Da un anno a questa parte, ci viene detto, anzi ci viene urlato e sbattuto in faccia questo concetto: viviamo in una situazione eccezionale. Il covid-19 è un virus di eccezionale potenza e ferocia, capace di diffondersi in mille modi, molti dei quali ancora sconosciuti, a sentire i signori che ci governano. Nemmeno al diavolo in un trattato di teologia medievale venivano attribuite una tale astuzia e una tale capacità di nascondersi per poi colpire. Ma è davvero così pericoloso questo virus?
Per quanto non sia facile districarsi nel ginepraio delle statistiche, alcune cose le possiamo dire. Il metodo del tampone così come è stato concepito e messo in atto è altamente inattendibile nei risultati; per quanto riguarda il numero delle persone decedute, è stato provato, e qui sul sito di Liberiamo l’Italia lo abbiamo denunciato nei mesi scorsi, che molto spesso, a poche ore dalla morte, il defunto si vede attribuire arbitrariamente dalle autorità come causa del decesso il covid-19, sempre che i familiari non accettino la pratica quantomeno sgradevole, del tampone post-mortem. Vi è poi il fatto che molte delle persone scomparse ufficialmente per covid-19 soffrivano già di diverse patologie pregresse. I numeri dei contagi e della mortalità da covid-19 sono quindi ben altri da quelli ufficiali.
E allora veniamo al punto: perché un governo dovrebbe scegliere di allarmare la popolazione, infondere in essa paura ed ansia? In altri tempi, i governi sapevano bene che, in caso di pericolo, piccolo o grande che sia, il primo dovere di chi occupa un posto di responsabilità alla guida di una nazione è quello di evitare scene di panico. Un governo deve rassicurare, dare fiducia, portare equilibrio e buon senso, non comportarsi come uno squilibrato che in un luogo pubblico, stazione ferroviaria o aeroporto, vaneggia ad alta voce, con la bava alla bocca. Il motivo di questo comportamento così apparentemente irrazionale lo abbiamo già spiegato: vi è un (esplicito e verificabile) disegno di costruzione di una nuova società, denominato The Great Reset o Build Back Better.
Repetita iuvant: i cardini di questo progetto distopico sono la digitalizzazione maniacale delle società occidentale, e di conseguenza lo spegnimento di ogni moto di socialità e di affettività nell’essere umano; un insieme di fattori (oggettivo peggioramento delle condizioni di vita, deportazione o isolamento della parte della popolazione mondiale che non intenda adeguarsi alle nuove regole, oltre al caso del desiderio sessuale) che dovrebbero portare ad un drastico calo della popolazione mondiale ad un solo miliardo di abitanti, cancellazione del tessuto economico basato sulla piccola impresa, nascita di un unico corpo sociale fatto di sudditi, non più cittadini, ridotti ad elemosinare, totalmente dipendenti dallo Stato per la sopravvivenza a base di sussidi.
Attraverso quale strategia si intende giungere a questo obiettivo così ambizioso? Attraverso quella tecnica della Shock Economy già ben tratteggiata da Naomi Klein nei primissimi anni di questo secolo. Ovvero: si crea artificialmente un evento drammatico, dalla portata epocale, come l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, e a partire da questa finta narrazione tossica, con l’aperta complicità del sistema dell’informazione, si prospettano nuovi obiettivi da conseguire a tutti i costi. Nel caso sopra citato, si trattava di dichiarare guerra agli infedeli, al mondo musulmano, per impossessarsi delle risorse petrolifere irachene.
Anche nella nostra situazione attuale ci troviamo immersi in un’atmosfera bellica: la guerra viene mossa contro chi non accetta questo cumulo di falsità e chiede di aprire un dibattito serio sull’effettivo impatto e diffusione del virus, e soprattutto esige di veder ripristinati i diritti costituzionali, violati sistematicamente dai dpcm del governo Conte.
Una calamità è per definizione un evento luttuoso, ma i suoi effetti psicologici sulla popolazione sono ben diversi da quelli di un evento deciso a tavolino per motivi assai poco nobili. Pensiamo, per esempio, alle esondazioni del fiume Po nell’Italia degli anni ’50, ancora ferita dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale. I filmati d’epoca, e i racconti di scrittori e giornalisti, ci parlano di un forte sentimento di appartenenza alla stessa comunità. Ci si industriava a cercare di salvare chi era in pericolo di vita, magari appollaiato in cima ad una casa circondata all’acqua, si divideva il poco cibo che si possedeva, si ospitavano con generosità gli sfollati, si raccoglievano coperte e vestiti, e ci si rimboccava le maniche, lavorando insieme per rimettere in piedi i paesi, i borghi colpiti dalla fiumana.
Insomma, una “vera” calamità ha, nel dramma, quantomeno questo effetto maieutico, non secondario e paradossalmente positivo: suscitare, far nascere nelle persone una forte volontà di sconfiggere le avversità attraverso la condivisione e la fraternità. Ovvero, tutto il contrario di quanto accade oggigiorno. Gli istituti preposti a registrare il polso della nostra società ci dicono che siamo animati da una forte rabbia, in preda al disagio e all’insofferenza, inaciditi e incattiviti, rancorosi gli uni verso gli altri. Quante volte ci è capitato di leggere sui social media, commenti sprezzanti verso quelle categorie costrette loro malgrado alla chiusura a tempo indeterminato, a causa del lockdown? Quante accuse di irresponsabilità, di evasione fiscale, rivolte a persone che desiderano soltanto lavorare per mantenere se stessi e i propri familiari.
Queste nostre considerazioni dovrebbero indurre a riflettere su quanto sia grande l’inganno che ci circonda. A maggior ragione, poiché alcuni potenti della terra già ci spiegano che sono arrivo altre, mirabolanti, epidemie, a breve su questi schermi, occorre alzare il capo e guardarsi, sopra ogni altra cosa, dall’opera menzognera degli imbonitori da fiera.
Quello che mi chiedo, se i dati anche se provvisori dell’Istat lo dovessero confermare, se i circa 60.000/70.000 morti in più rispetto al quinquennio precedente in Italia siano morti di freddo o forse la pandemia ha giocato un ruolo importante? Possibile che tutti i governanti del mondo, dalla Cina comunista agli Usa, dall` Iran a Cuba del compianto Fidel, si siano messi d’accordo nel prendere misura eccezionali per attuare il grande ” reset”? Non può essere inteso un gesto di solidarietà e quindi di fraternità e di attenzione verso i propri simili, in special modo gli anziani, prendere tutte le precauzioni, fra le quali l’uso della mascherina, per limitare la pandemia? O forse i vecchi è giusto che crepino anzitempo perché tanto affetti da altre patologie? Non è un gesto umano e fraterno quanto proposto dal governo cubano disposto a distribuire il vaccino gratis ai paesi più indigenti? Ma se la popolazione mondiale si riducesse ad un miliardo di persone non avremmo un mercato con 5 miliardi di consumatori in meno? Sicuro starebbe bene a tutti? È lecito pensare che il grande inganno sia da parte di coloro che negano l’evidenza e vedono complotti dappertutto anche se è doveroso tenere gli occhi aperti? Alcune domande dalla lettura dell’articolo, grazie.