Cinquantacinque giorni e una notte. Tanto bastò a sconvolgere un paese e a cambiarne i suoi connotati per i decenni a venire. Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, viene rapito il 16 Marzo del 1978 e ritrovato cadavere nel bagagliaio di una Renault R4 il 9 Maggio, quasi due mesi dopo. Tante le ipotesi, le analisi, gli approfondimenti effettuati sulle dinamiche del rapimento, sui luoghi di prigionia lasciando agli atti una sola verità giuridicamente riconosciuta: i responsabili sono stati individuati, le Brigate Rosse hanno confessato.
È un paese in netta ripresa ma allo stesso tempo ancora fragile quello dell’Italia durante la fine degli anni settanta. Come nel resto d’Europa, l’impronta lasciata dal Piano Marshall è ancora tangibile e le rivolte e le proteste della classe operaia la fanno da padrone. l’Italia è socialmente spaccata da moti di ribellione che urlano a gran voce i diritti degli ultimi e, quando la voce non dovesse rivelarsi sufficiente, passando anche per azioni estreme di stampo terroristico. I due principali schieramenti, il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana, dopo mesi -per non dire anni- riescono finalmente a giungere ad un accordo storico: sostenere entrambi il nascente governo Andreotti. Tutto è pronto il 16 Marzo 1978. Aldo Moro esce di casa come di consueto con la sua scorta alle 9:00 del mattino per recarsi in Parlamento e votare la fiducia ma il sogno si infrange ancor prima di iniziare. Il rapimento, il sequestro, la prigionia si diramano per cinquantacinque lunghissimi giorni durante i quali, le trattative per ottenere un esito favorevole partono decisamente tardi e vengono gestite probabilmente con poca convinzione. La iniziale linea della durezza caldeggiata dal suo partito, la DC, si rivelerà essere poi stata con grande probabilità il macigno più grande ad impedirne la liberazione. Le condizioni poste dalle BR sono essenzialmente due: la liberazione di due brigatisti prigionieri e una cospicua somma di denaro. Condizioni non soddisfatte che portarono successivamente la vicenda ad un esito infausto. Secondo alcune fonti le trattative per la liberazione di Moro, che scorsero anche tra i sequestratori e il Vaticano, coinvolsero soggetti che inizialmente avremmo potuto e dovuto reputare del tutto estranei ad una tale vicenda, come ad esempio l’Ambasciata Americana e furono in parte eterodirette. La ricostruzione ufficiale dell’accaduto è parziale, farraginosa, con lacune evidenti e forse volute. Le indagini e le testimonianze vengono coperte dal Segreto di Stato, gli atti permangono per decenni inaccessibili ma al popolo viene fatta accettare volente o nolente la versione ufficiale: Moro è stato ucciso dalle BR e infatti i colpevoli confessano.
Il caso è chiuso per le aule di tribunale ma non per il cuore degli italiani e di chi Moro aveva avuto l’onore di conoscerlo.
La famiglia non ha mai smesso di chiedere giustizia e la riapertura del procedimento minacciando anche il ricorso alla Corte Europea. Il numero di prove, di testimonianze nuove e di ricostruzioni possibili alla luce di nuove tecnologie dovrebbe essere un buon motivo di riapertura delle indagini per lo Stato Italiano che nega questa possibilità ma allo stesso tempo decide durante il governo Conte, dopo la naturale scadenza del provvedimento di secretazione, di prolungare il Segreto di Stato per altri trent’anni. La versione ufficiale inizia a mostrare crepe che in mancanza di un riesame vengono colmate con frasi di circostanza che lasciano trapelare ogni volta qualcosa di inquietante. Secondo alcuni la verità sembra dunque essere conosciuta da chi potrebbe finalmente testimoniarla ma rimane inaccessibile al popolo italiano e non sarebbe più socialmente considerato necessario riesaminare un delitto alla luce di nuove testimonianze.
Permane tra versioni ufficiose, ufficiali e secretate un senso di rammarico e allo stesso tempo emerge un bisogno stringente di parlare e raccontare Moro alle nuove generazioni.
Così ricordiamo un uomo, uno statista che aveva creduto fino in fondo nei valori ispiratori del suo partito e nella forza del suo paese e che cercava faticosamente di portare l’Italia lontano dagli accordi di Yalta per renderla pienamente sovrana. Tra le tante ipotesi solo una questione non lascia dubbi. Chi ha ucciso Aldo Moro ha commesso due delitti: sono morti nello stesso momento un uomo e la Repubblica, per come era stata conosciuta fino a quel momento.
Chi ha ucciso Moro voleva un’ Italia manovrabile
Sarebbe il caso di vedere e discutere insieme il film documento di Tommaso Minniti http://www.noneuncasomoro.com non credete?