«Divisi ma insieme!». Finalmente un concetto chiaro, non vi pare? Ah no, non è tanto chiaro? Beh, siete proprio incontentabili! Ma, se siete così pignoli, potreste provare a farvelo spiegare da certi fenomeni da un video al dì. Loro non si negano mai, specie quando c’è da spacciare del fumo.
Ma di cosa stiamo parlando?
«Divisi ma insieme: Italexit, Italia Sovrana e Popolare e Vita si incontrano simbolicamente a Ponte Milvio», è il titolo di un recente servizio di Byoblu. Nel video appaiono alcuni candidati di queste liste. Giovanni Frajese (Italexit) e Paolo Pace (Isp) si scambiano vicendevolmente le firme sulle rispettive liste, raggiungendo poi un vicino banchetto di Vita dove incontrano pure l’avvocato Polacco. Finalmente il festival dell’unità? No, solo la sagra dell’ipocrisia.
Cosa ci dicono queste candide figure? Il più loquace è Pace: «stiamo lavorando per lo stesso fine… Il giorno dopo che saremo eletti in parlamento…». Eh già, il giorno dopo! Il giorno dopo ne riparleremo, ed allora sarà chiaro il disastro fatto il “giorno prima”, cioè nel momento in cui ognuna di queste liste ha deciso di correre da sola.
Naturalmente, questi personaggi non spiegano il mistero per cui l’unità che non si è fatta prima, dovrebbe nascere miracolosamente dopo, una volta eletti. Miracolo dei Sacri Palazzi? Ma, soprattutto, non si sa se per presunta astuzia o per connaturata incoscienza, nessuno di loro riflette sul fatto che la divisione impedirà proprio di entrarci in parlamento. Che se l’unione andrà fatta lì, state pur certi che nessuna unione ci sarà.
Mentre un incommentabile Polacco ha il coraggio di dire che parlare di divisioni è una sciocchezza, nel servizio prende poi la parola un altro rappresentante di Vita, che se ne esce con questo brillante ragionamento: «La politica è politica, la campagna elettorale è campagna elettorale, ognuno ha le sue peculiarità, però sui temi fondamentali siamo allineati».
Piccola domandina di un ingenuo: ma una politica che non unisce, quando si è d’accordo sui temi fondamentali, che razza di politica è? E questa sarebbe l’alterità verso il marcio politicantume del regime? Perlomeno da quelle parti usano la razionalità, e Renzi e Calenda pur odiandosi si uniscono per superare la soglia di sbarramento, mentre qui odi ed egocentrismi hanno portato a rifiutare perfino un tavolo di confronto unitario.
E dopo averlo rifiutato, arrivando alla follia di almeno cinque liste, adesso ci vengono a parlare di unità. Almeno questa buffonata se la potevano risparmiare. Perlomeno non avrebbero offeso l’intelligenza delle persone, che tutto possono accettare ma di essere prese in giro proprio no.
Toscano chi?
Ma perché questo commovente richiamo all’unità post festum? La mia modesta impressione è che qualcuno cominci a rendersi conto dell’errore compiuto. Ma ormai è tardi, la frittata è fatta e si comincia a sentire odore di bruciato. Da qui l’affannosa ricerca di un alibi. Francesco Toscano, uno dei massimi responsabili di questo disastro, probabilmente il vero ispiratore della pagliacciata di Ponte Milvio, adesso fa l’unitario, invitando chi non vuol votare Isp a dare la sua preferenza ad Italexit e Vita. Eh già, peccato che si possa esprimere un voto solo…
Il leader di Ancora Italia formula il suo annuncio in una trasmissione dedicata alla lotta all’astensionismo. Piccola domanda: ma l’astensionismo, dal quale il Toscano prova a difendersi, avrebbe avuto le stesse dimensioni se anziché la divisione avessimo avuto quell’unione che il movimento chiedeva, e che proprio Toscano (come gli ha ricordato lo stesso Diego Fusaro) ha osteggiato in tutti i modi? Suvvia, siamo seri che certe cose le può capire chiunque.
La verità è che Francesco Toscano sta cercando di imbrogliare le carte. Per capire la sua vera concezione elitaria della politica, è sufficiente riportare qui alcune sue affermazioni fatte nella chat nazionale di Resistenza Costituzionale nel mese di maggio.
Rispondendo ad uno dei promotori a livello nazionale del movimento degli “Studenti contro il Green pass”, che metteva in dubbio la sua volontà unitaria, criticando in particolare una sua affermazione — «Andremo alle elezioni con il nostro simbolo e la nostra dirigenza» — Toscano così replicava:
«Non ti conosco e non ti voglio conoscere». «Per fare le cose seriamente l’unità non si discute con tale Marco, studente di belle speranze. Si fa mettendo intorno ad un tavolo Cabras, Donato, Rizzo e altri che rappresentano una struttura. Ti è chiaro questo?».
Concetto così ribadito:
«L’unità la faremo, se ci riusciamo, con l’Alternativa, con Donato e con tutti quelli che hanno forza nel Paese e nelle istituzioni».
Queste affermazioni sono ben più indicative di mille edulcorati discorsetti a Visione Tv. La loro traduzione in termini concreti è semplice assai. Primo, io sono io e il movimento reale non è nulla. Secondo, conta soltanto chi è già in qualche modo nel Palazzo. Terzo, l’unità che io voglio realizzare è solo (sottolineo solo) con questi soggetti, gli altri potranno al massimo fare i portatori d’acqua.
Se questa è una concezione unitaria, io sono un sommergibile a pedali. Ma forse anche un sommergibile a pedali potrebbe constatare che del trio indicato ben poco è rimasto. Alternativa se ne è andata, prima da Paragone, poi nel nulla. Donato è prima entrata, poi è uscita, dunque è rientrata per riuscire definitivamente dalla “Grande coalizione”. Che dire, un successone!
Di tutto ciò, oltre al disprezzo per il movimento, è rimasto soltanto l’asse con Rizzo. Un’alleanza che gli spiritosi si spiegano solo come curiosa convergenza tra diversamente capelluti, mentre i maligni la ritengono cementata soltanto da modesti interessi di bottega. E’ questa una malignità che non condivido affatto, e sul punto voglio esprimere immediatamente la mia solidarietà umana e politica tanto a Rizzo quanto a Toscano. Non condivido questa malignità per il semplice motivo che la divisione che hanno contribuito a produrre non tutelerà affatto alcun loro interesse, tantomeno quello di entrare in parlamento. Non so se nel comporre le liste i due hanno creduto davvero di spartirsi i seggi, ma purtroppo per loro la spartizione ha riguardato solo le candidature. E’ questo un particolare di cui mi sembrava doveroso informarli, in attesa che lo faccia ufficialmente il ministero dell’Interno la sera del 25 settembre.
Ora qualcuno protesterà per il mio tono scherzoso. Ma l’ironia è sempre meglio delle offese, e il pretesco buonismo dell’omicida che si pente subito dopo aver commesso il delitto è un’intollerabile offesa all’intelligenza di tutti noi.
Realismo e responsabilità: esattamente quel che è mancato
Cari lettori, i giochi ormai sono fatti. Ma che almeno gli artefici della divisione si astengano dalle pagliacciate! «Divisi ma insieme», non è una cosa che si possa sentire. Sarebbe un po’ come dire brutti ma belli, biondi ma bruni, grulli ma intelligenti. Ma per favore…
La finzione di questo unitarismo a scoppio ritardato avrebbe un senso solo ad una condizione, se davvero si credesse al trionfale ingresso in parlamento di tutte e tre le liste principali dell’area del dissenso. In quel caso – ma solo in quel caso – certi discorsi avrebbero un senso, mentre, al contrario, il sottoscritto avrebbe torto marcio.
Ma davvero c’è qualcuno che crede a quel travolgente successo? In effetti qualcuno c’è. Rivolgendosi agli esponenti delle tre liste principali, ed unendosi al patetico coro per l’unità del giorno dopo, Ciro Silvestri (Fisi), si lancia in questa improvvida analisi:
«Il 15% degli italiani che a vario titolo hanno incarnato la resistenza in questi 30 mesi, ha già deciso di votare qualcuno di voi, per quello che avete fatto e per quello che rappresentate. Il 40-45% di omologati si dividerà in 1000 rivoli segnati da opportunismo e clientelismo. C’è poi il 40-45% dei distratti, degli sfiduciati degli incazzati di brutto contro la politica in generale».
Quindici percento, ma vogliamo scherzare? Avrei piacere che l’amico Ciro avesse ragione, ma purtroppo so che così non è. In caso contrario andrò per penitenza a Napoli a dorso di mulo.
Fin da piccolo mi hanno insegnato che in politica occorre realismo, che se poi vuoi fare anche una buona politica occorre pure responsabilità. Bene, realismo e senso di responsabilità verso la nostra gente ci portano a conclusioni ben diverse da quelle ascoltate negli interventi qui riportati. Ma realismo e senso di responsabilità sono proprio i due ingredienti principali che sono mancati nel momento della verità.
Cosa ci dicono i numeri, quelli veri
Con un’analisi sul voto amministrativo di giugno, calcolammo il peso dell’area del dissenso in quella consultazione in un modesto 2,8%. Ma, poiché il voto amministrativo è diverso da quello politico, così scrivemmo allora:
«Se proiettassimo questi dati sul terreno delle elezioni parlamentari è alta la probabilità che una lista unitaria superi di slancio lo sbarramento del 3%, ottenendo un potenziale 5% dei voti. Un risultato che aprirebbe orizzonti straordinari al fronte delle opposizioni. Di converso, coi dati emersi dalle amministrative, nessun partito, in solitaria, sarebbe credibile e non entrerebbe in Parlamento. Una conferma solare della proposta contenuta nell’Appello dei 100».
C’è ben poco da aggiungere oggi a quel ragionamento. Il 5% è attualmente il bacino potenziale massimo della nostra area. A chi pensa che sia poco, voglio ricordare che M5s iniziò con percentuali ben più basse. La verità è che il 5% sarebbe stato un punto di partenza straordinario. Ma quel 5% andrà ora diviso tra 5 liste. Fate voi i conti. Ma non c’è solo questo. C’è che, proprio per la sfiducia prodotta dalla divisione, quel 5% adesso non è affatto scontato.
Solo l’unità avrebbe reso possibile quel risultato. L’unità era la condizione necessaria, pur se non ancora sufficiente, per raggiungere quell’obiettivo. E solo l’unità avrebbe motivato tutto, o quasi tutto, il mondo di chi si è mobilitato contro il regime dalla primavera 2020 in avanti.
Solo noi eravamo in grado di fare questi calcoli? Ma non scherziamo…
La divisione sarebbe stata giustificata solo in presenza di differenze politiche e programmatiche davvero importanti. Giusto per fare un esempio, se uno vuole uscire dall’euro e l’altro no, è evidente che non si può fare una lista unica. Ma così non è, tanto è vero che tutti dicono che queste differenze non ci sono, e che proprio per questo l’unione sarà possibile dopo il 25 settembre. Ma se queste differenze non ci sono, perlomeno non nella misura da impedire una futura unità, perché la lista unica non si è fatta? Perché, addirittura, ci si è rifiutati anche solo di sedersi attorno ad un tavolo?
E’ a queste domande che si dovrebbe rispondere. E allora diciamolo chiaro a chi teorizza l’assurdo unitarismo divisionista, e diciamolo ancora più chiaro ai generali delle guerre perse: se non siete in grado di rispondere senza con ciò rivelare scomode verità, almeno tacete. Andate a caccia di voti. Datevi da fare, ma non raccontate balle e non cercate alibi per una sconfitta che sarà solo il frutto delle vostre scelte.
Noi, nel nostro piccolo, ve lo abbiamo detto in tutti i modi: andando da soli nessuno supererà la soglia del 3%, ed il regime potrà festeggiare un suo indubbio successo. Voi siete invece convinti del contrario? Benissimo. Noi portiamo un profondo rispetto per tutti gli attivisti impegnati nella campagna elettorale, convinti della possibilità di un risultato positivo. Certamente li rispettiamo di più di quanto li rispettiate voi. Portiamo però un uguale rispetto alla verità dei fatti.
Dopo il 25 settembre, verrà il 26. Molti nodi verranno al pettine. Non sarà una situazione facile, visto che le sconfitte raramente uniscono. Ci sarà dunque molto da ricostruire. Bisognerà farlo su basi nuove, con metodo e perseveranza, di certo iniziando a separare le persone serie dai venditori di fumo.
* * *
Sul risultato elettorale delle liste “alternative” a mio avviso influiranno due fattori:
1) la percentuale di astensionisti “cronici” (…come il sottoscritto…) che si “ravvederanno” e decideranno di andare alle urne
2) l’entità del “crollo” elettore del M5s.
Se almeno 1/3 degli gli astensionisti “cronici” tornerà a votare e se il M5s non andrà oltre il 6-7 % – dal momento che difficilmente gli appartenenti a queste due categorie di elettori voteranno per uno dei partiti “di regime” – …FORSE c’è qualche speranza di veder entrare in Parlamento qualche rappresentare delle liste “alternative”.
Francesco F.
Manduria (Ta)
Solo per la loro inettitudine e il disastro che hanno combinato
direi che queste listine del dissenso non meritano di essere votate.
Oramai queste elezioni sono andate perdute. Sarebbe molto interessante,
per la prossima legislatura, vedere un governo monocolore della Meloni,
dato che FDI vuole l’abolizione definitiva del green pass ( controllare
sul sito di giorgiameloni.it ) e ha votato contro il green pass e obbligo
( controllare su openpolis ) e naviga con il vento in poppa, sospinta dall’
ultimo disperato tentativo da ultima spiaggia, del popolo, di sopravvivere.
Per il futuro bisognerà certamente creare una lista unitaria che raccolga
tutti coloro che sono contro il sistema e se volessero mantenere il proprio
simbolo e la loro bottega potrebbero sempre fare delle primarie tra il popolo
per stabilire quanto peso dovrà avere ogni partitino nella lista unitaria.