Pubblichiamo di seguito una riflessione di Luca Dinelli sulla questione del partito. Su questo tema la I Conferenza nazionale di Liberiamo l’Italia, tenutasi nel novembre 2020, approvò un suo apposito documento di tesi.
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Di fronte alla crisi profonda della democrazia che colpisce il nostro paese, è giunto il momento di interrogarsi sulle prospettive reali di contrasto all’autoritarismo dilagante e ai possibili rimedi che possano condurre al ripristino dello stato di diritto.
E’ necessario mettere in discussione un aspetto mai contestato all’interno delle democrazie occidentali, nonostante negli anni sia stata messa sotto accusa la deriva partitocratica che ha caratterizzato in specie l’Italia, tanto che nei decenni scorsi si è parlato di “democrazia bloccata”, in riferimento all’immobilizzazione di ogni istanza di cambiamento che faceva leva proprio sulla cristallizzazione di interessi facilitata dalla strutturazione partitica.
Il fenomeno, tuttavia, non è assente neppure nelle altre democrazie europee, dove i partiti anziché cinghia di trasmissione delle istanze delle popolazioni, sono divenuti spesso strumento di conservazione. Un discorso a parte meriterebbe il sistema politico statunitense, in cui le configurazioni repubblicana e democratica hanno caratteristiche molto diverse dai partiti che conosciamo in Europa. Non è assolutamente questa la sede per affrontare questo argomento, ma ci tengo a sottolineare che nelle riflessioni che abbozzerò di seguito non intendo minimamente proporre un avvicinamento al modello americano, che anzi considero viziato da problemi enormi e del tutto specifici.
Quindi, il primo punto che voglio affrontare è relativo all’attualità della forma partito, come centro nevralgico attorno al quale si dovrebbero coagulare le istanze dei cittadini per poi vedere adeguata rappresentanza.
Il partito per sua natura dovrebbe essere una struttura stabile, caratterizzata da continuità nel portare avanti alcuni macro temi fondativi. Non a caso, questo zoccolo duro di elementi è stato rappresentato fino a tutto il ‘900 dalle ideologie, che, in senso lato, raggruppavano un sistema strutturato di idealità in grado di racchiudere una visione del mondo e della società, un approccio al mondo del lavoro, una concezione delle istituzioni e del loro funzionamento.
Credo che sia davanti agli occhi di tutti il crollo di questi sistemi strutturati di idealità che costituivano la giustificazione del partito. In assenza di ideologie, da intendersi, ripeto, come concezioni stabili di approccio alla società e alle forme di relazione declinate nel diritto, il partito diventa un simulacro svuotato di contenuto. Nell’epoca del pensiero unico la forma partito è tutt’al più un comitato d’affari o un’associazione d’interessi estremamente mutevoli da una legislatura all’altra o all’interno della stessa legislatura.
Dobbiamo quindi trarre le conclusioni, dicendo che il partito tradizionalmente inteso è morto e nessuno può pretendere di resuscitarlo. Del resto, basta osservare la realtà degli ultimi anni per capire quanto le forme residuali di partito rimaste in essere si somiglino, come non trovino alcuna giustificazione in un’idea alternativa di società, come siano totalmente svuotati di potere, quanto siano affetti da quell’eterogenesi dei fini, che si traduce, appena raggiunta una minima rappresentatività, dall’unico spasmodico sforzo di raggiungere e conservare una rappresentanza nelle istituzioni.
Da molti viene denunciato, in maniera allarmante, lo svuotamento di reale potere da parte delle istituzioni, ma mi chiedo e chiedo come possa realizzarsi un argine a tale deriva se lo strumento per promuoverlo è rappresentato da formazioni politiche che hanno queste caratteristiche. E mi chiedo perché e come un partito neonato dovrebbe mantenersi nel tempo esente da quell’involuzione che ha caratterizzato tutti i partiti esistenti, senza eccezione.
Abbiamo sotto gli occhi la tremenda disfatta del Movimento 5 Stelle e della Lega. Sottopongo all’attenzione di tutti la trasformazione profonda che si è verificata all’interno di entrambi i partiti negli ultimi dieci anni, tanto da lasciare invariato solo il nome, pur nell’avvenuta mutazione di obiettivi, strategie, relazioni con le forze politiche circostanti.
Quello che oggi è realmente possibile si limita alla formulazione di alleanze e associazioni di scopo.
Tutto questo potrebbe tradursi coerentemente nella formazione di liste, in occasione di ogni appuntamento elettorale, che trovino la loro ragion d’essere in un programma dichiarato. Affinché esso non sia tradito a partire dal giorno successivo all’ottenimento del consenso, è necessario istituire una forma di controllo popolare in grado di revocare il mandato all’intera lista, qualora l’operato dei rappresentanti sia difforme al programma. Non sto parlando di vincolo di mandato al singolo eletto; non servirebbe a niente. La lista deve essere responsabile degli impegni presi e deve essere sottoposta a verifica periodica, attraverso consultazioni ravvicinate rispetto all’attuale quinquennio. Ovvio che l’attuazione di quanto scrivo deve essere oggetto di attenta meditazione per le inevitabili difficoltà tecniche di declinazione pratica. Ma bisogna cominciare ad interrogarsi su questi aspetti. Se in questi anni abbiamo assistito allo svuotamento sostanziale delle funzioni del Parlamento e allo straripamento dei poteri del Presidente della Repubblica, dobbiamo prevedere l’istituzione di idonee forme di garanzia che riportino il potere in mano al popolo.
La situazione attuale può essere sintetizzata nel modo seguente: il potere appartiene solo formalmente al popolo che non lo esercita mai, vuoi perché i partiti, una volta ottenuto il consenso, rispondono a concrezioni di potere esterne alle istituzioni, vuoi perché il potere residuo che accidentalmente gli era stato lasciato è stato ceduto ad organismi extra nazionali, che col popolo stesso hanno un legame estremamente mediato o nullo.
Di fronte a un’emergenza democratica di tali proporzioni, è necessario avviare una riflessione che investa ogni aspetto della vita democratica, sottoponendo ad un’analisi critica radicale persino le forme che fino ad oggi sono state date per scontate.
Intanto sarebbe da considerare urgente la formazione, evocata nel documento del 24 agosto, di un Comitato di Liberazione Nazionale.
Mò basta veramente con questa complessità…
Avete stufato. La soluzione è semplicissima
ma non la vedete o non volete vederla.
Basta basta basta con la complessità.
Assemblea costituente PERMANENTE ieri!
I partiti hanno sempre rappresentato la tomba della democrazia, i più se ne accorgono solo oggi perchè sono solo più spudorati nell’evidenziarlo. Da sempre i partiti hanno rappresentato un filtro tra il potere reale e le popolazioni. “Consentire” di delegare ad altri le decisioni per il proprio benessere è la più grande idiozia inventata per ingannare la gente. Quindi i partiti nascono come organizzazioni truffaldine per impedire alla gente comune di interferire con le scelte politiche, economiche e sociali senza farglielo percepire. Tutte le grandi del passato tra i partiti erano finalizzate a stabilire chi tra loro dovesse prevalere nell’esercitare il mandato del potere. Forse c’è stato un momento in cui alcuni politici lungimiranti hanno cercato di acquisire maggiore peso o addirittura di cambiare padrone ma poi è finita come è finita. Fatta questa premessa la mia opinione è che bisogna pensare ad un nuovo tipo di organizzazione della società affinchè si possa partire dal basso per arrivare al vertice almeno per le decisioni riguardanti la vita delle persone, lasciando ad esse la responsabilità e le scelte personali. Mi rendo conto che uscire da schemi secolari è un cammino tortuoso ma se mai si inizia mai si uscirà da questo delirio in cui siamo entrati. Certamente gli eventi attuali non consentono oggi di fare questo cammino che richiede tempo quindi per ora bisogna lasciar perdere questo dibattito sulla funzione dei partiti ed è completamente inutile crearne altri. Ritengo che bisogna pensare a raggruppamenti di resistenza ad azione immediata per contrastare questa pericolosa deriva autoritaria prima che sia troppo tardi.