L’8 ottobre 2019 veniva approvata in via definitiva la legge di revisione costituzionale che prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento :
da 630 a 400 seggi alla Camera,
da 315 a 200 seggi elettivi al Senato.
La legge di revisione costituzionale riduce il numero dei parlamentari dagli attuali 945 a 600.
Il piano di rinascita democratica della P2 prevedeva di ridurre i parlamentari a 700 (450 alla camera e 250 al senato elevando da 5 a 25 il numero dei senatori a vita di nomina presidenziale).
Non avendo infatti incassato i due terzi anche al Senato, come prescritto dall’articolo 138 della Costituzione, il provvedimento non è stato direttamente promulgato proprio per dare la possibilità di richiedere un referendum confermativo entro i successivi tre mesi da parte di un quinto dei membri di uno dei due rami del Parlamento, di cinquecentomila elettori o di cinque consigli regionali.
Il 10 gennaio 2020 settantuno (71) senatori (oltre un quinto dei componenti del senato) hanno tempestivamente depositato in Cassazione la richiesta di referendum popolare ai sensi dell’art. 138/2 Cost. atteso che la legge di revisione non ha raggiunto (in senato) i due terzi dei componenti.
A fronte di un risparmio in misura di un caffè all’anno per italiano, la riforma se non bocciata dagli italiani inciderà sulla efficienza del Parlamento, assegnando ancor maggior potere ai capi di partito, riducendo la rappresentanza delle forze politiche minori e la rappresentanza territoriale.
Questa scellerata riforma va, dunque, avversata e sventata.
Tra i tanti effetti distorsivi, oltre a quelli già innanzi segnalati, si annoverano i seguenti :
- l’elezione del Presidente della Repubblica (superata la quarta votazione) potrebbe essere determinata dalla sola maggioranza parlamentare;
- la rappresentanza al Senato, la cui elezione avviene su base regionale, sarebbe prevalentemente assicurata alle sole liste più votate e tanto a scapito delle altre anche se avranno superato la soglia di sbarramento a livello nazionale;
- rimarrebbe invariato il numero dei senatori a vita di nomina presidenziale la cui influenza, pertanto, crescerà ulteriormente;
- più agevole risulterebbe la procedura di revisione costituzionale (art. 138 Cost.);
- l’Italia risulterebbe tra i Paesi europei col minor numero di parlamentari in proporzione al numero di abitanti;
- la rappresentanza politica sarebbe maggiore per le aree più densamente abitate e minore per le aree territorialmente più vaste ma con minor densità di popolazione;
- il rapporto tra i politici e gli elettori si indebolirebbe favorendone l’astensione e la disaffezione verso l’istituzione parlamentare; un Parlamento con meno eletti, tra l’altro nominati dai capi di partito, sempre più simile ad una casta oligarchica.
*Nunzio Gagliotti è membro del Cpt di Benevento
Sono pienamente d’accordo sulle ragioni per le quali deve prevalere il no al referendum, ed un punto quello che mi inquieta maggiormente per il futuro immediato, e cioè che in caso di vittoria del si, risulterebbe più agevole la procedura di revisione costituzionale. Temo che nell’immediato futuro la nostra carta costituzionale (già troppo stuprata) sarebbe il primo obiettivo dei nostri nemici…
Che vinca il NO!!!
Però pare che le conseguenze elencate da Gagliotti, compresa quella della maggior facilità a modificare la Costituzione fossero attribuibili al referendum del 2016 e non a quello attuale. L’attuale proposta di modufica consta infatti di solo 4 articoli che prevedono esclusivamente la riduzione numerica, senza far alcun cenno a nient’altro.
Negli ultimi anni non abbiamo avuto parlamentari degni, per cui non ritengo di alcuna utilità far mangiare lautamente dellepersone non degne. Conseguentemente il risparmio di denaro oggi è la cosa più importante. Meglio votare SI.