UN NUOVO STRATAGEMMA PER COLPIRE L’ECONOMIA REALE.
IL DRAGHI PENSIERO E LE IMPRESE ZOMBIE.
Volete sapere come si fa a strangolare le imprese e quindi l’economia nazionale? Ecco a voi le nuove regole sul default bancario per le persone, le famiglie, le PMI e per le grandi imprese in vigore dal 1° gennaio scorso, stabilite dall’Autorità Bancaria Europea (EBA)[1] e recepite a livello nazionale dalla Banca d’Italia. Dal 1° gennaio di quest’anno il default bancario scatta se l’impresa o la persona fisica presenta, per più di 90 giorni, arretrati/sconfinamenti per oltre l’1% del prestito bancario ottenuto, come vedremo meglio più avanti (in precedenza era il 5%).
Il default bancario comporta la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia e di conseguenza per 3 anni (36 mesi) le persone o le imprese, segnalate come “cattivi pagatori”, non potranno più ricevere prestiti o finanziamenti dalle banche.
Da sottolineare che le piccole e medie imprese (giro d’affari inferiore a 50 milioni di euro) costituiscono di gran lunga l’ossatura dell’economia italiana. Infatti le PMI rappresentano il 92% delle imprese attive e impiegano l’82% dei lavoratori italiani. Nel 2017 si contavano circa 5,3 milioni di PMI che davano occupazione a oltre 15 milioni di persone e che hanno generato un volume d’affari complessivo di 2.000 miliardi di euro[2]. Considerando anche le rispettive famiglie possiamo dire, per difetto, che con le PMI vivono almeno 30 milioni di italiani.
Quindi non tutelare le PMI significa non tutelare gli italiani e l’economia nazionale. Questo attacco alle PMI è iniziato 40 anni fa, nel lontano 1981 con l’allora Ministro del Tesoro Beniamino Andreatta (autore insieme a Ciampi del grande tradimento del “divorzio” della Banca d’Italia dal Tesoro, avvenuto proprio in quell’anno). In proposito Nino Galloni racconta che in un incontro con Andreatta al Ministero del Tesoro gli fece presente che il divorzio avrebbe causato un rialzo dei tassi d’interesse e quindi del costo del denaro, creando difficoltà a molte piccole imprese, pur valide. A ciò il Ministro rispose che “l’obiettivo era proprio quello: distruggere le piccole aziende, troppe e inefficienti”[3], quindi un obiettivo assolutamente voluto. Una affermazione del genere sarebbe inaccettabile pronunciata da chiunque, ma detta da un Ministro è semplicemente una follia. E come dovrebbero vivere circa 30 milioni di italiani?
Ciò premesso, vediamo ora più in dettaglio come sono cambiate le regole sul default bancario[4]:
Situazione fino al 31.12.2020:
– il cliente cadeva in default quando, per oltre 90 giorni consecutivi, presentava arretrati/sconfinamenti pari ad almeno il 5% del totale delle esposizioni del cliente verso la banca (non c’erano altri parametri);
– era consentita la compensazione degli importi scaduti con le disponibilità presenti su altre linee di credito non utilizzate o parzialmente utilizzate dal cliente;
– lo stato di default cessava nel giorno in cui il cliente rientrava dallo sconfino e/o ripianava i pagamenti arretrati.
Situazione dall’1.1.2021, dopo le modifiche dell’EBA recepite dalla Banca d’Italia:
- il default si verifica quando il soggetto (persona fisica, PMI e grandi imprese) supera per oltre 90 giorni consecutivi entrambe le seguenti soglie:
- in valore assoluto € 100,00 per le persone fisiche e le PMI con esposizioni fino a un milione di euro e € 500,00 per esposizioni superiori a un milione di euro;
- in termini relativi l’1% dell’importo complessivo di tutte le esposizioni del cliente verso la banca.
- la compensazione non è più consentita, anche in presenza di disponibilità su altre linee di credito non utilizzate.
- lo stato di default permane almeno per ulteriori 90 giorni dal momento in cui il cliente rientra dallo sconfino e/o ripiana i pagamenti arretrati.
Cosa vogliono dire queste nuove norme sul default? Poniamo il caso che una media impresa (fatturato fino a 50 milioni euro e non più di 250 dipendenti) abbia avuto dalla banca XY un finanziamento o prestito per € 10.000 in data 1.1.2021 e che vada in rosso di € 150 a decorrere dal 1° marzo 2021. L’importo di € 150,00 è superiore all’1% del prestito ottenuto, oltre che ovviamente a 100 euro; perciò se l’impresa non rientra da questo modestissimo sconfinamento entro 90 giorni (il 29 maggio) cade in default. Osserviamo inoltre che il parametro del valore assoluto (di 100 o 500 euro) è semplicemente ridicolo e poteva benissimo essere evitato, perché se un’impresa supera l’1% delle esposizioni certamente supererà anche i 100 euro (evidentemente serviva a lanciare un messaggio).
C’è anche l’effetto paradosso (voluto?) per cui l’impresa potrebbe decidere di alzare il più possibile l’esposizione verso la banca per alzare la soglia dell’1%, pagando però più interessi alla banca.
In merito a questi nuovi parametri del default bancario possiamo osservare che:
- considerata la gravissima crisi economica in atto, l’EBA e la Banca d’Italia potevano benissimo posticipare, rispettivamente, l’emanazione e il recepimento di queste nuove norme strangola-imprese a periodi più rosei. E il Governo cosa ha fatto?
- le banche in ogni caso si possono finanziare a tasso zero direttamente dalla BCE oppure creare moneta bancaria dal nulla quando effettuano prestiti o consentono sconfinamenti (il 97% della moneta circolante è moneta bancaria), a differenza di imprese e famiglie che per avere i soldi in prestito devono pagare lauti interessi proprio alle banche private. Quindi come mai questa fretta, proprio in questo periodo di grande crisi economica, di colpire così duramente le imprese per eventuali sconfinamenti anche se di importo molto modesto? Semmai, secondo logica, per favorire la ripresa il precedente parametro percentuale di sconfinamento del 5% doveva essere alzato al 10%, dato che le banche creano moneta anche consentendo gli sconfinamenti.
- non è stato affatto considerato il pericolo molto concreto che le imprese cadute in default per evitare la chiusura definitiva saranno costrette a rivolgersi agli usurai, il che non farebbe altro che accelerare il loro fallimento e assicurare affari d’oro alla criminalità organizzata.
Da queste nuove norme si evince chiaramente come le competenti autorità bancarie e finanziarie europee si preoccupino molto di tutelare i bilanci delle banche, ma non si preoccupano affatto di tutelare le imprese e i lavoratori cioè l’economia reale, soprattutto in un periodo come quello attuale caratterizzato da una gravissima e generalizzata crisi economica che in realtà era evitabilissima o poteva essere molto più contenuta, poiché causata da una pessima gestione della crisi dovuta al covid-19, con chiusure assolutamente inopportune e inutili di attività economiche. Tra l’altro se molte imprese falliscono e molti lavoratori diventano disoccupati anche le banche vedranno ridursi le loro possibilità di concedere prestiti e finanziamenti. Quindi le restrizioni anti covid prese dal Governo alla fine colpiranno anche il sistema bancario.
Ma questa modifica dell’EBA costituisce, in effetti, un ulteriore tassello della imperante teoria neoliberista. Per capire meglio questa considerazione vediamo in pillole qual è il pensiero in materia economica e finanziaria del nostro premier Mario Draghi analizzando quattro suoi scritti: relazione letta sul Britannia, lettera Draghi-Trichet al Governo, intervista al Financial Times e ultimo rapporto del Gruppo dei Trenta[5].
Iniziamo dai primi due articoli (Britannia e lettera Draghi-Trichet) nei quali in sostanza Draghi fa sua la teoria neoliberista in tutti i suoi aspetti caratterizzanti: privatizzazioni delle imprese e dei servizi pubblici, limitazione dell’interferenza della politica nella gestione delle aziende pubbliche (depoliticizzazione dell’economia), riduzione del debito pubblico, più concorrenza, deregolamentazione, aumento della disoccupazione come conseguenza inevitabile, aumento dell’età pensionabile, eventuale riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, riallocazione dei dipendenti e delle risorse verso aziende e settori più competitivi, sostenibilità delle finanze pubbliche, diminuzione del deficit mediante tagli di spesa, riforma costituzionale per rendere più stringenti le regole di bilancio.
La nota intervista del marzo del 2020 al Financial Times è apparsa come un sintetico programma di governo e segna un cambiamento rispetto alla precedente linea ultra liberista. Draghi sottolinea che la gravissima crisi economica causata dal covid (ndr. o causata dalle assurde e incostituzionali restrizioni e chiusure che hanno colpito cittadini e attività economiche?) vada affrontata con un aumento del debito pubblico per compensare “totalmente o in parte” le perdite subite dal settore privato. Quindi “livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie” e lo Stato dovrà aiutare con adeguati sussidi le imprese e chi perde il lavoro. Lo stesso dovranno fare la totalità dei sistemi finanziari e bancari dei Paesi europei. In proposito Draghi sottolinea che “Le banche … possono creare denaro istantaneamente, consentendo lo scoperto o aprendo linee di credito.” “Per questo le banche devono cominciare rapidamente a prestare fondi a costo zero alle aziende disposte a salvare posti di lavoro” e perciò “il capitale di cui hanno bisogno … deve essere fornito dai governi, sotto forma di garanzie statali su ogni ulteriore concessione di linea di credito o di prestiti.”
Infine, nel dicembre scorso il “Gruppo dei Trenta”, ossia dei finanzieri e banchieri più potenti del pianeta (fondato nel 1978), di cui Mario Draghi è Senior Member, ha pubblicato un rapporto cofirmato da Draghi (vds. nota 5) dove, in perfetto stile neoliberista, si parla di:
– “imprese zombie”, con riferimento alle imprese non redditizie e che pertanto non contribuiscono alla crescita economica e alla stabilità finanziaria del sistema, che vanno lasciate al loro destino (ndr. cioè alla chiusura definitiva o al fallimento);
– “distruzione creativa”, che dovrebbe essere sostenuta dalla politica economica dei Governi, per cui dalla chiusura delle imprese zombie dovrebbero nascere nuove imprese redditizie dove parte dei lavoratori disoccupati potranno trasferirsi;
– acquisizione da parte dei Governi di crediti inesigibili o la creazione di bad bank con risorse pubbliche, per mantenere in buona salute il sistema finanziario (ndr. la famosa “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite”, ma solo per le banche).
Va anche sottolineato che il premier, nel suo discorso di presentazione del governo al Senato[6] e alla Camera[7], non ha mai citato la Costituzione e questo non è certamente un caso, perché i principi stabiliti in economia nella nostra Carta fondamentale sono per un’economia sociale, solidale e keynesiana cioè all’opposto del neoliberismo, che vorrebbe escludere completamente lo Stato e gli enti pubblici dall’economia e dalla gestione dei servizi pubblici. Siamo in una Europa dove gli “aiuti di Stato” sono addirittura vietati e sanzionati perché turberebbero il regime della libera concorrenza.
Che fine hanno fatto il diritto al lavoro per tutti i cittadini e il dovere dello Stato di assicurare la piena occupazione di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della Costituzione? Non dimentichiamo che la nostra straordinaria Costituzione del ‘48 – che ha ispirato perfino la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” emessa un anno dopo dall’Assemblea dell’ONU – è giuridicamente superiore a qualsiasi trattato internazionale, soprattutto per quanto riguarda i principi fondamentali (artt. da 1 a 12) e i diritti inviolabili della persona (artt. da 13 a 54), come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale[8].
Siamo sempre nella logica malthusiana – darwiniana – neoliberista per cui il più grande deve mangiare il più piccolo. Siamo sempre nella logica di un’economia di mercato “FORTEMENTE COMPETITIVA” (art. 3 Trattato UE) che ovviamente penalizza i salari e i diritti dei lavoratori perché le imprese per essere competitive, aumentare i profitti e le quotazioni in borsa, cercano di contenere il più possibile tutti i costi a cominciare da quelli del personale e di gestione, con le disastrose conseguenze ben note a tutti (vds. disastri del ponte Morandi e della Funivia del Mottarone, crollo di alcune scuole e di diversi cavalcavia). Per non parlare dei servizi pubblici diventati tutti largamente insufficienti. E sui salari, gli stipendi dei dipendenti pubblici e privati e i diritti dei lavoratori bisogna registrare la totale assenza del nostro Governo, non solo quello attuale, e dei sindacati.
Manca completamente un’analisi dei motivi che portano un’azienda a diventare zombie. Andando a vedere si scopre che il primo motivo delle fatali crisi aziendali in atto sta proprio nelle sproporzionate e disastrose misure restrittive e chiusure disposte dal Governo per oltre 12 mesi proprio nei confronti delle attività economiche, soprattutto delle PMI, a fronte di sussidi irrisori (quando sono stati erogati).
Seguono gli altri ben noti motivi: una tassazione troppo elevata, una notevole difficoltà ad ottenere prestiti dalle banche, mancati pagamenti da parte dei clienti (anche loro in difficoltà, aggravata dalla crisi del covid). A ciò si aggiungono gli atavici problemi dell’Italia: eccessiva burocrazia, lentezza della P.A., esasperante lentezza della giustizia civile, scarsi investimenti nella scuola, nell’università e nella ricerca con progressivo deterioramento del capitale umano. Come il sistema Italia impatterebbe con la “distruzione creativa”? Sarebbe un disastro totale, con un aumento vertiginoso della disoccupazione e della povertà.
Quanto può ancora funzionare un sistema economico come quello neoliberista che funziona alla rovescia? Un sistema che invece di tutelare le imprese e i lavoratori e aumentare l’occupazione si preoccupa di tutelare i bilanci delle banche proprio a danno delle imprese e dei lavoratori, ossia dell’economia reale. Secondo gli ultimi dati ISTAT ci sono 5.600.000 italiani in stato di indigenza, ossia in povertà assoluta[9]; basterebbe questo dato (ma ci sono tanti altri motivi) a far capire a tutti i politici italiani che è necessario un cambiamento radicale dell’economia nazionale consistente in primis nel recupero della Sovranità monetaria, soluzione assolutamente compatibile con i trattati UE. Senza entrare nei dettagli bisognerebbe quantomeno tornare alla situazione monetaria ante divorzio del 1981. Ma la soluzione ottimale sarebbe quella di una moneta nazionale a corso legale parallela all’euro (almeno inizialmente), come le vecchie 500 Lire di Aldo Moro, cioè l’emissione di una moneta di Stato non a debito: moneta elettronica gestita dallo Stato e monete metalliche e biglietti di Stato emessi dalla Zecca per finanziare la spesa pubblica e gli investimenti pubblici (sempre in misura proporzionata alla nostra realtà economica e produttiva, per evitare spinte inflazionistiche). Lo Stato non avrebbe più bisogno di indebitarsi acquistando la moneta dalle banche, pagandogli inoltre 70 Mld l’anno di interessi, un salasso enorme di risorse statali che ogni anno trasforma il nostro avanzo primario in un pesante disavanzo, da finanziare facendo ulteriore debito. Quale follia ha ispirato 19 Stati sui 27 aderenti alla UE inducendoli a rinunciare alla Sovranità monetaria nazionale per incatenarsi al debito perpetuo dell’euro?
Tornando alle nuove norme sul default bancario, sembrerebbe quasi che le autorità europee, seguendo le indicazioni neoliberiste (gli ordini) del Gruppo dei Trenta, abbiano preso la palla al balzo per mettere in grave crisi e far chiudere definitivamente tantissime imprese in difficoltà sia perché i loro clienti, anch’essi in difficoltà, non pagano le forniture sia perché le attività economiche, in particolare quelle al dettaglio, hanno subito una forte riduzione delle vendite, a differenza delle grandi multinazionali che operano via Internet che hanno registrato un notevole incremento del volume d’affari. Tutte queste PMI in forte crisi o in situazione fallimentare saranno messe in liquidazione o acquistate a prezzi di saldo dalle multinazionali e dal sistema bancario e finanziario, con rilevante aumento del numero dei disoccupati.
In merito a queste nuove disposizioni bancarie europee su sconfinamenti e default riporto quanto dichiarato da Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani):
“” Il segretario generale della Fabi è poi tornato a parlare del tema dei conti correnti in rosso. «Da gennaio – ha spiegato Sileoni – sono entrate in vigore nuove regole europee (Eba: autorità bancaria europea) che si conoscevano da più di quattro anni. Con le nuove regole di fatto è vietato il rosso e lo scoperto sul conto corrente. Due soglie: 100 euro per le famiglie e 500 euro per le imprese. Un altro tetto riguarda le rate arretrate di prestiti: non devono superare l’1% del totale degli affidamenti/prestiti (questa soglia prima delle nuove regole era pari al 5%. Trascorsi 90 giorni di un conto corrente in rosso o di un arretrato sui rimborsi, ci sarà automaticamente la segnalazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia e conseguentemente per 3 anni (36 mesi) la persona o l’impresa non potrà più ricevere prestiti dalle banche. La reazione tardiva delle banche e del governo è una dimostrazione di grande debolezza verso la politica e la finanza dell’Europa. Questa nuova situazione interessa oltre 15 milioni di clienti tra famiglie e imprese che avranno meno flessibilità sull’utilizzo dei conti correnti e gli sconfinamenti “valgono” 32 miliardi di euro, con un impatto enorme sulla clientela».”” [10]
Insomma una piena conferma del disastro commesso dall’EBA, anche grazie all’assenza o connivenza delle nostre autorità nazionali. Il metodo Alitalia esteso a tutte le imprese: mettere dolosamente in crisi finanziaria, in perdita e in una situazione fallimentare le imprese per poi dire che sono in perdita e quindi arrivare alla loro svendita poiché imprese zombie e quindi non più redditizie e pericolose per la stabilità finanziaria del sistema.
C’è anche il paradosso per cui le imprese possono indebitarsi anche in misura rilevante (pagando così lauti interessi alle banche) ma l’eventuale sconfinamento non può sforare l’1% del prestito (veramente pochissimo, sono 1.000 euro su un prestito di 100.000) per più di 90 giorni, mentre agli Stati viene ordinato dalla UE di indebitarsi per i prossimi 30 anni con i prestiti iper vincolanti dei Recovery Fund, che potevano benissimo essere sostituiti dalle normali emissioni di BPT, che non presentano vincoli di sorta a parte il rimborso del prestito ma con tassi di interesse che, attualmente, sono vicini allo zero e in più con la clausola della retrocessione degli interessi sui titoli di Stato allo Stato da parte della Banca d’Italia[11]. Come dice, tra gli altri, l’economista Gilberto Trombetta: “con i Recovery lo scopo di Draghi è di incatenare l’Italia con un mare di prestiti”.[12]
A ciò si aggiunga che il corposo PNRR firmato da Mario Draghi (266 pagine[13]), da attuare con legge delega al Governo, prevede semplificazioni procedurali nell’espropriazione presso terzi e sul processo esecutivo (pag. 58). Il Piano non entra nel dettaglio ma pare che il Governo abbia intenzione di prevedere l’avvio dell’esproprio anche se il debitore (persone fisiche o imprese, messe in crisi proprio dai provvedimenti restrittivi adottati dal Governo) omette di pagare una sola rata del prestito, il che sarebbe una vera e propria follia, ma in linea con i diktat del Gruppo dei Trenta. Quindi bisognerà vigilare attentamente sul contenuto della legge delega e su queste modifiche al codice di procedura civile che entrerebbero direttamente in vigore come decreti legislativi, quindi senza passare più al vaglio del Parlamento.
Se il popolo non farà sentire in modo forte la sua voce il neoliberismo diventerà sempre più forte e pervasivo e ci allontaneremo sempre di più dalla visione della società e dell’economia stabilita dalla nostra straordinaria Costituzione del ‘48. Ma il futuro non è scritto e dipende da quello che faremo tutti noi.
[1] https://www.eba.europa.eu/languages/home_it
[2] Pmi, quanto conta in Italia il 92% delle aziende attive sul territorio? – Info Data (ilsole24ore.com)
[3] http://www.progettoalternativo.com/2017/02/1981-andreatta-e-ciampi-compiono-il.html – in quell’incontro Galloni disse inoltre che, sempre a causa del divorzio, il debito avrebbe superato il PIL (come poi si è verificato dal 1992 in poi), ma Andreatta gli rispose che la sua previsione era esagerata. Forse al Ministro non era noto che in passato il debito italiano aveva superato il PIL per svariati anni: dal 1981 al 1895 e dal 1919 al 1927.
[4] https://bnl.it/rsc/SupportingFiles/NDOD_imprese.pdf, pag.10
[5] Il pensiero di Draghi in quattro articoli:
– Britannia, 2 giugno 1992: “Privatizzazioni inevitabili, ma da regolare con leggi ad hoc”: il discorso del 1992 (ma attualissimo) di Mario Draghi sul Britannia – Il Fatto Quotidiano
– Lettera Draghi – Trichet al Governo, 5 agosto 2011 – https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-29/testo-lettera-governo-italiano-091227.shtml?uuid=Aad8ZT8D – qui c’è da sottolineare come l’allora Presidente delle BCE (Trichet) ed il suo successore (Draghi), non eletti da nessuno, si sono presi la libertà di dare consigli molto dettagliati e tassativi (degli ordini) al Governo italiano eletto dal popolo sovrano, specificando tra l’altro che le misure descritte nella missiva andavano adottate con decreto legge da convertire entro settembre 2011.
– Financial Times, 26 marzo 2020: A marzo 2020 sul Financial Times il discorso di Draghi che sembra un programma di governo – Il Fatto Quotidiano.
– Gruppo dei Trenta, dicembre 2020: https://group30.org/members – https://ilfoglietto.it/il-foglietto/6506-mario-draghi-e-quella-disastrosa-ricetta-del-gruppo-dei-trenta , articolo di Franco Mostacci, che riporta anche il link del rapporto.
[6] https://www.governo.it/it/articolo/le-comunicazioni-del-presidente-draghi-al-senato/16225 , 17.2.2021.
[7] https://www.governo.it/it/articolo/dichiarazioni-programmatiche-del-presidente-draghi-alla-camera/16236 , 18.2.2021.
[8] Corte Cost. sentt. nn. 183 del 1973 e 170 del 1984 con riferimento alla incostituzionalità delle leggi di ratifica dei trattati internazionali e sentt. nn. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982 e 1146 del 1988 con riferimento alla incostituzionalità delle leggi di revisione costituzionale.
[9] https://www.lastampa.it/cronaca/2021/06/16/news/5-6-milioni-di-italiani-vivono-in-assoluta-poverta-1.40395919
[10] https://www.fabi.it/2021/04/29/recovery-smart-working-e-conti-in-rosso-sileoni-in-diretta-su-la7/
[11] https://www.bancaditalia.it/compiti/emissione-euro/signoraggio/index.html
[12] (7312) Recovery: lo scopo di Draghi è incatenare l’Italia con un mare di prestiti – Gilberto Trombetta – YouTube
[13] Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf
L’articolo di Eros è semplcemento perfetto. Andrebbe studiato da tutti gli interessati al cambiamento del sistema ITALIA/EUROPA
grazie…. anche se il contenuto è terrificante… Dopo un anno e mezzo di mala gestione della pandemia, unita all’aumento dei prezzi delle materie prime le nuove regole sul default manderanno in crisi molte PMI. Quelle che non sono nel green e nella digitalizzazione, saranno obbligate a chiudere o a licenziare, mentre le banche avranno risolto la questione dei crediti deteriorati anche aiutate dalla riforma della giustizia che accelererà la riscossione dei crediti…. È una vera propria manovra a tenaglia….