Sarà l’afa di mezza estate, che annebbia e offusca le capacità intellettuali. Sarà l’atmosfera d’inizio campagna elettorale, che spinge un po’ tutti a posizionarsi per questo o quello, a creare nuove tifoserie o a rinverdire quelle già esistenti. Mai come in questi giorni, ci sembra che il rischio di veder travisate le proprie proposte politiche si trasformi in drammatica realtà. In altre parole, quando si dice che gli studenti italiani delle scuole medie inferiori e superiori non sono in grado di comprendere il senso di un testo, bisognerebbe ammettere che anche i loro genitori non scherzano, al riguardo.
Sono passate poche ore, da quando è stato diffuso il comunicato intitolato “Un errore troppo grande” e già da diverse parti ci giungono commenti di questo tenore: “Ah, quindi voi siete per l’astensione”. No, cari concittadini. Noi NON siamo per l’astensione. Semplicemente, non ci sembra corretto che la competizione elettorale si trasformi in un giudizio divino di longobarda memoria, dove le sfumature di giudizio vengono cancellate dall’agenda pubblica, e tutto diventa manicheo, bianco o nero.
Di guerre ne abbiamo già viste tante in questi ultimi anni, da quella (immaginaria) contro il perfido mostro Covid, in realtà guerra ai diritti costituzionali di ciascuno di noi, alla guerra difensiva della Russia contro l’accerchiamento Nato. Non sentiamo la mancanza dell’ennesima guerra, la caccia all’elettore anti-sistema che osa disertare le urne, proprio ora che la lotta fra il Bene e il Male è giunta alla resa dei conti, e gli arcangeli stanno per sguainare le spade infuocate.
Partiamo proprio dall’astensionismo come parte integrante della visione di un certo mondo, quello dell’antipolitica. In tutte le nostre affermazioni pubbliche, interventi a manifestazioni, articoli, documenti ufficiali – abbiamo sempre affermato a chiare lettere che volgere le spalle alla lotta politica per rifugiarsi in situazioni di comodo, i cosiddetti eco-villaggi o comunità alternative, è tanto seducente quanto illusorio, oltre che pericoloso. La comune in mezzo ai boschi non è certo una soluzione contro gli artigli del potere.
Anzi, smobilitando dalla lotta non si fa altro che accarezzare una volta di più quell’individualismo egoista e narcisista che è uno dei mali più grandi della nostra società. La fuga dalla realtà, e dalle nostre responsabilità come patrioti italiani, fa senz’altro comodo a chi ci governa. Non a caso nella nostra comunità politica chiamiamo col nome di “fughismo” la tendenza che ho appena, sommariamente, descritto. Perché di fuga si tratta, una volontà di rifiuto che nasce anche dal non volersi impegnare in un’opera paziente e meticolosa di ricostruzione di una comunità politica.
In questo quadro, lo strumento del voto non può essere ignorato. È senz’altro vero, che col passare dei decenni, il ruolo del Parlamento Italiano è stato esautorato e svuotato, per l’adesione acritica ad istituzioni antipopolari quale l’Unione Europea.
È altrettanto vero che qualsiasi impero volge al termine, e anche l’odioso regno dei burocrati di Bruxelles farà la stessa fine, anche prima di quanto generalmente si pensi. Di certo, non sarà il battito della farfalla d’oltre oceano, a toglierci dai guai. Sarà il risveglio dell’orgoglio e della volontà del popolo italiano, che si esercita (anche, ma non solo) attraverso il voto.
E veniamo alle criticità del mondo del patriottismo costituzionale e dell’opposizione ai dispositivi autoritari a firma governo Conte prima, e governo Draghi poi. La posizione di Liberiamo l’Italia è sempre stata orientata alla costituzione di un Fronte popolare, dimensione a metà fra quello del partito classicamente inteso, e il movimentismo puro. Attraverso il Fronte del dissenso, e Resistenza Costituzionale, siamo giunti ad elaborare un manifesto, l’Appello dei 100, dove indicavamo come unica soluzione in vista delle elezioni politiche , una lista unitaria, che comprendesse al proprio interno sia i partiti anti-sistema, sia quell’arcipelago di associazioni nate durante i due anni di opposizione al green pass.
Fin dal mese di maggio sono stati posti veti incrociati fra i vari attori in campo. Quel che è davvero
sconcertante, i motivi di attrito non hanno mai riguardato i contenuti politici.
Al centro di tutto, risentimenti puerili di natura personale, e, temiamo, meri interessi di bottega.
Sono state ignorate quelle persone, uomini e donne, che magari senza pregressa esperienza politica, si sono battute con fierezza e coraggio in questi due anni e mezzo per difendere il proprio diritto al lavoro, il proprio diritto alla scelta terapeutica, il proprio diritto, in una parola, ad essere cittadini liberi e non servi di un potere ostile all’essere umano in quanto essere pensante e consapevole.
Al di là di tante altre considerazioni, che pure si potrebbero fare, giova ripetere che nessuna delle liste attualmente in campo, sarà in grado di superare la soglia di sbarramento che, lo ricordiamo, rimane fissata al 3%.
Nella frenesia di apparecchiare liste elettorali, è caduta anche la nostra proposta di una manifestazione unitaria per protestare contro il Colpo di stato elettorale, con tanto di firme da raccogliere e fare vidimare in sole tre settimane, nel mese di agosto, ennesimo gravissimo sfregio ai diritti del popolo italiano.
In questo quadro, dominato dall’irresponsabilità di chi ha voluto la divisione, il voto dev’essere una scelta consapevole e convinta. Non può essere forzato in alcun modo. A causa delle decisioni sbagliate di cui sopra, sono state frustrate e disattese le legittime aspirazioni all’unità di milioni di persone.
Discuteremo di come comportarci alle elezioni a tempo debito. Oggi non si tratta di dare indicazioni di voto. E comunque sarebbe impossibile farlo senza porre l’accento su quanto è accaduto. Accettare soluzioni abborracciate significherebbe costruire sulla sabbia, e rimandare a data da destinarsi il momento della nascita di una politica autenticamente al servizio del popolo.