«Una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica, è di essere governato da esseri inferiori». Platone
La confusione è tanta. Ed oggi che in Italia sbucano movimenti e associazioni che si danno da fare per la libertà di fare piccola impresa, schiacciata dai grandi dell’economia e calpestati da misure assurde, la confusione non ce la possiamo permettere.
E’ una confusione del linguaggio, e quindi del pensiero. E quindi dell’azione. Non voglio banalizzare dicendo che se non ti occupi di politica sarà la politica che si occupa di te. Ma andiamo con ordine. Quando un movimento si dichiara apolitico (che prova repulsione per ogni organizzazione politica) e allo stesso tempo dichiara che vuole una piazza, organizzare una petizione, vuole incidere per cambiare, fare una protesta, sta agendo in una sfera che è tutta politica. Incidere sulla politica sociale, economica, industriale ambientale e dichiararsi apolitici è segno della confusione lasciata espandersi dall’ideologia del pensiero unico.
Un conto è dichiararsi apartitici, un conto è dichiararsi apolitici. Si può essere apartitici per il legittimo ribrezzo che si prova per i partiti che ci governano, ma dirsi apolitici significa scendere al livello più basso della capacità umana di organizzarsi intorno ad un sentire comune per affermarlo. Significa rinunciare alla possibilità di sostituire ai partiti che hanno tradito, una formazione politica composta dai cittadini che vogliono governare l’Italia difendendo il diritto alla libertà, al lavoro, alla vita.
Abbiamo bisogno di costruire un nuovo modo di essere cittadini, consapevoli che ogni cosa della nostra Repubblica ci appartiene, dai giardinetti alle autostrade, dai porti alle acciaierie, dalle aule dei consigli comunali al Parlamento. Abbiamo bisogno di governare tutto questo per il bene comune, per la dignità personale e nazionale. Si chiama sovranità.
E per esercitare la sovranità popolare abbiamo bisogno di un organismo che sia organizzato, ramificato, basato sui territori a partire dalla miriade di associazioni, comitati, movimenti, gruppi che si occupano del bene comune ma anche solo della propria categoria professionale.
Abbiamo bisogno di prendere coscienza che nessuna lotta per la propria categoria potrà vincere se non è anche lotta per il tutto, nessun comparto del mondo del lavoro potrà vincere da solo. Abbiamo bisogno di superare diffidenze, spogliarci del proprio ego, fare un passo indietro sui propri individualismi e corporativismi per fare due passi avanti per approdare a un governo popolare che faccia gli interessi di chi lavora e non dei mercati finanziari.
Questo significa fare politica, tutto il resto è solo un deviante fascino che ci consegna mani e piedi legati ai nostri nemici.