilet arancioni “parte dalla gente come te, che non si rassegna al malgoverno e ai giochi di potere” ed è guidato da un “grande leader” (sic!), il generale Antonio Pappalardo che per anni ha servito il popolo nell’arma dei Carabinieri. Del resto, il generale non esita ad autoproclamare le proprie doti straordinarie nel corso delle interviste e nelle trasmissioni televisive a cui è invitato. Recentemente abbiamo appreso che oltre che uomo di grande valore è anche un artista e compone sinfonie, il che a detta sua, ne fa un unicum irripetibile.
Venendo al programma, il documento è un tale coacervo di proposte di riforma costituzionale, proclami, dichiarazioni di intenti che alla prima lettura si rimane disorientati. Solo per citare alcuni dei 70 punti in cui si suddivide, si va dalla riforma dell’art. 1 della Costituzione, volta a trasformare l’Italia in una Repubblica federale (suddivisa in sei stati federati, Grande Nord-Ovest, Grande Nord-Est, Grande Centro, Grande Sud, Grande Sicilia e Grande Sardegna), al pacifismo, alla legittimazione della forma referendaria per l’adesione ai trattati, al movimentismo popolare, alla costituzione di un esercito di 30.000 uomini addestrati alle strategie della guerriglia, all’abbattimento della burocrazia (in che modo non è dato saperlo); i temi economici spaziano dal recupero della sovranità monetaria con una “lira italica” a corso “libero” (di cui non si desume il significato), alla Banca d’Italia da ricondurre sotto la guida del Parlamento, alla creazione di una Banca Libera Italica per la corresponsione di capitali a lavoratori e imprenditori, all’istituzione di un’integrazione al reddito per “eliminare il dimezzamento di stipendi e pensioni” (affermazione nebulosa), alla creazione di una Società Nazionale per Finanziare le Imprese, la SONFI, in grado di emettere obbligazioni garantite dallo Stato, alla nomina di un Commissario Straordinario all’Economia (ma uno ordinario che sappia il fatto suo non andrebbe già bene?); i contenuti sociali pescano alla rinfusa da un ampio background variamente, e talvolta solo in apparenza, antisistema: dalla riapertura delle case chiuse, alla riduzione dell’età pensionabile, al recupero della fede cristiana e dell’identità del popolo italiano, alla protezione degli animali e dell’ambiente, all’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sulle scie chimiche, all’utilizzo di strumentazioni ad hoc (quali?) per proteggere gli Italiani dalle eccessive radiazioni elettromagnetiche, alla cacciata degli immigrati irregolari che si affianca alla regolarizzazione di quelli integrati. Roba da far venire il giramento di testa. Ce n’è per tutti i gusti. Difficile non trovare almeno qualche punto su cui non si è d’accordo.
La sensazione complessiva è che il documento sia come l’idra di Lerna, con tante teste che guardano ognuna in una direzione diversa, nel tentativo di carpire quanti più sguardi possibile. Allo stesso tempo, il testo sembra avere la stessa consistenza delle favole: meraviglioso per chi ha voglia di crederci. Mi ero accinto alla lettura con buona disposizione d’animo. Ne esco col terrore che gli Italiani si facciano turlupinare ancora una volta.
*Luca Dinelli è membro del Cpt di Lucca