Da secoli i filosofi, i dotti, cercano di elaborare una definizione di “scienza”. Apparentemente sembra una delle tante diatribe infruttuose che costellano il mondo della filosofia. Si potrebbe dire che è facile e scontato: basta risalire all’etimologia e la risposta è scodellata. Scio = so. Scientia = ciò che è saputo; conoscenza che possediamo come data, una volta per tutte. L’affermazione scientifica è tale perché supera l’onere della prova sperimentale, è riproducibile e valida sempre. E’ l’affermazione che non si discute, dotata di universalità e generalità.
Galileo sarebbe soddisfatto. Kant idem, per quanto riguarda il mondo fenomenico.
Eppure i teorici della scienza oggi, gli epistemologi, non sottoscriverebbero questa definizione. che è ingenua, per lo meno. L’affermazione scientifica è tale, sostiene K. Popper, perché è falsificabile: vale fin quando non subentra e la falsifica un’altra. La meccanica classica di Galileo ha funzionato finché non è arrivata la teoria della relatività…, che a sua volta potrebbe essere messa in discussione e falsificata da una teoria più completa ed esaustiva… e così via. La validità di un’asserzione scientifica non è data una volta per sempre; Einstein ha polverizzato questo credo. Rassicurante. Ha sostituito un più inquietante limite alle conoscenze definite scientifiche; lo spazio-tempo. La mela di Newton non cade al suolo sempre e dappertutto nell’universo. Molto inquietante. Dopo Einstein un certo Heisenberg ha dato il colpo di grazia alla certezza della costruzione scientifica, formulando il principio di indeterminazione.
Scrive Heisenberg: “nell’ambito della realtà le cui condizioni sono formulate dalle teorie quantistiche, le leggi naturali NON conducono ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere … è piuttosto rimesso al gioco del caso”.
Traduciamo in parole semplici: NON si può sapere tutto…Molto sì, tutto no, con granitica certezza non si può. La scienza nelle sue formulazioni non ha fondamenta di cemento, è piuttosto una costruzione su palafitte, i cui basamenti possono erodersi, consumarsi, distruggersi.
“Le magnifiche sorti e progressive” del sapere dell’uomo sono tali, certo, ma procedono con rivoluzioni nell’ambito della scienza che rimettono in discussione all’improvviso teorie e leggi ritenute inamovibili. La costruzione tolemaica è durata millenni, finché l’intuizione di Copernico e le dimostrazioni di Galileo e Keplero non l’hanno resa obsoleta: il progresso verso un mondo comprensibile una volta per tutte, leggibile, godibile dalla mente umana procede senza essere definito raggiunto una volta per tutte.
Se la gente apprezzasse Dante, verrebbe voglia di citarlo. Scrive nel Purgatorio, canto terzo: “state contenti ,umana gente al quia; ché se potuto aveste vedere tutto, mestier non era parturir Maria”.
Un monito da tenere presente per i positivisti accaniti e accecati dall’idea di una scienza onnipotente e onnisciente.
Dante è uomo del medioevo cristiano; la teologia, non la filosofia o la scienza, dà risposte certe, indiscutibili, univoche ai grandi interrogativi dell’uomo.
L’uomo ha davvero così bisogno di risposte certe e indiscutibili? Razionalmente no, forse. A livello psicologico sì, non mi sento di negarlo. L’ansia che prende di fronte all’enigma della morte, di ciò che può aspettare l’uomo oltre la morte, di un eventuale giudizio superiore sul nostro operare, non è credenza che è stata trasmessa dai preti cristiani o dai sacerdoti delle diverse fedi religiose. Riguarda l’essere uomo. E la voglia di darsi una risposta è spesso fonte di angoscia. La fede in un dio, in un essere “altro da noi” e più potente di noi, la placa, altrettanto spesso. In un dio qualsiasi, intendo.
In questi mesi di angoscia e paura a livello mondiale a causa del covid 19, malattia sconosciuta fino ad un anno fa e letale per molti, questo Dio ha indossato il camice bianco del biologo, del chimico, del medico, del moderno sciamano. Un dio che non pretende di dire se andremo all’inferno o in paradiso, roba non scientifica, né se commettere atti impuri è poi così grave: ma è lui che ci ha dettato per mesi e continua tuttora a dettarci, una sorta di nuovo decalogo. Regole, precetti, addirittura dogmi, in cui dobbiamo ciecamente credere, a cui ciecamente obbedire perché.. perché sì. “Ipse dixit”.
Questo Dio, anzi questi dei, perché sono tanti, quella di oggi è una religione politeista, ha un sacco di fedeli. Fedeli in senso etimologico, intendo. Seguaci che non discutono ciò che viene asserito, non dubitano mai. Nel suo tempio, il laboratorio, il nuovo dio elabora un sacco di teorie, compie un sacco di scoperte, cambia la nostra vita: fa SCIENZA. Lui SA. Non sbaglia mai, i suoi fedeli credono così. Oddio, a volte sì, ma per loro non conta. Alla faccia di Heisenberg. Racconta ogni giorno usando la televisione e i media compiaciuto quanto di stupefacente ha compiuto. LUI ha debellato malattie, ha creato energie pazzesche, ci manda a spasso nel cosmo, ha migliorato la vita dell’uomo, di ogni uomo. Innegabile.
Basta per farne un Dio, anzi, Dio?
Davvero nel mondo contemporaneo l’uomo suo fedele muore senza sentire più il bisogno di chiedersi dove sta andando mentre il respiro si ferma? E’ davvero contento il suo fedele, gli basta di sapere che tutto accade perché il cuore si arresta, i polmoni cedono a causa di un batterio o di un virus, o di un tumore? Può essere che a molti basti. Personalmente non credo che sapere ciò mi basterà, pure se aderisco al materialismo storico e non considero la storia umana come il progressivo manifestarsi dello Spirito..
So già che la spiegazione che darebbero ai miei dubbi e tormenti questi nuovi dei in camice bianco, condita con aria di sufficienza e un pizzico di disprezzo, è che ciò dipende dal fatto che io sono una profana di cultura umanistica, vade retro, nonché di formazione cattolica, borghese cattolica per la precisione. Ed è verissimo. Che sono tutto questo, intendo.
La spiegazione che mi do io, e ci ho passato la vita a farmi queste inutili disturbanti domande, hic et nunc, non assolutizzo mai le mie riflessioni, è che se dubito di tutti gli apparati di fede, di tutti i dogmi, di tutte le credenze assertive, devo allora dubitare necessariamente anche di questi nuovi dei e dei loro decaloghi. Dell’esattezza assoluta della misurazione dei loro parametri vitali, della precisione delle loro apparecchiature, dell’incrollabilità delle loro teorie. Che sono valide certo, ma in uno spazio-tempo ben determinato, fino alla prova contraria, che può arrivare, non “per sempre”. O, come diceva Giovanni Falcone parlando di altro, valide sì, ma per un “per sempre” umano.
Che fare di questi nuovi dei in camice bianco che straparlano di morte di Dio, fine della superstizione religiosa, distruzione delle credenze soprannaturali? Non irriderli né deriderli, anche se qualcuno a volte lo meriterebbe. Quando sostiene, per esempio, che il vaccino Anticovid è “la scoperta scientifica più sensazionale mai compiuta dalla medicina”. Incredibile. Buttati via in un solo colpo Jenner, Pasteur, Fleming e qualche centinaio di medici, biologi, chimici del passato …
Occorre ridimensionare questi dei riportandoli alla loro fragile e presuntuosa natura umana. Considerare le loro verità “cum grano salis”, senza dimenticare che sono come noi. Degli uomini, molti dei quali invidiosi, arroganti, superbi, egotici … narcisisti. Avidi di potere, e la scienza nella società capitalistica dà un grande potere.
Se ridimensioneremo i nuovi dei, e possiamo farlo agevolmente, se pensiamo e riflettiamo che non ci possono, neppure loro, dare le risposte che veramente inquietano l’uomo da milioni di anni: chi siamo, dove andiamo, che senso ha il nostro esistere; per intenderci, le domande del pastore errante per l’Asia di leopardiana memoria; saremo meno disposti a credere senza porsi dei dubbi, più consapevoli dei nostri limiti, dei nostri progressi, delle nostre enormi potenzialità e fragilità. Perché la bellezza dell’essere uomini è che siamo sempre in cammino, e che non possiamo mai dire di essere arrivati a “sapere”. Neppure oggi, su quei minuscoli, letali, chiacchieratissimi virus…