Parafrasando il filosofo di Treviri, possiamo affermare, senza tema di smentite, che un pericoloso virus si aggira per l’Italia. Ma non si tratta del coronavirus. E’ un insieme di condizionamenti culturali e politici, di luoghi comuni ormai rancidi e puzzolenti, ma ancora capaci di trovare spazio nelle menti e conseguentemente, nelle azioni di milioni di italiani. E’ l’autorazzismo. Poiché i virologi sono le autentiche rockstar del nuovo millennio, anche chi scrive intende approntare un’analisi del virus sopra menzionato, non potranno che venirne fama e gloria.
Cominciamo dunque.
Individuazione spazio-temporale: In tempi moderni, l’autorazzismo si sviluppa in maniera aggressiva nella Russia degli anni immediatamente successivi al crollo del Muro di Berlino e alla fine dell’Unione Sovietica: da un giorno all’altro, la popolazione russa viene bombardata da immagini multicolori di spot televisivi che inneggiano al consumismo sfrenato. Vengono convinti che bisogna lasciare al loro destino i più deboli, che la comunità nel suo insieme non esiste, che occorre imparare a rubare (testuale, riportato da numerose conversazioni private con espatriati) e che, in poche parole, occorre imparare a comportarsi, a vestirsi, a pensare come gli occidentali, meglio ancora se statunitensi.
La storia eroica della Russia e dell’Urss, la vittoria sul nazi-fascismo col suo enorme numero di vittime, la cultura, la letteratura, Tolstoj, Dostoevskij? Inutili orpelli, paccottiglia da gettare alle ortiche, in nome del privilegio di poter consumare un hamburger plastificato da McDonalds. Ora, non sappiamo chi fosse il paziente zero, ma sappiamo che in quel confuso periodo storico che furono i primi anni novanta del secolo scorso, il virus dell’autorazzismo fa i bagagli e si trasferisce, attecchisce, mette radici nella nostra penisola. Ed è subito strage, parafrasando Quasimodo. Nel volgere di un battito di ciglia vengono siglati gli accordi di Maastricht, l’Italia si lega mani e piedi al destino del Leviatano noto come Unione Europea. Non solo, grazie a Tangentopoli crollano i partiti politici di massa, nasce la politica-spettacolo, fatta di slogan e non più di ragionamenti complessi.
Sintomi: Chi viene colpito dall’auto-razzismo assume un colorito pallido, malsano, causato dalla lettura di quotidiani come Repubblica e il Corriere della sera, ma che talvolta si accende di un rosso purpureo quando il malato si trova ad esporre le proprie (scarse) argomentazioni ad altre persone. Il malato è incline a scoppi di aggressività del tutto immotivati, che talvolta possono muovere alla pena, ma più spesso sconcertano e causano ribrezzo. Tipico dell’autorazzista è l’esplodere rauco in frasi brevi e isteriche, apodittiche, e in definitiva, prive di ogni senso compiuto, come ad esempio “CE LO CHIEDE L’EUROPA” ogni qualvolta il suo interlocutore prova ad esprimere un’opinione contraria ai dogmi del neo-liberismo. L’autorazzista è convinto che gli italiani siano un popolo composto di pigri, sperperatori di ricchezze, incapaci di governarsi e perciò bisognosi di una matrigna che li frusti di continuo. Peccato che anche l’autorazzista sia italiano, quantomeno all’anagrafe, ma non lo sa, poiché, nel boschetto della sua fantasia, crede di vivere perennemente in qualche nazione del nord-Europa, meglio se calvinista. Sospettiamo che l’autorazzista, da bambino, tifasse contro Cenerentola e a favore delle sorellastre cattive, e sperasse che la fata turchina venisse colta da un ictus fulminante prima di poter venire in soccorso della protagonista.
Rimedi della nonna: Al fine di giungere ad una totale guarigione dall’autorazzismo, occorre munirsi di rimedi naturali e mutuati dalla tradizione contadina e operaia. Nessun vaccino, dunque. Non solo, ma occorre spegnere televisori e smartphone, che nell’ultimo anno trasmettono una versione potenziata dell’autorazzismo, che induce a chiudersi in casa, smettere di frequentare i propri simili (in gergo medico-scientifico autoannullamento maniacale da covid-19).
Per guarire, invece, è fortemente consigliato di fare attività all’aria aperta, soprattutto attività politica consapevole. E’ senz’altro propedeutico alla guarigione tornare a stringere la mano dei propri amici e conoscenti in segno di saluto (l’abolizione della stretta di mano aveva già avuto luogo durante il ventennio fascista, che curiosa coincidenza) tornare ad abbracciarsi, a manifestare liberamente pensieri ed emozioni.
In particolare, è stato provato scientificamente che chi legge ad alta voce uno o più articoli della Costituzione della Repubblica Italiana, riacquista uno sguardo lucido, consapevole e centrato, ritrova coraggio e determinazione, è in grado nuovamente di cooperare, insieme agli altri, alla costruzione di una società migliore e più giusta.
*Alberto Melotto è membrio del cpt di Torino