Dall’informazione alla politica – nota sui risultati delle amministrative
Tra i tanti articoli usciti in questi giorni a commento delle elezioni amministrative dello scorso 12 giugno, quello del professor Guido Cappelli su comedonchisciotte.org introduce un elemento di valutazione sul quale mi pare giusto riflettere. La tesi di fondo di Cappelli è del tutto condivisibile: per il giovanissimo movimento no green pass, la prova elettorale ha rappresentato un debutto elettorale e il risultato complessivo ottenuto – circa il 2,5% – non va disprezzato ma al contrario valorizzato ed enfatizzato.
Il problema però – continua nel suo ragionamento Cappelli – è la sproporzione tra la forza mediatica enorme dell’avversario e le striminzite capacità comunicative del movimento. “La questione comunicativa è tutto” – scrive – “e come tale va presa. È dall’accesso limitatissimo ai mezzi di comunicazione che dipende, pressoché esclusivamente, il fatto che la realtà dei movimenti del dissenso sia ancora ignota alla maggior parte della popolazione”. Il ragionamento pare lapalissiano tanto che parrebbe perfino assurdo cercare di negarne la legittimità e coincide con un sentire profondamente diffuso nella società dello spettacolo e della bulimia informativa: il potere è potere dell’informazione, chi controlla TV, Internet e i giornali controlla il cuore e le menti della popolazione.
In realtà, proprio guardando ai risultati elettorali delle liste di opposizione o anche ai due anni e mezzo di vita del movimento di resistenza, si possono trarre valutazioni differenti riguardo al rapporto tra potere informativo e risultati ottenuti. Di fronte – ad esempio – allo zero di informazione a favore, il movimento per la libertà di scelta ha saputo concretamente guadagnarsi la fiducia del 20% della popolazione che si è rifiutata di iniettarsi il cosiddetto vaccino. Più eclatante ancora è la percentuale altissima della popolazione che – pur sottoposta al martellamento mediatico antirusso di questi mesi – si dichiara convintamente contraria alle politiche governative sull’Ucraina.
Come si spiegano questi numeri se l’informazione è tutto? La mia tesi – senza ovviamente voler negare l’importanza della questione informativa nelle società contemporanee – è che, a fianco dell’informazione, permane sempre un grumo politico di valori, credenze, convinzioni, cultura che nemmeno le micidiali armate della disinformazione di regime dell’odierno totalitarismo possono intaccare. E non si tratta certo di valori residual/resistenziali destinati ad essere travolti dall’incedere del pensiero unico e dalla forza persuasiva della sua narrazione ma di pensieri, azioni, prospettive politiche che si rinnovano costantemente e portano i cittadini – qualora trovino a disposizione una proposta seria, ben motivata, comprensibile e funzionale – ad optare in massa per scelte anche fortemente di opposizione.
Le ragioni della relativa debolezza elettorale dei movimenti di resistenza non vanno ricercate tanto nella, peraltro vera, difficoltà a fronteggiare il messaggio del giornalismo prezzolato o distratto, quanto nella ancora acerba capacità dei resistenti di formulare un’adeguata proposta generale. Se questa germogliasse, se fossimo in grado di nutrirla e irrigarla per farla crescere e riuscissimo poi a sfrondarla, e semplificarla, fino a renderla essenziale e comprensibile a tutti, allora avremmo successi molto migliori di quelli del tutto confortevoli, ma ancora insufficienti, del 12 Giugno.
Anche dall’analisi del voto ricavo un giudizio simile. Tra i partitini che hanno rappresentato il movimento alle amministrative, se ne notano alcuni, come Ancora Italia e Italexit, che fanno dell’apparire mediatico il centro strategico della loro azione politica mentre altri, come i 3V, presentano una forma militante più tradizionale. Ebbene, i risultati elettorali, che danno l’1,7% a Paragone, lo 0,9% ai 3V e lo 0,6% ad AI, non riflettono in alcun modo la capacità comunicativa dei tre. Il leader di Italexit è un personaggio pubblico da prima serata, una vecchia conoscenza di ogni famiglia italiana mentre, dell’esistenza del movimento 3V, non è verosimilmente al corrente nessuno al di fuori degli attivisti del movimento e delle ristrette cerchie parentali e amicali. Il ridotto gap dello 0,8% che li separa elettoralmente, non si spiega a fronte di un differenziale informativo tanto evidente. Analogamente non si capisce come lo sconosciuto Teodori, segretario dei 3V, ottenga più voti di Ancora Italia, forza che può contare sull’impatto mediatico del popolarissimo Fusaro in coppia con la star di Visione TV e Presidente del partito, Francesco Toscano.
In realtà, ciò che difetta maggiormente alle liste di movimento, non è l’accesso al mainstream informativo ma è l’appeal politico, la forza delle opzioni programmatiche, la chiarezza della prospettiva di cambiamento. Il nostro limite maggiore sta nella debolezza politica e non nella nostra scarsa abilità informativa. Il porre, come fa Guido Cappelli, quest’ultimo elemento come centrale rischia anzi di farci sentire piccoli, piccoli e inadeguati a fronte del mastodontico apparato dei centri internazionali del capitalismo informativo.
La forza limitata della nostra proposta politica non dovrebbe d’altra parte meravigliarci: abbiamo passato questi ultimi intensissimi anni a mobilitare le piazze, a sfilare, scandire slogan e manifestare; solo un tempo del tutto residuale l’abbiamo dedicato alla riflessione sul cosa vogliamo in positivo e come lo vogliamo ottenere.
L’incedere della guerra, delle crisi economiche e politiche dovrebbe spronarci ad elaborare riflessioni di linea e di cultura. Dovremmo interrogarci su quale futuro energetico, e quindi produttivo, dare al nostro Paese; porre concretamente il tema delle alleanze internazionali legandolo al modello di sviluppo che intendiamo perseguire. Interrogarci sul tipo di scuola ci interessa, investendo insegnanti e studenti nella discussione. Approfondire i temi dell’agricoltura possibile di fronte all’abbandono del territorio e al suo degrado. Parlare delle caotiche città disfunzionali in cui viviamo, dello stato comatoso della pubblica amministrazione, degli apparati di sorveglianza digitali sempre più pervasivi e illiberali e solo questo breve e sommario elenco fa già apparire la questione informativa come un piccolo e lontano pianeta in allontanamento dalla enorme galassia del dibattito e della mobilitazione che potremmo innestare per dare rilevanza e colore alla nostra idea di futuro.
Non poteva essere altrimenti: esemplare articolo del Maestro De Giuli. Cosa fare? Per prima cosa uscire dal discorso “spot” recitato con cadenza musicale convenzionale: primo grado e poi il quarto e poi il secondo e a seguire il quinto sino a cadere di nuovo sul primo grado e li, scatta l’applauso, proprio come un brano musicale si “riposa” dopo l’esaltazione di avere toccato il quinto grado. Occorre, nero su bianco e bene ricalcata a chiare e inequivocabili parole, la proposta di uscita dal dramma che per forza sarà lastricata di lacrime e sangue e sangue e merda. Chi ci sta ci appoggia altro, non serve. Teniamo presente che ci tocca la sfortuna di doversi differenziare da quei traditori, voltagabbana e rumente dei 5 stallatici, loschi affabulatori. Attualmente, il rivendicare sottili differenze, lo spaccamento del capello in quattro come ci sta avvenendo attorno, non è un buon procedere. Non mi è ben chiaro; mi pare di avere capito che un parlamentare europeo ex rumenta, ora in quota Paragone e un altro, in quota “Alternativa” ecc….ecc… hanno votato per il prolungamento del green cess. Ecco, se vero, è buon motivo di scontro ( scontro del tipo o noi o loro ) feroce con i referenti italiani. Trattasi di un esempio. Bona.
Non piacciono più leader e prime donne e sicuramente Paragone non convince al 100%. Bisogna unire e unirsi con un programma chiaro e preciso.Pochi punti ma imprescindibili. La gente vuole chiarezza.