Finita la tregua temporanea, è ricominciato l’orrore e il macello dei bambini palestinesi. I messaggi di addio dei giornalisti ancora in vita
“Non so quanto tempo resterò in questo mondo, ma spero di aver lasciato impresso a tutti un bel ricordo che vi rimanga per sempre nei cuori”, ha scritto Ayman Algedi, giornalista con 950 mila follower su Instgram. “Ora si tratta di vita o di morte. Ho fatto quello che ho potuto. Siamo circondati dai carri armati israeliani – ha postato Motaz Azaiza (15,5 milioni di follower) -. La fase di rischiare la vita per mostrare al mondo cosa sta accadendo è passata ed è iniziata la fase di cercare di sopravvivere. Ho mostrato abbastanza e Dio lo sa che ho fatto tutto per Lui e per il mio paese. Ora stiamo vivendo sotto un assedio interno. Non possiamo andare né al sud né al nord. I carri armati israeliani stanno circondando l’area centrale da sud a nord. La situazione è molto più tragica di quello che si possa immaginare. Ricordatevi che non siamo contenuti da condividere, ma una nazione che sta venendo uccisa e stiamo cercando di non subire una pulizia etnica. Come siamo soli!”. “Stiamo aspettando la nostra morte – ha scritto Ismail Jood (907 mila follower) -. I giorni che verranno sono difficili e nessuno sopravviverà. Per 60 giorni abbiamo vissuto una vita anormale, senza dormire, senza cibo, senza bere. Ogni giorno abbiamo detto addio a un membro della nostra famiglia e a un amico. Non abbiamo più niente per cui piangere. La vita non è più vita a Gaza”. E Wizard Bisan (2,8 milioni di follower): “Non ho più alcuna speranza di sopravvivere come avevo all’inizio di questo genocidio e sono certa che morirò nelle prossime settimane o forse giorni. […] Soffro di incubi che assomigliano così da vicino alle realtà che non distinguo più tra realtà e sogno. Vivo in un mondo diverso da quello che cercavo di costruire. Sono un’attivista della comunità che viveva della fantasia che il mondo fosse libero e giusto, e ho cercato di portare diritti non solo alla mia gente, ma a molti uomini e donne nei paesi del terzo mondo! […] Il mio messaggio al mondo: voi non siete innocenti per quello che ci sta succedendo, voi come governi o popoli che sostenente l’annientamento del mio popolo da parte di Israele.
Non vi perdoneremo, non vi perdoneremo, l’umanità non vi perdonerà, non dimenticheremo, anche se moriremo, la storia non dimenticherà mai”. Sono l’ultimo testamento, i messaggi di addio al mondo, che quasi tutti i giornalisti e fotoreporter che hanno scelto di rimanere nella Striscia di Gaza, per testimoniare il genocidio in atto e la catastrofe umanitaria, e non sono ancora stati uccisi, avvertendo l’imminenza della morte, hanno scritto nel secondo giorno di ripresa delle ostilità, sabato 2 dicembre, dopo l’uccisone di altri due giornalisti, Mohammed Farajallah e Montaser Al Sawaf, cameraman dell’Anadolu Agency. Con le loro morti il numero totale di giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre al’1 dicembre è salito a 76, secondo quanto riportato da “Euro-Med Human Rights Monitor” (61 confermati anche dal CPJ – “Commitee to Protect Journalists”). Stamattina, domenica 3 dicembre, il fotoreporter Ali Jadallah (1,4 milioni di follower), scortato anche da Motaz Azaiza, è riuscito a far evacuare sua moglie e i suoi figli fuori Gaza da Rafah verso l’Egitto. Ali e Motaz, invece, hanno deciso di tornare indietro e restare. Ma chi resta, ormai, ha perso ogni speranza. Dopo 7 giorni di ‘grazia’ concessa da Israele – che non ha coinciso però né con lo stop delle persecuzioni a danno dei palestinesi nelle altre località della Palestina né con lo stop all’arresto di bambini e civili nella zona della West Bank (Cisgiordania) né con lo stop agli attacchi israeliani verso la Siria e il Libano -, infatti, è finita la tregua umanitaria, che ha permesso ai feriti di essere in parte curati, ai civili di ricevere aiuti umanitari come cibo e acqua, e alle persone di poter tirare un flebile respiro dopo oltre 45 giorni di bombardamenti continui, e a Gaza è ricominciato l’orrore. L’inferno targato Israele.
Venerdì mattina, 1 dicembre, sono ripresi i bombardamenti in diverse zone della Striscia di Gaza, che hanno subito provocato la morte di 30 palestinesi, tutti bersagli civili. Diversi edifici residenziali sono stati colpiti e molte persone sono state ferite o sono rimaste sotto le macerie delle loro abitazioni, tra questi molti bambini e neonati. Le forze israeliane hanno lanciato migliaia di volantini per avvertire la popolazione civile di fuggire verso sud e poi, nello stesso giorno, in modo del tutto vile e ignobile, hanno bombardato prima la città di Khan Younis e poi anche Rafah, verso cui erano stati indirizzati gli sfollati. Ieri, 2 dicembre, i negoziati per la tregua mediati dal Qatar sono falliti, e i bombardamenti sono proseguiti senza sosta nella città di Deir Al Balah, nel centro della Striscia di Gaza, e a Shujajya, nel nord, dove le bombe hanno ucciso almeno 1000 persone, lasciando una devastazione totale. Interi quartieri con i loro abitanti rasi al suolo. Spazzati via. Spariti. Completamente cancellati. Sono rimaste solo macerie grigie e immensi crateri nella terra. “Ora la Striscia di Gaza si sta dividendo in tre parti – ha spiegato Motaz Azaiza -, il nord di Gaza, la zona centrale e Deir Al Balah, e Khan Younis e Rafah. I movimenti stanno diventando quasi impossibili, non c’è nessun posto sicuro e la gente non sa dove andare”. “Non possiamo andare né a sud né a nord – ha confermato la giornalista Plestia Alaqad (4,1 milioni di follower) -. I carri armati israeliani stanno circondando l’area centrale da sud a nord.
La situazione è più tragica di quello che si possa immaginare”. Nei suoi attacchi Israele si avvale prevalentemente del “carpet bombing”, bombardamento a tappeto, che non è finalizzato alla distruzione diretta degli obiettivi militari, ma consiste nel colpire in modo indiscriminato vaste aree urbane, allo scopo di distruggere il morale della popolazione e far desistere la resistenza. La tv araba “Al Jazeera” ha riportato che Israele sta usando anche il “BLU-109 bomb”, una bomba a penetrazione rinforzata usata dagli USA, destinata a penetrare nei rifugi di cemento e altre strutture fortificate prima di esplodere. Lo scrittore Khaled Beydoun (1,6 milioni di follower) spiega che Israele avverte la popolazione civile di evacuare zone specifiche che intende bombardare, ma con un preavviso solo di 30-45 minuti: “Sanno che le persone non possono evacuare in tempo e che non hanno alcun posto dove andare”. Inoltre “Gaza Medic Voices”, organizzazione internazionale di medici e chirurghi, riporta che per gli avvisi di evacuazione Israele ha iniziato a usare un sistema a griglia numerato, a cui si accede tramite un codice QR su volantini che cadono dal cielo e tramite social media, modalità che ha contribuito a gettare ancor più confusione e terrore tra i civili in affanno per trovare rifugio contro i pesanti bombardamenti. Gli attacchi devastanti da parte di Israele su una delle zone più densamente popolate al mondo proseguono senza sosta anche oggi, domenica 3 dicembre, terzo giorno dalla fine della tregua, e, stando a quanto mostrano i giornalisti palestinesi sul campo, la priorità sembra essere sempre e solo una: bombardare i civili palestinesi e uccidere i bambini.
Secondo Ali Jadallah “i bambini a Gaza sono stati il primo obiettivo di Israele in ogni attacco”. “Una guerra sui bambini” l’ha definita anche James Elder, portavoce di UNICEF. Tramite i valorosi giornalisti che hanno deciso di restare nella Striscia di Gaza e testimoniare il massacro e l’orrore, ci giungono ogni giorno, da ormai ben 50 giorni, immagini e video sconvolgenti. In tutta la Striscia è in corso una vera e propria strage arbitraria di civili, giornalisti e bambini innocenti, congiunta a continue azioni di sopraffazione, razzismo, violenze e abusi nella West Bank, territorio occupato da decenni, dove con droni le forze israeliane, oggi, hanno avvertito i residenti di non cercare di resistere in alcun modo, oppure verranno uccisi tutti. Un concentrato di operazioni di pulizia etnica peggiori che ai tempi di Hitler. Le immagini, i filmati e le testimonianze dell’Olocausto degli ebrei dal 1941 al ’45 ci sembrano orribili, tanto disumane da essere incomprensibili e da far sorgere la domanda: “Come’è potuto succedere tutto questo?”. Ma ci sembrano anche così distanti dal nostro mondo a colori, dal nostro modo di vivere, essere e pensare, da sembrare appartenute a un tempo che non sarebbe mai più potuto tornato, che non sarebbe mai più stato possibile neanche immaginare potesse tornasse. E invece è successo un’altra volta. Nella Striscia di Gaza si sta consumando una tragedia e una catastrofe umanitaria terribile. La terra è testimone, ancora una volta, di atroci crimini contro l’umanità che stanno avvenendo con il beneplacito, la complicità e il silenzio dei leader mondiali e dei media occidentali. Mentre nel caso della guerra tra Russia e Ucraina il mondo occidentale, UE compresa, ha subito condannato la Russia e le sono state imposte sanzioni massicce e senza precedenti, il mondo occidentale continua a tessere relazioni e rapporti economico-commerciali con Israele come niente fosse. L’informazione trasmessa dalla maggior parte dei giornali e TV occidentali nazionali è parziale, unidirezionale e pilotata: racconta, in modo complice, solo una parte della realtà, la versione israeliana dei fatti, contribuendo a trasmettere la visione del mondo e le giustificazioni – ingiustificabili – di chi detiene un potere economico e miliare enorme, essendo Israele supportato dagli Stati Uniti e avendo l’aviazione più potente in Medio Oriente, usato per sopraffare una popolazione inerme.
Il silenzio dei leader e dei media occidentali davanti a questo genocidio, questa pulizia etnica operata da Israele, crea un precedente che mette in pericolo tutta l’umanità. Non ci sono più leggi che garantiscano la protezione dei civili e dei feriti. O meglio, ci sono, ma Israele non le rispetta e gli Stati che potrebbero farle rispettare non intervengono su Israele. Il diritto internazionale umanitario in caso di guerra (DIU) e le Convenzioni di Ginevra, in questi 50 giorni di assedio, sono stati e vengono continuamente e completamente ignorati da Israele. Un intero popolo sta per essere cancellato della sua terra senza nessuna pietà. Gli stati occidentali non osano criticare né contrastare Israele a causa dell’olocausto degli ebrei, ma l’olocausto di allora non può essere utilizzato per scagionare Israele dalla strage d’innocenti che sta facendo ora, così come il 7 ottobre non può giustificare l’annientamento totale di un popolo. A Gaza l’umanità ha completamente fallito.
* Fronte del Dissenso Reggio Emilia