“Prendi la retorica e torcile il collo”
Venerdì prossimo sarà il 27 gennaio, giornata di commemorazione delle vittime dell’Olocausto o della Shoà. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di concentramento di Auschwitz, il più tristemente noto tra i lager nazisti adibiti alla “soluzione finale” degli ebrei, seconda fase della persecuzione antiebraica in Europa, a cui aderì il regime fascista in Italia, dapprima con le leggi razziali del 1938, poi con la fattiva “persecuzione delle vite degli ebrei” dall’8 settembre ‘43 sotto l’occupazione tedesca e la Repubblica Sociale italiana. 7500 ebrei italiani persero la vita, il 13% di quelli censiti nel ’38.
Da alcuni anni il 27 gennaio si celebra con interminabili quanto ripetitive ed insulse serate televisive: dai documentari ai films, per lo più americani, dato che i produttori hollywoodiani sono spesso di ascendenza ebrea e sensibili al tema. Oltre che agli incassi, che l’interesse per storie come queste possono produrre nell’americano medio specie se i protagonisti sono bambini innocenti…
Ci sono anche film di produzione francese, che denunciano la responsabilità delle autorità locali e collaborazioniste nei rastrellamenti di cittadini ebrei; celebre quello che culminò nella retata del Velodromo d’Inverno a Parigi nel luglio del ‘42. Tra i film italiani quello pluripremiato nonché discusso di Benigni “La vita è bella”, dove il regista/attore stravolge i dati storici vestendo delle divise americane i “liberatori” in realtà sovietici dei campi. Forse un caso, forse una “captatio benevolentiae” per aggiudicarsi il premio Oscar che arrivò puntuale.
In ultimo, preferibilmente in seconda serata, arrivano le interviste ai sempre più rari sopravvissuti dei campi, in cui Liliana Segre è protagonista assoluta, anche perché, massimo del politicamente corretto made in Italy, è non solo una gentile signora molto anziana, e il cuore italico si intenerisce, ma anche senatrice a vita.
A scuola, di rigore il minuto di raccoglimento, nell’indifferenza generale di ragazzini annoiati e ignoranti di storia. Anche perché parecchi professori, concentrati sulla fine del quadrimestre e in cerca di voti da caricare sul registro elettronico, non perdono un’ora a spiegare la Shoà. Che di fatto in un’ora non si può spiegare. Occorrerebbe una ben più approfondita ricognizione della questione antisemita in Europa, che coinvolge la storia almeno dal medioevo in poi e presenta differenze notevoli tra i vari paesi europei. Figurarsi: in Italia la storia è una disciplina ridotta al ruolo di Ancella delle materie letterarie e, diciamolo francamente, insegnata da docenti di lettere non sempre così edotti.
Questo il quadro, più o meno fisso da 20 anni a questa parte, in cui si sviluppa la celebrazione, sfrondandola poi dalle immancabili dichiarazioni retoriche dei politici di alto e basso rango. E dai manifesti affissi qua e là che pochi osservano, figurarsi poi se leggono…
Quest’anno c’è però una “novità”; è il primo anno di guerra. Intendo di guerra in Europa e dell’Europa, perché solo un beota o un inguaribile ottimista potrebbe pensare che l’Europa tutta non sia in guerra contro l’ “Orco russo”, quello che, dice Zelensky il martire di Kiev, mangia cani e gatti tanto che in Ucraina non ce ne sono che rarissimi, che violenta stupra depreda. Le fonti non sono attendibilissime, i dubbi dovrebbero nutrire le menti se intelligenti come pensa Cartesio e non solo lui, ma i dati sono recitati, scanditi, ripetuti dai media, dai Giornaloni, dagli opinionisti trasformisti di cui pullula il mondo come certi, incontrovertibili, indiscutibili. Laggiù, in Ucraina, che l’italiano medio non sapeva posizionare sulla carta geografica fino a 11 mesi fa, si muore. “Per la Libertà”.
Ecco la domanda: che significato ha il giorno della memoria in questo 2023 alla luce della guerra in Ucraina? Che poi sarebbe più precisamente in Donbass, e qui ancora la maggioranza brancola nel buio a spiegare dove trovasi sulla carta dell’Ucraina…
Non è una domanda oziosa, ma fondamentale. Perché, per esempio, La parte lesa e sofferente nella narrazione occidentale della guerra, l’Ucraina, è un paese che si è data una gran daffare ai tempi della Shoà. Dalla parte nazista, però. I reparti ucraini inseriti nella Whermacht, che nel 1941 invase il paese allora parte dell’URSS con l’apporto di truppe italiane, l’Armir, erano molto solerti nella soppressione di loro concittadini di “razza” e religione ebraica.
Uno degli eroi di questa attuale Ucraina invasa e prostrata dagli orchi “mangia gatti”, Stepan Bandera, ha avuto un ruolo di primo piano nella caccia all’ebreo scatenata nei territori invasi dai tedeschi, visti da lui come fondamentali alleati per creare una Ucraina indipendente dall’URSS; ma nemici erano anche i polacchi che minacciavano il nazionalismo ucraino. Si stima che Stepan Bandera, l’eroe nella Ucraina di Zelensky, abbia fatto fuori 60.000 polacchi, e non si tirò indietro nel “dare una mano” ai nazisti contro i giudei.
Non c’è dubbio che la giunta di Kiev – la chiamiamo così giacché con le epurazioni anche adesso in corso, le leggi speciali, la persecuzione della chiesa ortodossa di rito russo assai seguita in tutto il paese, di democrazia non si può seriamente parlare – si rifaccia a Bandera: le sue foto sono visibili negli uffici di molti politici ucraini, la bandiera rossonera dell’Upa sventola ovunque e i gadget con la sua immagine, dalle magliette, alle tazze da tè, alle spille si vendono benissimo. Lo potrebbe confermare l’onorevole Calenda, che si è fatto immortalare per i posteri durante il viaggio (non si sa a che titolo) a Kiev con un collega bisognoso di armi italiane sotto la foto di Bandera, ceffo davvero poco rassicurante…
Tornando al 27 gennaio: non si avverte una “leggera” contraddizione tra il lacrimevole, solenne, retorico, ricordo della Shoà e l’appoggio senza se e senza ma delle autodefinitesi democrazie occidentali ai nipotini di Bandera?
Non c’è contraddizione tra la retorica ufficiale filo ebrea ed antinazista e i voti, bipartisan o quasi, del Parlamento italiano favorevole ad armare un fantoccio che dell’Ucraina ha fatto un campo di battaglia e fornisce coi suoi soldati la carne da macello, tantissima, in cambio di armi che l’Occidente gli fornisce con ammirevole solerzia, prono com’è ai voleri di una cricca militare ma ancor più economica che dall’altra parte dell’Oceano telecomanda l’Unione Europea, l’Inghilterra ed il Canada, terrorizzata dal declino ormai evidente dell’impero Usa? Evidente nella creazione del Brics, nella sempre maggiore insofferenza che il mondo non occidentale, asiatico, africano, sudamericano dimostra per la pax americana fondata sul dollaro.
Per quanto ancora saremo tutti ciechi di fronte alla realtà, e cioè che non Putin, il bieco dittatore malato, pazzo, malvagio ecc ecc, ma altri, quelli del grande reset by covid, ci hanno precipitato in una guerra mondiale, al di là dello stabilirne il numero ordinale?
Mi coglie la disperazione quando mi chiedo: dove vivono gli italiani e non solo, che pensano quando ci propinano bugie menzogne e prese di culo quotidiane? Penso all’ineffabile titolo de “La Stampa” del 23 gennaio: “O la Nato scende in campo o Kiev perderà”. Roba da far accapponare la pelle. Ci vuole un decodificatore per decrittare il significato? E lo dice La Stampa, non un titolo de “il Popolo d’Italia” dell’era fascista.
Come facciamo a sentire parlare di pace, pacifismo senza aver la nausea. Ma non vedo in giro gente che vomita. Invece di guardare il film sulla patetica storia del ragazzino ebreo di 80 anni facciamo un esame di coscienza, io da marxista preferisco il termine autocritica; questa guerra è anche per colpa nostra, quei morti, tutti ci riguardano. E’ colpa nostra che NON sappiamo o non vogliamo sapere colpevolmente la storia del Donbass dal 2014 in poi, che vogliamo ignorare ciò che ci circonda, che beviamo la storia del russo cattivo che mangia gatti (comunque un passo avanti dal sovietico che mangiava bambini), che ce ne stiamo in casa a dire sbuffando: va tutto male, non mi fido più dei politici, che votiamo alle elezioni un’imbonitrice che ci promette di tutto e cattura boss che vivono tranquilli da 30 anni protetti da medici, politici, massoni. E lo cattura quando sta calando nelle capricciose preferenze degli italiani.
Comunque, il 27 si celebrerà il rito nazionale della Memoria; discorsi, interventi, saluti, inni nazionali e no. E se non partecipi al sussiego del momento sei scandalosa… un po’ matta. E tutto tornerà come prima il 28 gennaio.
Zelensky e i nipotini di Bandera avranno le tanto agognate armi, gli uomini al fronte creperanno, i russi si sbaferanno cani e gatti. Il sipario calerà sull’ennesima farsa/tragedia di gente come noi che non vuole pensare, sapere, parlare, ascoltare.
Una buona informazioni sui fatti che nessuno racconta più, non guasta mai!
Brava, come al solito, Floriana.
Terribilmente vero tutto ciò che scrivi e spero che molti possano meditare sulla realtà degli eventi
Grazie Floriana, riesci sempre a togliere polvere dalla mia coscienza e dare un barlume di luce alla mia ignoranza
non sei ignorante per nulla. sei una delle poche persone intellettualmente oneste che conosco.