A fornire alla novella campagna elettorale quell’atmosfera anni ’50, molto vintage, ci pensano quei simpatici burloni del quotidiano La Stampa. Consapevoli, anche troppo, che nel mondo della comunicazione del ventunesimo secolo non è più necessario pubblicare notizie che abbiano una pur vaga attinenza con la realtà, decidono di impegnarsi ancora una volta nell’imbastire una vicenda dai contorni torbidi e fumosi, una via di mezzo fra un feuilleton ottocentesco (I misteri del brianzolo) e la spy-story alla James Bond. Ci avevano già provato nella primavera del 2020, quando avevano incolpato i medici mandati dal governo russo in soccorso alla provincia di Bergamo, di essere delle spie in cerca di segreti militari e scientifici.
All’epoca, direttore de La Stampa era il Baldo filo-atlantista e filo-sionista Maurizio Molinari, di lì a poco passato a Repubblica. Chi si aspettava un’informazione più obiettiva grazie all’attuale direttore, Massimo Giannini, rimarrà deluso. Certe partiture si eseguono in automatico, nell’attuale regime.
Così nell’edizione di giovedì 28 luglio, La Stampa pubblica un articolo dove si accusa Antonio Capuano, che nella Lega svolgerebbe il ruolo di “consigliere per i rapporti internazionali”, di essersi incontrato con un funzionario dell’ambasciata russa a Roma. Tale funzionario avrebbe esortato Capuano a convincere i ministri leghisti a lasciare il governo Draghi, al fine di determinarne la caduta.
Quel che è davvero scioccante di tali presunte scioccanti rivelazioni, è che sono state immediatamente smentite da chi di dovere, ovvero dai servizi segreti. La fonte, infatti, sarebbe un dossier che l’autore dell’articolo sarebbe riuscito a visionare di straforo. Probabilmente il funzionario dei servizi preposto alla custodia del prezioso documento lo aveva lasciato su una panchina, per andare ad acquistare una gazosa fresca al più vicino chiosco. E invece pare di no, tant’è che a stretto giro è giunta la nota di smentita firmata dal sottosegretario Gabrielli, che dice in soldoni che la notizia è priva di ogni fondamento. La Stampa non si arrende di fronte all’evidenza, e anche oggi, venerdì 29 luglio, pubblica pagine e pagine sulla vicenda. Vicenda che non c’è, come l’isola di Peter Pan. Ma poiché siamo in estate, è lecito sognare, anche per vivacizzare un pochino il dibattito elettorale.
In realtà lo scopo è quello di mettere nuova legna al fuoco della russofobia, fuoco che si stava un po’ spegnendo nelle ultime settimane, anche perché con l’avanzata lenta ma inesorabile delle truppe russe nel Donbass, propedeutica alla vittoria finale di Putin, i servizi dedicati alla guerra in Ucraina vengono fatti passare in secondo piano, appena prima del servizio dedicato alle sagre gastronomiche regionali.
Invece da 24 ore a questa parte, è tutto uno scambio di accuse reciproche fra i partiti politici del nostro sventurato paese. In altre parole, si vuole creare un clima fatto di isteria e ansiogeno, dove il dibattito sereno e argomentato è il primo a sparire. Non sia mai che nel dibattito pubblico qualcuno possa alzare la testa e affermare che la Russia ha le sue ragioni, che corrispondono peraltro a quelle di grandissima parte delle nazioni fuori dall’asfittico recinto chiamato “Occidente” alquanto stanche del dominio Nato.
Noi di Liberiamo l’Italia abbiamo sempre affermato che l’impegno militare di Putin aveva e ha una precisa valenza sovranista e difensiva, utile a spezzare l’accerchiamento militare americano lungo tutto l’arco dell’est europeo. Lo stesso Papa Francesco ha ammesso che le provocazioni a stelle e strisce ( lui lo definì poche settimane fa “l’abbaiare della Nato alle porte della Russia) hanno giocato un ruolo essenziale nel provocare la reazione russa.
E non a caso le fantomatiche rivelazioni de La Stampa hanno lambito anche gli ambienti vaticani, con l’intento di fare riallineare anche la Chiesa Cattolica al più visto filoatlantismo.
Infatti le cosiddette “notizie” divulgate ieri dal quotidiano sabaudo sono un minestrone, più o meno sapiente e più o meno riuscito, di menzogne e verità.
Delle falsità abbiamo già detto poco più su, la cosiddetta vicenda Capuano. Di vero, invece, ci sono i tentativi di organizzare un viaggio a Mosca, tentativi che Salvini potrebbe avere fatto prima per se stesso, e poi per Papa Francesco. Il Vaticano, infatti, seppure implicitamente, ammette oggi che potrebbe avere avuto luogo due mesi un incontro tra il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin con Matteo Salvini.
Tutto questo, nell’ottica di giungere al più presto ad una pace che soddisfi tutte le parti in causa (Russia compresa) e senza stare troppo a sottilizzare su chi siede al tavolo, purché si porti a casa il risultato diplomatico desiderato. A nostro modo di vedere, questa è semplicemente l’arte di fare politica. Confrontarsi a viso aperto ma senza pregiudiziali di sorta, con tutti, amici e nemici. Quello che non sono riusciti a fare, peraltro, i piccoli leader del mondo anti-sistema che si presenteranno separati (e perdenti, contenti loro) alle elezioni del 25 settembre.
Torniamo però a cose più serie. Già la settimana scorsa al Senato, nel corso del dibattito sulla fiducia (poi venuta meno) al governo Draghi, si era potuto tristemente constatare che i temi di drammatica importanza erano stati cancellati, espunti dai diversi interventi: la drammatica crisi economica accentuata dalle autolesionistiche sanzioni alla Russia, ma già ben presente nei due anni della mala gestione Covid, i diritti spezzati di milioni di persone privati del lavoro e della libertà di scelta terapeutica, in barba ad ogni buon senso e ad ogni verità scientificamente fondata, ma in ossequio agli architetti del Grande Reset desiderosi di distruggere l’anomalia italiana e il suo ricco tessuto socioeconomico. Si è parlato, e a sproposito, di temi-bandiera, utili ad eccitare gli ultras dei destri e dei sinistri: rigassificatori, cannabis e altre amenità.
A breve, passato il mese di agosto, la crisi si farà sentire in tutta la sua violenza, incurante della quantità industriale di falsità create ad arte dalla politica ufficiale e dal mondo dei media mainstream. Sarà compito dell’unica vera opposizione sociale e politica di questo paese, quella nata in opposizione all’autoritarismo tecno-sanitario degli ultimi due governi, riprendere le fila di una lotta politica che, come sappiamo, non potrà giovarsi dell’aiuto di una pur esigua pattuglia parlamentare. L’intelligenza e il coraggio sapranno comunque trovare i modi per esprimersi e incidere nella vita sociale e politica, anche senza il consenso dei capibastone.