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La sconfitta (definitiva?) della politica dal basso. Orientarci per una controffensiva.

di Marco Martini
29 Settembre 2020
in Politica
4
La sconfitta (definitiva?) della politica dal basso. Orientarci per una controffensiva.
Letture: 472

Ho partecipato alle elezioni regionali della Liguria con la lista civica Base Costituzionale, guidata da Marika Cassimatis, la cui storia politica è nota ai più, almeno fuori dalla Liguria, per la rocambolesca scomunica ricevuta da Beppe Grillo in persona, in vista delle Comunali di Genova del 2017, per le quali avrebbe dovuto correre da sindaco, avendo vinto le “comunarie”.

Ma questa è un’altra storia.

Base Costituzionale si è presentata alle elezioni con un solido programma basato sulla difesa dei Beni Comuni[1]. Abbiamo dialogato proficuamente con gli economisti del Piano di Salvezza Nazionale (Grossi, Forcheri, Galloni, ecc.), con le associazioni antimafia, con gli attivisti Stop 5G, con i rappresentanti dei padri separati; abbiamo cercato di offrire progetti alle imprese agricole dell’entroterra ligure, sempre trascurato rispetto alla ben più ricca riviera, e molte altre cose. Abbiamo raccolto le firme per presentarci in condizioni assurde, in agosto sotto il solleone, con mezza regione in vacanza, riuscendo comunque nell’impresa. Abbiamo curato la promozione web con una grafica accattivante che ha attirato la curiosità di molti.

Risultato? Lo “zerovirgola”. Questa è la condanna perpetua che gravita sulla testa delle piccole liste, piene di idee ed entusiasmo, ma con pochi denari da spendere. E inermi di fronte allo strapotere dei partiti nazionali, al ricatto del “voto utile”, della paura innata dell’elettore verso qualcosa che non conosce e che viene solitamente ignorato dalle tv.

Una nota a margine. Esistono partiti e movimenti, attivi anche da molti anni, incapaci di scrollarsi di dosso lo “zerovirgola”. Qualche domanda dovrebbero farsela, invece di sperare in un “sol dell’avvenire” che fatica ad arrivare. Il vecchio non vuole morire, il nuovo non nasce: siamo in questo loop da tempo ormai, e nel frattempo si diventa vecchi e inaciditi, mentre i “padroni universali” sghignazzano dai loro alti palazzi di vetro, tessendo trame imperscrutabili.

La verità – che molti non vogliono sentirsi dire – è che lo “zerovirgola” non è un’eccezione, ma una regola. E lo sarà sempre di più. I gruppi di cittadinanza attiva non hanno spazio nella politica 3.0 dominata dal connubio tv-social media. La comunicazione che passa attraverso questi potentissimi canali è completamente a vantaggio di chi ha la possibilità di spendere decine di migliaia di euro in pubblicità televisiva e in promozione sulle reti sociali, e per questo gode sempre di una particolare “buona stella”. Certo, non si può e non si deve ridurre il tutto a una questione meramente economica: i grandi partiti e le liste regionali, “civetta” e non, che li accompagnano sono portatori di un pensiero politico addomesticato, standardizzato, appiattito sugli input che arrivano dalle sedi dei potentati internazionali. In poche parole, i partiti oggi dominanti sono tutti espressione del mondialismo, che a livello economico si esprime con la globalizzazione neoliberista.

All’interno di alcuni partiti ci sono elementi che occhieggiano ad esperienze diverse dal neoliberismo, che siano il capitalismo trumpiano, su base nazionale, o le aperture verso il sistema cinese, o altro ancora (non entro nel giudizio su queste esperienze). Ci sono però delle regole per rimanere al tavolo dell’abbuffata, che sono comuni a tutti i partecipanti. Poche, chiare regole che definiscono l’impronta ideologica complessiva, dalla quale si può variare ad libitum per darsi un’immagine diversa dai propri contendenti e confondere così un’opinione pubblica già di per sé ben poco sveglia.  Ci sarà così il “poliziotto buono” – il globalista puro, che ama l’UE e i “migranti”- e il “poliziotto cattivo”, che mugugna verso Bruxelles e vuole chiudere i porti, ma che non ha mai il coraggio di attuare uno “strappo” deciso, in nessun senso. La forza del sistema dominante è proprio quella di saper intercettare e rappresentare diverse spigolature della società, riducendole a forme di rappresentanza politica complessivamente innocue per i veri padroni del vapore.

Analizzando i dati delle Regionali liguri, balza subito all’occhio l’assenza delle liste civiche indipendenti e dei piccoli partiti dalla composizione del prossimo Consiglio regionale. Un segnale importante, che da un lato, come già detto, dimostra il controllo saldo, granitico, esercitato dal partito unico liberale (centro-destra, centro-sinistra e cinquestelle) nella società italiana contemporanea. Dall’altro lato purtroppo emergono anche i limiti di liste portatrici di idee e proposte anche innovative e avvincenti, ma che spesso non riescono a fare fronte comune, a organizzare alleanze ampie in cui accantonare disaccordi e antipatie per uno scopo più elevato. Si tratta di un vecchio difetto di chi fa politica “dal basso” ed è spesso assai più geloso delle proprie proposte di quanto non lo siano gli “squali” dei grandi partiti, che scendono più facilmente a compromessi pur di accaparrarsi una poltrona.

L’orizzonte insomma appare fosco. Lo spazio per i partiti e i movimenti privi di “teleguida” dall’alto e di sponsor ingombranti è ridotto ai minimi termini, e serve perlopiù a dare una parvenza di rispettabilità a elezioni truccate come gare di wrestling. Lo stesso sbarramento, a queste condizioni, appare inutile: per blindare gli eletti non sarebbe nemmeno necessario, vista la disparità di forze in campo. Quindi, che fare?

Le strade, personalmente, credo che siano due. La prima è fare attività a latere della politica, ossia associazionismo politico-culturale. Delineare in questi contesti nuove strade e nuovi orizzonti, fare analisi ed elaborazione di nuove idee, senza gettarsi direttamente nell’agone politico.

Un’altra strada percorribile è quella di creare un partito che rispetti le regole del gioco, ma che abbia obiettivi diametralmente opposti a quelli dei padroni del discorso. Si tratta della strada più complicata e di difficile riuscita, ma non è impossibile, in un periodo storico come questo in cui sta succedendo di tutto. Attenzione: non parlo dell’ennesimo “partitino” allo sbaraglio.

E’ importante avere un frontman conosciuto e rispettato – non funzionano i partiti fatti solo di gente onesta e intelligente, ma sconosciuta ai più – e un gruppo di dirigenti che conosca bene la grammatica della politica, usandola per rivoltarsi contro il sistema, come un cane che all’improvviso azzanna la mano del suo padrone. Strada in salita, ma non impossibile. Un partito così verrà ostacolato in ogni modo, screditato e accusato; ma potrà sopravvivere se avrà dei sani e robusti anticorpi tra i propri quadri e militanti.

Altre strade non se ne scorgono, e il tempo scorre drammaticamente a nostro sfavore.


[1] https://basecostituzionale.home.blog/servizi/

Fonte: alterlab.info

Tags: elezioniMarco MartiniPartito
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Comments 4

  1. Lidia Beduschi says:
    2 anni fa

    Perché le due cose non possono andare insieme? Io credo ci sia bisogno di educazione di base quotidiana, di cui studiare accuratamente linguaggi e occasioni. Io credo ci sia bisogno di un partito come quello disegnato nell’articolo: un cane addestrato ad azzannare alla mano, e anche alla gola.

    Rispondi
  2. federico roberti says:
    2 anni fa

    a patto che quel “frontman” non sia il signor Paragone…

    Rispondi
    • Marco Innocenti says:
      2 anni fa

      Conosci qualcuno che non sia uno sconosciuto, disposto a mettere la faccia nella costruzione del partito che guida il paese fuori dall’euro e dalla Ue? In assenza, va bene anche Paragone, purché ci si sbrighi, non vedo alternative all’orizzonte se non il baratro.

      Rispondi
    • Andrea Bassetta says:
      2 anni fa

      Per quale motivo?

      Rispondi

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