DAD: Davvero ancora Dormienti?
Sí, perché è quello che ci chiediamo un po’ tutti in questo periodo. Perché non si è mosso ancora nulla di grosso? Troppo presto? Arriverà la contestazione? Ora, non ho la pretesa di trattare questo tema oggi, porterebbe via infatti troppo tempo e richiederebbe alcune analisi che non credo di saper fare. Piuttosto, dopo lo scorso articolo, volevo dare continuità alla tematica giovanile. In particolare, proverò ad individuare i due fronti, le 2 barricate. Nello scorso articolo, appunto, evidenziavo le contraddizioni dello schieramento del “ritorno in sicurezza” e mi domandavo implicitamente dove queste posizioni avrebbero potuto portare il movimento studentesco nazionale… insomma quello che ne è rimasto.
Devo constatare, rammaricato, che questa fazione politica del ritorno in sicurezza è ancora forte e lo sarà ancora a lungo. E parlo anzitutto dei compagni di Fgc. Ma, solo per un attimo, vorrei discostare l’attenzione da questo argomento per individuare, come dicevo, i tipi medi dei due schieramenti.
I pro-DAD
Chi è il pro dad? Il pro dad è tendenzialmente di una classe sociale precisa, come i no dad. È solitamente uno che non ha problemi di connessione, perché si può permettere una buona rete internet e può starsene nella sua “umile” dimora stravaccato sul divano.
Il pro dad ha una paura terribile del virus, ma poi lo vedi al pomeriggio fumarsi la sigaretta nelle vie della città noncurante del Covid.
Il pro dad sa che la scuola è così più facile, non si preoccupa dei buchi di apprendimento che ha, perché la scuola l’ha sempre vista come una rottura. Tuttavia, lo ammetto, su questo sarebbe necessario, in realtà, ritornare poiché è vero che alcuni verso la scuola non hanno alcun tipo di interesse ma altri, invece, sono soltanto scoraggiati da un sistema educativo che fa acqua da tutte le parti.
Non siamo ancora abbastanza precisi: il Pro Dad può essere un cazzaro, uno svogliato che tanto se la scuola c’è o non c’è, cambia pochissimo.
Ma esistono anche Pro Dad che sono realmente spaventati dal virus, i quali sarebbero ben lieti di tornare a scuola se ci fossero le condizioni. Questi sono certamente, a livello di formazione, più vicini ai No Dad. Si schierano, però, per necessità temporanea, dalla parte dei sostenitori della Dad. Su questi si deve e si dovrà sempre lavorare, affinché non aderiscano per inerzia al movimento degli svogliati.
Poi esistono i veri nemici. I nemici sono quelli che sono dei fautori della Dad e delle varie digitalizzazioni presenti e future. Questi sono ben più pericolosi degli svogliati pro Dad poiché i nullafacenti, come categoria, sono sempre esistiti anche quando sui banchi di scuola c’erano i calamai.
I miei coetanei “tifosi”, in tutto e per tutto, della Dad li censisco intorno al 5 – 10% del totale della popolazione scolastica. E la percentuale sarebbe anche più alta, badate, se il ministero avesse messo a disposizione degli studenti, medi ed universitari, i laboratori scientifici indispensabili anche per i più scientisti. Se fosse stato fatto, ringraziamo ironicamente il ministero per la sua inefficienza, oggi avrei detto che abbiamo dalla parte dei nemici il 20% degli studenti.
I no-DAD
Il no dad è tendenzialmente un proletario. Non riscopro questa classe per nostalgia di termini marxisti, piuttosto perché ho sempre pensato che le superiori fossero il momento della vita in cui incontriamo persone con estrazioni sociali le più differenti (certo, ci sono poi le scuole private e quelle privilegiate in cui si fanno analisi e statistiche di reddito): il tuo compagno di classe può essere uno straccione come un riccone che “poco” cambia.
Il no dad quindi sa cosa significa stare in una casa piccola, angusta, tutto il giorno. Il no dad comprende, non appieno è vero, che la scuola è un presidio sociale in cui le differenze economiche vengono livellate.
Il no dad è quello che, paradossalmente, sebbene voglia andare a scuola, rischia di abbandonarla.
Il no dad, in conclusione, apprezza anche la socialità dell’ambiente scolastico perché, molto banalmente, per lui scuola non equivale solo a studio bensì amicizia e divertimento, oltre che a riscatto sociale.
E per fortuna NOI No Dad, mi inserisco anche io se mi è permesso, siamo fortunatamente ancora la maggioranza. Per ora.
Nel mondo della politica studentesca le cose non vanno certo meglio
E all’interno del mondo studentesco organizzato qual è la corrente predominante? Premessa: la sinistra radicale, non solo a livello studentesco, in questi mesi si è dimostrata totalmente impreparata all’impatto della crisi.
Taglio la testa al toro: se le poche organizzazioni giovanili di destra non combattono per tornare a scuola (da verificare comunque) la sinistra giovanile sicuramente non fa di meglio.
Sulla scia degli adulti la tentazione dello slogan “una Dad che funzioni”, a sinistra, obiettivamente c’è. Ed è palpabile. Questo avviene soprattutto per la questione della tutela della salute. Una tematica oramai elevata al di sopra di tutto e tutti nel dibattito politico mentre imperversa una crisi devastante, che offusca le menti dei sinistrati interessati soltanto alle dinamiche del ritorno in sicurezza quando, credo di aver già dimostrato nello scorso articolo, risulta sempre un buco dell’acqua una rivendicazione formulata in questo modo, alla quale si può rispondere banalmente “non ci sono”. Ma questa è ormai la posizione degli ex rizzani, di Fgc, freschi di una nuova creazione il “Fronte Comunista”.
L’esempio di Genova….
Come al solito porto al lettore l’esempio di Genova non perché abbia un feticcio nei confronti di questa città, ma perché la conosco bene e conosco altrettanto bene i compagni che sono attivi nel mondo della scuola. Persone che hanno lavorato alle battaglie studentesche sia al liceo che all’università. Tralasciando che è una città morta, mi perdonerete lo sfogo, tralasciando che non si è mosso nulla, l’esperimento più interessante è sicuramente quello di lotta comunista. O meglio, del collettivo “civetta”, “cavallo di troia” che hanno creato. Si chiama 16100, già ne ho parlato nel precedente articolo e sicuramente non in modo entusiastico. Credevo che fosse qualcosa di estemporaneo, che sarebbe morto da lì a poco. Invece, dopo esser stato ad un loro presidio, devo constatare che sono ancora vivi. Certo, un presidio non particolarmente coinvolgente e da cui traspariva un po’ di inesperienza nell’organizzazione ma, tutto sommato, riuscito. Ora, non diamo però all’avversario più meriti di quelli che gli spettano. Era un presidio con la Cgil. Certo non mi meraviglio, ma di sicuro non starò qui ad esaltarli perché anche in questo caso la contraddizione del ritorno in presenza in sicurezza, sebbene meno frequente di quanto faccia Fgc, è comunque individuabile.
È importante anche, però, analizzare come si comportano gli organi degli studenti “istituzionali “. Sempre come esempio porto la consulta provinciale di Genova: è stato fatto un sondaggio su 27000 studenti, in cui veniva chiesto un loro parere su quando si sarebbe tornati a scuola. A questo sondaggio hanno risposto solo in 7000. La maggior crede (a quanto trapela) di non tornare nel breve periodo a scuola. Ora, oltre a sottolineare il pericolo di questa disillusione sempre più presente, vorrei aggiungere che i rappresentanti della consulta hanno interpretato a modo loro questi dati: con una “logica” equazione, questa opinione di molti studenti si è tramutata, come per magia, in un qualcosa di altro vale a dire “Gli studenti non vogliono tornare in presenza”. L’operazione è dunque la seguente: “Gli studenti non pensano di tornare a breve a scuola? Ciò significa che non ne hanno la volontà!”. Perché questa equazione è fallace, foriera in molti punti? Perché non tiene conto di alcune condizioni. Anzitutto del clima di panico generale che forse solo negli ultimi mesi si è leggermente stemperato (infatti la gente ha iniziato a tirare su la testa). Se poi si portasse come argomentazione che non ci sono state grandi mobilitazioni in tal senso, per il ritorno in presenza, si dovrebbe rispondere che:
- Da anni non si muove nulla sul terreno studentesco, anche quando cadevano pezzi di cornicione sulle teste degli studenti. Allora, di conseguenza, tutti gli studenti hanno voglia di beccarsi un pezzo di muro in testa? Non credo proprio.
- Non è assolutamente vero che non si stia muovendo nulla. Chi lo pensa, e magari è genovese, non può che considerare la sua città come una anomalia. Certo siamo ai primissimi vagiti, ma Milano già si è mossa nei giorni scorsi con occupazioni (TOTALMENTE SNOBBATA DA MOLTI GRUPPI DELLA SINISTRA RADICALE) che hanno dato un impulso notevole alla decisione di riaprire le scuole, salvo poi essere vanificata dalla dichiarazione di zona rossa.
Una riscoperta poco gradita…
Ed in questo scenario inedito ritroviamo anche Uds, unione degli studenti. Sembravano scomparsi, invece ecco che tornano alla ribalta. Si dice che a Genova stiano riacquistando terreno dopo anni di vani tentativi, che a Milano ci siano dietro loro alle 10 occupazioni dei giorni scorsi. È davvero un qualcosa di inaspettato, ma in questo periodo ci si può aspettare di tutto.
Per la cronaca, per chi non lo sapesse, Uds è una rete studentesca che esiste dagli anni ’90 che pare “se la faccia” con la Cgil da sempre. Ultimamente era molto ridimensionata, chissà che non abbia nuovamente successo.
Le università sono un territorio perso in partenza
Bisogna puntare sui medi. Soprattutto a livello universitario stanno nascendo alcuni coordinamenti pro DAD , al fine di mantenerla anche dopo la fine dell’emergenza, quando e se finirà. Viene da chiedersi se sia ancora un campo coltivabile, florido. Diversa è la situazione al livello di licei, in virtù delle riflessioni fatte anche in precedenza. Provo qui di seguito a sintetizzare le principali differenze:
1 gli universitari incarnano l’élite, gli erasmusiani per eccellenza. Al liceo e agli istituti tecnici ci passano tutti, anche i ceti popolari, ragazzi che poi andranno a lavorare.
2 quelli che sono adesso all’università si sono beccati tutti la propaganda europeista e globalista e, se sono lì (certo non tutti quelli che vanno all’università sono i garantiti e “i benestanti”) sono spesso di un’estrazione sociale “più alta”. Non solo, gli universitari di adesso si sono sorbiti tutti i progetti filoeuropei nei licei, negli anni passati. Va da sé che, quando si è in periodo adolescenziale, si tende ad assorbire tutto come una spugna. I liceali di adesso invece, i più piccoli e i ragazzi delle medie, sono entrati nella scuola con la crisi economica già esistente ed imperante che non è mai finita. Quindi sono certamente, per un fattore di età, da una parte più disponibili all’ascolto ma, dall’altra, hanno visto e vissuto il deteriorarsi della scuola, anche in senso fisico, davanti ai loro occhi.
Non resta altro che aspettare, cercare di intercettare i vari segnali e sperare che gli studenti, prima o poi, siano nuovamente un’avanguardia politica.
*Filippo Dellepiane è membro della Direzione Nazionale di Liberiamo l’Italia
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