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RIAPERTURA DELLE SCUOLE: UN PRIMO BILANCIO DOPO DUE SETTIMANE

di Vittorio Paiotta
28 Settembre 2020
in Lotte
2
Letture: 916

Finalmente il 14 settembre in buona parte d’Italia le scuole hanno riaperto. Gli alunni sono tornati in classe, hanno rivisto i propri insegnanti e hanno ricominciato a prendere confidenza con la quotidianità del ritmo scolastico.

Le buone notizie finiscono qui.

Come era da prevedersi e come più volte denunciato qui sopra, tutte le contraddizioni presenti nei mesi scorsi e mai affrontate, o affrontate male, sono esplose nella prima settimana, facendo cadere nel ridicolo tutte le componenti che orbitano attorno al mondo scuola.

Vado brevemente per punti

  • Spazi e separazione tra scuole superiori e gli altri settori.

Gli spazi sono quelli dello scorso anno: tranne rarissime eccezioni le aule sono rimaste le stesse degli anni passati quando già si denunciava il sovraffollamento delle strutture. Lavoretti di “edilizia leggera”, così li definivano i decreti, hanno permesso di smantellare i già pochi laboratori, le aule multimediali, le biblioteche, qualche sgabuzzino, al fine di ricavare qualche stanza in più, ma ovviamente la struttura delle scuole è rimasta la stessa.

Il “metro statico” (la distanza tra bocca e bocca in regime di immobilizzazione dell’alunno) è stato l’escamotage che ha permesso di dichiarare che gli spazi fossero sufficienti per i settori dei più piccoli, quelli che interessavano davvero in quanto l’assenza da scuola causa disagio nell’organizzazione familiare.

Risultato: le scuole dell’infanzia, le primarie e le secondarie di primo grado sono aperte e tutti gli alunni sono, per ora, in classe. L’unica differenza reale con lo scorso anno è quella di aver trovato i tavoli separati l’uno dall’altro di una ventina di cm: ad aver saputo che bastava questo a fermare l’influenza stagionale ci si potevano risparmiare annate di malattie invernali!

Le scuole superiori invece sono nel marasma. Lì si stanno realizzando quegli scenari purtroppo previsti mesi fa: doppi turni, classi a casa a settimane alterne, gruppi in classe ed altri al pc ecc. Il governo ha puntato sul fatto che, essendo gli studenti di questo settore più grandi e quindi autonomi, non ci sarebbe stata la rivolta delle famiglie: finora ha avuto ragione. Gli studenti sembrano ancora spiazzati e, purtroppo, dalla classe docente di quei settori (mediamente anzianotta e terrorizzata dal virus) non arrivano segnali di opposizione. Durerà questa situazione? Vedremo: io ne dubito; già ieri a Roma si è tenuta un’ottima manifestazione (Comitato Priorità alla scuola e molte sigle sindacali). Ma credo che in questo settore saranno gli studenti a far sentire la loro voce.

  • Protocolli anti COVID

Qui sta il nocciolo di tutta la questione. Se i protocolli non cambiano la scuola è destinata a chiudere anche quest’anno.

Ove non chiudesse del tutto comunque, il rischio concreto è che il virus faccia selezione di classe. Mi spiego meglio: i protocolli così come sono ora, rischiano di mettere in quarantena chiunque frequenti un edificio scolastico; ricordo che se un alunno ha mal di testa e chiede di andare a casa, la scuola attiva la procedura COVID, con tanto di segnalazione all’ASL; la cefalea è infatti sintomo COVID, come praticamente tutto tranne, forse, il ginocchio della lavandaia. A quel punto comincia la procedura-tampone (ad oggi in Toscana siamo già sui 5 giorni tra il momento dell’attivazione della procedura e il risultato) nel quale lo studente deve stare a casa. Se poi il tampone fosse positivo, i suoi familiari, TUTTA la classe e tutti gli insegnanti di quella classe finiranno in quarantena per 15 giorni. Si capisce come chi campi mediante una piccola attività commerciale a gestione familiare o artigianale, o facendo lavori saltuari, veda con puro terrore questa eventualità. La possibilità quindi che i figli non vengano mandati a scuola per non rischiare di rimanere bloccati in casa è purtroppo ben più che reale.

Nota a margine per evidenziare l’irrazionalità di certi provvedimenti: questo protocollo è stato propagandato come “necessario in nome della cautela”. Peccato però che la conseguenza immediata sia una richiesta abnorme di tamponi, cosa che rallenterà enormemente i tempi di risposta, depotenziando notevolmente il cosiddetto “tracciamento”.  Leggo che diversi tra i famosi virologi ed epidemiologi se ne stanno rendendo conto e stanno chiedendo modifiche alla legge: speriamo che, in questo caso, siano ascoltati anche se, a ieri , l’unica risposta è stata un ulteriore irrigidimento del protocollo.

  • Mancanza di docenti nelle classi e di collaboratori nei plessi

L’emergenza COVID doveva portare ad un incremento del personale impegnato nella scuola. Doveva, secondo Conte e Azzolina. Ovviamente, come per tutte le altre cose, la promessa è rimasta lettera morta. Anzi: quasi volessero prendere in giro, le operazioni di nomina dei precari di quest’anno sono state particolarmente lente e inefficienti e, ad oggi, ancora decine di migliaia di posti sono vacanti e in molte scuole mancano collaboratori scolastici (che sono quelli che, oltre a fare le pulizie e a igienizzare, sorvegliano le uscite, i corridoi, prendono in carico gli alunni che si sentono male, rispondono al telefono quando chiamano le famiglie ecc.).

Si è infatti voluto, in questo anno di emergenza, stravolgere il sistema delle chiamate a favore di un nuovo sistema “digitale” che avrebbe dovuto, nell’idea del Ministro, aumentare la velocità delle chiamate ed eliminare gli assembramenti di insegnanti il giorno delle nomine. Quindi nuove graduatorie, da compilare online perché il digitale deve andare avanti sempre e comunque, nuova procedura ecc. Peccato che dietro al digitale ci siano sempre le persone e se gli uffici preposti alla gestione del sistema (uffici scolastici provinciali e regionali) sono stati decimati dai tagli negli ultimi quindici anni, poi non si trova chi materialmente inserisce i dati nei computer e gestisce il buon andamento di un processo che, ricordiamolo, prevede centinaia di migliaia di contratti di lavoro annuali.

Risultato: graduatorie piene di errori, passaggi saltati e soprattutto nessuna trasparenza nella procedura. Nomine ritardate o bloccate in quasi tutte le province italiane e classi ancora scoperte.

Ricordiamocelo quando ci proporranno di andare a votare con il voto elettronico sostenendo che è più sicuro e veloce.

Dei concorsi per la stabilizzazione poi, al momento non si parla quasi più. Uno dei due, quello straordinario, starebbe per partire, ma al momento, in Gazzetta Ufficiale, non risulta niente.

Facile, (e giusto), dare la colpa a Conte e all’Azzolina, ma attenzione: l’Azzolina, pur nella sua inadeguatezza, è semplicemente allineata alla linea che tutti i governi hanno adottato da anni a questa parte per la scuola, ossia la più totale sottomissione alla lobby del digitale che, sempre e comunque, deve avere la priorità.

Conclusioni

Dopo due settimane di scuola non è ovviamente possibile trarre alcuna conclusione.

Questo articolo vuole semplicemente avere lo scopo di fotografare la situazione, a beneficio soprattutto di chi la scuola non la vive quotidianamente. Non si può che evidenziare che purtroppo, quanto scritto prima dell’estate si sta avverando. La divisione di comportamento tra scuole superiori e gli altri settori sta dando un po’ di respiro al governo: le famiglie dei più piccoli sono già sollevate per la riapertura delle scuole e per il momento non protestano troppo, gli studenti medi devono ancora capire come si svilupperà l’anno scolastico. Ma, a parere di chi scrive, questa è una quiete di breve durata. La manifestazione di sabato scorso è solo la prima e le contraddizioni sono davvero troppe per sperare che tutto resti silente ancora per molto.

Tags: Costituzionediritto allo studioinsegnantiprotocolli anti-covidscuolaseparazionesocialitàsostegnoVittorio Paiotta
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Comments 2

  1. Pingback: RIAPERTURA DELLE SCUOLE: BILANCIO DOPO DUE SETTIMANE
  2. Sandro Arcais says:
    5 anni fa

    Sono insegnante di scuola media superiore e confermo parola per parola quanto scritto. Gli spazi dell’anno scorso sono quelli di quest’anno, vale a dire in 26 (tra alunni e docenti) in 40-50 mq. Usiamo tutti abbastanza disciplinatamente la mascherina, ma più per paura della possibile quarantena che del covid. I colleghi, almeno i miei colleghi, non sono per nulla terrorizzati: vedo molta attenzione tranquilla. Nonostante tutto siamo tutti (insegnanti e alunni) contenti di essere a scuola fisicamente. Non che gli alunni siano magicamente cambiati, cresciuti, maturati, o altro, ma il blocco di questa primavera ha fatto apprezzare a tutti anche ciò che non sopportavamo reciprocamente. Vedo molto più terrore nel personale di segreteria, tutti chiusi nei loro uffici e attenti a far entrare uno per volta. Vedo un certo orgoglio tra i colleghi, come chi sta al fronte e guarda con una certa sufficienza tutta questa paura un po’ isterica. Dopo quasi tre settimane da noi non ci sono stati casi. Neanche un accenno. E da noi arrivano studenti da tutti i centri della provincia, quegli stessi centri che i titoli dei giornali locali dipingono come in piena pandemia. Studenti che oltre che a scuola si assembrano alle fermate degli autobus e negli autobus. Noi insegnanti siamo molto attenti e fermi sull’uso della mascherina quandi ci si assembra, sul messaggio che la si sta usando per gli altri e non per se stessi. Forse è questa semplice precauzione a funzionare.

    Più del covid mi fa paura il governo con questo suo bisogno di emergenza, mi fanno paura i mezzi di informazione che sparano i numeri dei contagi ma non quelli delle terapie intensive (quelli che veramente contano), mi fa paura tutta questa gente che all’aperto gira mascherata.

    Io speriamo che non mi chiudano la scuola

    Rispondi

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