più in basso la Scheda sui risultati elettorali delle liste dell’area “No Green pass”
12 GIUGNO: IL DIVISIONISMO NON PAGA
I risultati delle elezioni ci consegnano un’immagine fedele della società? Un po’ sì e un po’ no. Possiamo dire che le elezioni sono uno specchio deformante. Le urne consegnano una fotografia della situazione sociale, e come ogni fotografia consiste in un fermo immagine di qualcosa che invece è in movimento. Ancor più inaffidabile, questa rappresentazione della realtà, se il sistema elettorale è truccato, ovvero tende a premiare le forze di regime penalizzando quelle d’opposizione. A maggior ragione ciò è vero in caso di elezioni amministrative, dove fattori come vincoli clientelari, motivi localistici prevalgono sulle idee politiche.
Fatta questa premessa, posti i limiti metodologici di analisi puramente empiriche, la fotografia consegnata dalla urne ci è tuttavia utile per capire lo stato di salute di un dato sistema di dominio, il suo tasso di stabilità o instabilità, la forza egemonica della classe dirigente, la profondità del distacco tra chi sta in alto e chi sta in basso e, di converso, se esista un’opposizione e quanto questa sia consistente.
A livello macroscopico tre dati emergono con tutta evidenza. La crescita dell’astensionismo (fenomeno che raggiunge percentuali molto più alte proprio tra le classi subalterne); il doppio e fragoroso arretramento dei Cinque Stelle e della Lega salviniana (ricordiamo che essi uscirono vincenti nel marzo 2018, fatto che colpì a morte il sistema bipolare fondato sulla dicotomia centro-sinistra e centro-destra); il bipolarismo, che davamo per morto, sembra essere invece resuscitato (con la novità che sul fianco destro la forza trainante è adesso la Meloni, il cui successo premia tuttavia la sua opposizione alla ammucchiata pro-Draghi.
La somma di questi fattori sembra essere la sostanziale tenuta del sistema, insidiata tuttavia da diversi pericoli. Questa tenuta, maturata dopo il grande shock dell’Operazione Covid e il grande conflitto in Ucraina tra il blocco USA-NATO-UE e Russia, ci dice che, al netto della imminente fine dell’esperimento Draghi, l’egemonia delle classi dominanti è ancora forte. Ma egemonia non significa stabilità. La guerra per bande all’interno del campo sistemico resta un fattore di incertezza. Una nuova profonda crisi di regime potrebbe avvenire ove giungessero a combinarsi recessione economica, collasso energetico, inflazione e inasprimento dei conflitti geopolitici. Non c’è nessun automatismo tra il precipitare della crisi sistemica e la rinascita su ampia scala dei conflitti sociali.
Le forze del dissenso debbono tuttavia attrezzarsi a fare fronte alla sollevazione popolare. Ci si deve attrezzare per evitare che tutto si risolva in un fuoco di paglia, dando un respiro e uno sbocco politico alle rivolta. Ciò implica non solo sottrarsi ad ogni estremistica fuga in avanti, non solo battere la tendenza alla fuga impolitica dallo scontro politico; implica la capacità di fare fronte delle piccole forze di opposizione sorte negli ultimi due anni; chiede quindi un loro salto politico e organizzativo. Per loro tutte si avvicina il giorno del giudizio.
Che ci dicono i risultati delle amministrative del 12 giugno riguardo alle piccole forze politiche — anzitutto le due forze parlamentari, ovvero gli ex- 5Stelle Italexit con Paragone e Alternativa, quindi il partito 3V, Ancora Italia, la Francesca Donato e il PC di Marco Rizzo — che si dichiarano anti-sistemiche e che hanno presentato liste? Più sotto svolgiamo un’analisi dettagliata di come sono andate queste forze alla prova dell’esame elettorale, anzitutto considerando i risultati delle città capoluogo di regione e provincia.
Ci dicono alcune cose fondamentali:
- Considerando i voti ottenuti dalle diverse liste presentatesi nei capoluoghi di provincia (17 per la precisione, due terzi del totale), abbiamo una media aritmetica del 2,84%. A causa dei famigerati sbarramenti elettorali da nessuna parte, tranne a Genova e a Palermo, sono stati eletti dei consiglieri comunali. Tenuto presente che si tratta di soggetti politici nati di recente e malamente strutturati sui territori; considerando la loro scarsità di mezzi e la censura dei media; i risultati ottenuti sono molto modesti ma potenzialmente incoraggianti.
- Non ha pagato la divisione. In alcuni comuni correvano due liste contrapposte, in altri casi addirittura tre, ed i risultati sono stati pessimi. Non è difficile immaginare che ove ci fosse stata una lista unitaria si sarebbero ottenuti risultati migliori con l’elezione di consiglieri in diverse città. Chiunque ha deciso di correre in solitario o con alleanze zoppe dovrebbe riflettere.
- Che l’unità faccia premio alla sfida elettorale è dimostrato in modo lampante dal successo genovese dove la lista con simbolo unico Crucioli sindaco ha visto correre uniti Italexit, Alternativa, Ancora Italia, Pc e Riconquistare l’Italia col sostegno decisivo dei movimenti no Gp (Libera Piazza Genova). L’unità ha fatto premio anche nei casi di comuni più piccoli dove è stato superato il 3% mentre liste di partito sono state inchiodate allo 0,.
- Se proiettassimo questi dati sul terreno delle elezioni parlamentari è alta la probabilità che una lista unitaria superie di slancio lo sbarramento del 3% ottenendo un potenziale 5% dei voti. Un risultato che aprirebbe orizzonti straordinari al fronte delle opposizioni. Di converso, coi dati emersi dalla amministrative, nessun partito, in solitaria, sarebbe credibile e non entrerebbe in Parlamento. Una conferma solare della proposta contenuta nell’Appello dei 100.
Occorre quindi insistere, agendo per l’unità delle forze antisistemiche, per costruire il fronte unito, per evitare come la peste che in vista delle politiche del 2023 prevalga la divisione emersa il 12 giugno. Sappiamo che la strada è in salita, come sappiamo che per ottenere un successo alle prossime elezioni politiche, non basta una mera sommatoria. C’è bisogno di una grande visione politica condivisa, di darsi uno stato maggiore credibile, c’è bisogno di un salto organizzativo e di rafforzare il radicamento territoriale liste anti-sistema sono riuscite a presentarsi solo nel 3% dei comuni chiamati al voto!). Un salto politico, di credibilità e organizzativo che può essere ottenuto solo dall’incontro tra i movimenti di resistenza costituzionale e le piccole forze partitiche.
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SCHEDA SUI RISULTATI ELETTORALI DELLE LISTE DELL’AREA NO GREEN PASS
Lo scrutinio delle elezioni comunali di domenica scorsa è ormai completato. Questa scheda ha l’unico scopo di mettere a fuoco i risultati ottenuti dalle liste in qualche modo riconducibili al movimento “No Green pass” (per comodità Ngp). L’obiettivo è quello di misurare all’ingrosso la consistenza, le potenzialità e le problematicità di un’area che è venuta costituendosi sostanzialmente nell’ultimo anno.
L’indicazione di fondo che emerge dall’analisi del voto è che esiste ormai una significativa area del dissenso, che continua però ad esprimersi in maniera troppo frammentata. Quest’area ha la potenzialità di proporsi come il fatto nuovo del prossimo futuro, soprattutto se saprà porsi in alternativa secca e credibile ad un sistema bipolare in fase di ricostituzione. Ma ciò potrà avvenire solo con l’unità di tutte le forze, espressa in un unico simbolo.
Entriamo nel merito. Il primo elemento da rilevare è il calo della partecipazione, un -5,4% rispetto alla stessa tornata elettorale del 2017. Questo dato ha certamente influito anche sulle liste Ngp, che non sembrano essere riuscite a motivare più di tanto il voto di chi dissente.
Su 146 comuni sopra i 15mila abitanti, le liste Ngp (non sempre rilevabili perché variamente denominate) erano presenti in una trentina di comuni. Su 26 capoluoghi di provincia esse sono risultate presenti in 17. Grave l’assenza in tutti i capoluoghi del sud, con l’unica e significativa eccezione di Palermo.
Consistenza dell’area Ngp
Per “pesare” la consistenza dell’intera area Ngp nei capoluoghi dove una presenza c’è stata, abbiamo sommato sia i voti ai simboli con ambizioni nazionali (Italexit, M3v, Ancora Italia, Alternativa, Pc, Lista Donato) con quelli ottenuti da altre liste presentatesi in diverse città, incluse le due liste unitarie di Genova e Parma. Ebbene, la media aritmetica così ottenuta in questi 17 comuni è stata del 2,84%.
E’ tanto o è poco? Tenendo conto delle tipiche difficoltà delle elezioni amministrative si tratta di un risultato significativo, ma che impone di tenere i piedi ben piantati per terra.
Possiamo ragionevolmente pensare che in presenza di un forte segnale politico, a partire dalla capacità di unire le forze in un fronte unico, questo 2,84% delle comunali potrebbe trasformarsi in un 5% alle elezioni politiche. Se invece questo segnale non ci sarà, se la fotografia della frammentazione attuale dovesse riprodursi tra un anno, il disastro per l’area Ngp sarebbe assolutamente certo.
Vediamo ora alcuni dati significativi. Le città dove l’area Ngp ha ottenuto complessivamente i risultati migliori sono state Pistoia (un 4,79% spezzettato però in una miriade di liste), Lucca (4,33%), Palermo (4,23%), Genova (3,91%). Quelle in cui si è andati peggio sono state Como (0,92%) e La Spezia (1,34%).
Le due liste unitarie di Genova e Parma hanno registrato due risultati ben diversi. Un buon 3,56% nel capoluogo ligure (probabilmente frutto del rapporto virtuoso stabilitosi con il movimento No Green pass genovese), un modesto 1,43% nella città emiliana.
Come si è distribuito il voto?
Solo tre simboli (sia pure variamente rappresentati) si sono presentati in più di un capoluogo: Italexit in 11, M3v in 8, Ancora Italia in 4. La consistenza di queste tre forze è stata quindi ottenuta calcolando la media aritmetica di ciascuno limitatamente alle città dove si è presentato.
La media di Italexit è risultata dell’1,67%, quella di M3v dello 0,88%, quella di Ancora Italia dello 0,58%. Per le ragioni di cui sopra, la somma di queste percentuali medie non è raffrontabile a quella complessiva di cui al punto precedente (2,84%), che include anche le altre liste ma nel complesso dei 17 comuni di cui si è detto.
Tra le altre forze con ambizioni nazionali, la lista di Francesca Donato ha ottenuto un buon 3,17% a Palermo, mentre il Pc di Rizzo si è presentato solo a Pistoia (1,14%) ed Alternativa soltanto a Padova dove ha raggranellato un misero 0,43%.
Ma quanti consiglieri ha eletto l’area Ngp? Ecco un dato che mette il dito nella piaga. Se i nostri calcoli sono giusti, e temiamo di sì, i consiglieri eletti a livello nazionale sono solo due: Crucioli a Genova e Donato a Palermo.
Questi dati ci dimostrano quel che già sapevamo. In vista delle politiche – con lo sbarramento nazionale al 3% – nessuno può considerarsi autosufficiente. Dunque, l’unità è necessaria. Probabilmente Paragone non sarà d’accordo, ma i numeri non sono dalla sua. Non solo la sua media dell’1,67% è ben lontana dalla soglia del 3%, ma in nessun capoluogo questa soglia è stata superata dai candidati di Italexit, visto che il risultato migliore è stato ottenuto ad Alessandria (dove fra l’altro non c’erano competitori) con il 2,61%. Lo stesso discorso vale a maggior ragione per M3v (risultato migliore a Padova con il 2,02%), per non parlare di Ancora Italia dove il massimo è stato uno 0,76% ad Asti!
Conclusioni
Prescindendo qui da altre considerazioni su programmi e profilo politico da adottare per porsi all’altezza della situazione, il voto di domenica scorsa ci dà dunque ragione due volte. Ci dà ragione sulla necessità di una lista unitaria e politicamente qualificata, espressione di tutti i movimenti di Resistenza Costituzionale. Ci dà ragione sulla critica ad un divisionismo che se dovesse proseguire mostrerebbe solo un’irresponsabilità ed un’insipienza politica senza precedenti.
Spesso le elezioni comunali lasciano il tempo che trovano. In questo caso ci hanno dato invece delle indicazioni preziose. A questo punto nessuno potrà più nascondere la testa sotto la sabbia. Che tutti riflettano ed agiscano nell’interesse della comune causa contro l’attuale regime!
Analisi perfetta. Quando
si capirà che solo con una solida unità delle forze antagoniste si puo’ iniziare un cammino di rinascita?
Il risultato certo conferma l’assoluta necessità della costruzione di una lista unitaria alle prossime politiche (che si giocheranno comunque purtroppo in un clima sociale profondamente diverso e peggiore di quello di oggi). Ma credo che sia anche una spia, un utile allarme per i leaders dei vari movimenti, sempre troppo generosamente autocelebrativi quando si tratta di valutare il successo di manifestazioni organizzate. Piccole folle (5000 persone sono poche) unite solo dallo “spettacolo” e dall’ “evento” mediatico del palco, delle presenze più che dei contenuti, pronte a fare ” passeggiate, di chiusura piuttosto che “cortei” consapevoli. Nessuna meraviglia che al momento del voto non ci pensino neppure.
La strada è una sola: Costruzione dell’unità su un programma politico alternativo al potere dominante. Chi si sottrae a questo impegno fondamentale per il popolo italiano, NE PAGHERÀ LE CONSEGUENZE.
Si, va bene. LIT sa perfettamente cosa fare e come. Vai un pò a dirlo a Rizzo, da oltre trenta anni su piazza, e “unico” depositario del pensiero giusto quando, in realtà, già in prc era del tutto evidente che avevamo un abile affabulatore finalizzato al solo lucrare lo stipendio. Diciamo…una copia sfuocata di Vendola. Certo, Vendola rifulgeva di luce propria a bizzeffe: comunista, omosessuale e cattolico. Cosa Altro? Fatevi un giro e cercate il “migliore” quando rivestiva la carica di presidente della commissione elettorale al tempo degli scrutini balordi in Calabria con schede perdute a random casualmente e inopinatamente quelle votanti Berlusconi.
Non può essere certamente un quasi settantenne a proporre la soluzione dal momento che con un buffo mi gettano a terra e anche perchè, a terra, ci vado anche in proprio. Occupare i vertici dei servizi segreti questo, decisivo. Uscita dalla eu: informare il dormiente delle ricadute che sarebbero identiche a quelle a cui stiamo andando incontro ma per una giusta causa e non per il volere di banchieri sparsi per il globo. Fuori dalla Nato e riallacciare rapporti con la Russia chiedendogli uno sconto sulle materie prime. Buoni rapporti con i cinesi chiedendogli di azzerare le spese di spedizione su “Alì”. Lo scenario che si presenterebbe sarebbe questo: con il passaggio da euro a lire scomparsa della moneta dai bancomat e svalutazione della lire grave per l’import, buono per l’export.. Proclamazione sciopero dei trasportatori e disordini stile Cile-Allende. Un bel casino, vero? E allora niente, ma tenermi Rizzo e altri ed eventuali perditempo, manco per sogno.
P.S per la Direzione: organizzate un dibattito pubblico con tutti i “pippi” e con tutti i crismi si…….voglio dire….con tavola della presidenza ecc…ecc….targhette con i nomi e dietro la protesi scombicchierata di un quasi umano e poi ditemi quando e dove. Così togliamo una volta per tutte l’acqua dal vino. Resto in attesa.