E’ il caso del Codacons, acronimo dietro il quale si cela il Coordinamento per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, nato nel 1986. Questa associazione avrebbe proposto di effettuare il TSO per tutti coloro che, finita la quarantena, ritornano in treno dalle regioni del nord nella regione calabrese e si rifiutano di effettuare il tampone che serve come test per rilevare un eventuale contagio da CoronaVirus.
Notizie ancor più gravi ci giungono, sempre dal sud d’Italia. L’utilizzo di tecniche repressive nei confronti di chi si oppone al regime attuale sarebbe ormai diventato una realtà, citiamo testualmente dai resoconti dei nostri comitati territoriali siciliani:
“A Catania la Questura ha comunicato al sindacato, che aveva comunicato lo svolgimento di una manifestazione per giovedì, che non intende consentire manifestazioni in ottemperanza al DPCM …. è bastato che ad Agrigento una sola persone girasse con la macchina con amplificazione, incitando alla rivolta, perché intervenisse la polizia e venisse effettuato un TSO con sedazione forzata sul posto”.
Ora, ricordiamo sommessamente che l’art.32 della Costituzione Italiana recita:
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della libertà umana”.
Il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) consiste nel ricovero coatto e forzato di una persona che viene, dunque, momentaneamente privata della sua libertà personale, perché ritenuta una minaccia per sé o per la salute pubblica.
A norma di legge, un tale trattamento, altamente lesivo dei diritti dell’individuo, può aver luogo soltanto in determinate circostanze, ovvero quando il paziente presenta problemi psichiatrici, che lo rendono potenzialmente pericoloso per sé stesso e per la sua comunità, in altre parole il paziente deve trovarsi in uno stato di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici, come nel caso di un uomo che stia minacciando un suicidio, oppure un tossicodipendente in stato di astinenza.
Si tratta in ogni caso di una misura controversa, non priva di ombre, la cui applicazione rigida è stata causa talvolta di episodi luttuosi.
Il 5 agosto 2015, un uomo di 45 anni, Andrea Soldi, sofferente di problemi psichici (schizofrenia paranoide), si trovava seduto su una panchina dei giardini pubblici di un quartiere di Torino, quando venne prelevato dai vigili urbani, in seguito alla richiesta del padre, per essere portato in una struttura ospedaliera, L’uomo, prelevato e posto rudemente su una barella, morì di soffocamento nel corso del tragitto in autoambulanza. Ne nacque un processo, con l’accusa di omicidio colposo, e la sentenza di primo grado fu un anno e otto mesi di carcere per lo psichiatra e i tre vigili urbani incaricati di seguire le diverse fasi del TSO.
Vogliamo davvero che un qualsiasi cittadino italiano debba subire analogo trattamento per il semplice fatto di rifiutarsi di effettuare un test, la cui efficacia dal punto di vista scientifico è dubbia? Urge la necessità che si apra, nel nostro paese, un ampio dibattito sulla reale legittimità di norme, che sono contrarie allo stato di diritto.
*Alberto Melotto è membro del Comitato Popolare Territoriale di Torino