A Bruxelles hanno fantasia. Anche in materia di gas, non solo di mazzette. Avevano detto di volere un tetto, ed alla fine l’hanno fatto. Una copertura che ha solo un problema: presenta cinque buchi, uno più grande dell’altro. Niente male come tetto!
E’ da marzo che se ne parla. Dopo i canonici nove mesi il parto è avvenuto, peccato che questo tetto non servirà a nulla. Ne sono così consapevoli che entrerà in vigore, senza fretta, solo il prossimo 15 febbraio. La fanfara però suonerà lo stesso. Anzi, ha già suonato. Le trombe, già squillate ad ottobre, in occasione dell’ultimo Consiglio europeo con la presenza di Draghi, sono tornate a farsi sentire con Giorgia Meloni. «Una grande vittoria italiana!», questo il suo enfatico commento all’accordo raggiunto dal Consiglio dei ministri dell’Energia dell’Unione Europea.
Nessuno stupore. Un certo trionfalismo, senza trionfo alcuno, è tipico della tradizione politica da cui viene la presidente del Consiglio. Stessa soddisfazione anche da parte del ministro Pichetto Fratin, un nome e un volto che ci fanno pensare più ad un intenditore di vini che ad un esperto di energia. Ad ogni modo, gli italiani si accorgeranno alla svelta del solito bidone che gli è stato rifilato.
Abbiamo sempre detto e scritto che il tetto al prezzo del gas sarebbe stato congegnato in modo da non avere efficacia alcuna. E così è stato. Questo non per chissà quale disegno speculativo, bensì per una ragione assai più semplice: escludendo progressivamente dal mercato europeo quello russo, il prezzo del metano è destinato a rimanere alto in condizioni ordinarie, altissimo nei momenti critici che inevitabilmente si presenteranno. In questa situazione i “tetti” lasciano il tempo che trovano, risultando di fatto troppo alti in condizioni standard, semplicemente inapplicabili in quelle di picco della domanda.
Il “price cap” varato dall’Ue ha esattamente queste caratteristiche, e non poteva essere diversamente, a meno di accettare il rischio di un deficit micidiale negli approvvigionamenti. Perché adottare allora una misura così inutile? L’unica risposta sta nelle esigenze della propaganda, di certo abbinate alla speranza di un tracollo russo.
Quello costruito a Bruxelles è un tetto con cinque buchi, vediamoli in maniera sintetica.
Il primo buco riguarda il prezzo, come noto fissato a 180 €/Mwh. E’ alto? E’ basso? E’ troppo alto se confrontato ai prezzi di mercato attuali, troppo basso rispetto ai picchi prevedibili per il futuro. Soffermiamoci qui sulla condizione attuale, rimandando l’altro aspetto ai punti successivi. I 180 €/Mwh sono assai meno dei 275 €/Mwh ipotizzati qualche settimana fa, ma sono pur sempre ben al di sopra della banda tra i 100 e i 120 euro all’interno della quale il prezzo è oscillato dallo scoppio della guerra fino ad oggi, con l’eccezione del picco verificatosi da luglio a settembre. Da notare che quella banda – oggi considerata la “nuova normalità” – significa comunque una moltiplicazione di 5-6 volte del prezzo del gas rispetto a quello precedente all’inizio della crisi. Resta il fatto che, ai prezzi attuali, il tetto fissato dall’Ue è troppo alto, dunque perfettamente inutile. Privo di ogni conseguenza sulle bollette del metano.
Il secondo buco si chiama spread. Cosa succede se il prezzo della Borsa olandese, presa anche stavolta a riferimento, raggiunge i fatidici (ma non troppo) 180 €/Mwh? Tutti penseranno che il tetto entrerà in funzione, stoppando così l’acquisto del gas da parte dei paesi Ue. Troppo semplice, dunque troppo poco europeo. Il “price cap” scatterà solo se alla condizione di prezzo (i 180 €/Mwh) persistente per almeno tre giorni consecutivi, si accompagnerà un differenziale (spread) di almeno 35 euro rispetto alle quotazioni medie del gnl (gas naturale liquefatto) sui “mercati globali”. Una condizione non da poco. A parte il fatto che non si sa quali siano questi mercati globali, il prezzo del gnl tende ad adattarsi assai rapidamente alle oscillazioni complessive del mercato. Quante volte si determinerà, allora, questo spread? Chi vivrà vedrà, ma a occhio e croce è chiaro come le due soglie abbinate siano fatte apposta per non verificarsi mai. Ma siccome gli eurocrati sono personcine previdenti, ecco che si è pensato ad altre due norme “anti-tetto”. Le vedremo ai punti successivi.
Il terzo buco: un tetto rimovibile. Che senso ha un tetto che quando piove si apre, lasciando passare l’acqua? Ebbene, è proprio così che l’hanno costruito gli architetti europei. Consapevoli dell’impossibilità di uno strumento rigido, i decisori di Bruxelles provano a fare i duri, chiarendo però fin dal principio che all’occorrenza saranno molli come il burro. Insomma, il “price cap” – che comunque, notare bene, non potrà mai essere applicato per più di 20 giorni! – potrà essere rimosso in qualsiasi momento dall’Ue. Il tetto verrà infatti disattivato dalla Commissione europea qualora la fornitura di gas sia insufficiente a garantire la domanda, se le importazioni di gnl e il volume scambiato sul Ttf diminuiscono in modo significativo, allorché vengano individuati rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, nel caso di instabilità finanziaria. Insomma: il tetto, preposto ad entrare in servizio in condizioni di emergenza, verrà immediatamente dismesso al verificarsi di una emergenza qualsiasi… No comment.
Il quarto buco riguarda i mesi invernali. Non contenti delle clausole di cui sopra, gli eurocrati ne hanno precisata un’altra. Il price cap verrà sospeso in ogni caso in presenza di un aumento della domanda del 15% in un mese (rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) o del 10% in due mesi. Questa regola può sembrare sensata, mentre è in realtà micidiale. Innocua dalla primavera all’autunno, essa può scattare con estrema facilità nei mesi invernali, dove una settimana di freddo più marcato può essere sufficiente a far superare le soglie previste.
Il quinto buco si chiama “Over the counter”. Le norme fin qui esaminate si applicheranno solo ai contratti “futures” (un mese in avanti, tre mesi in avanti, un anno in avanti) scambiati nelle borse istituzionalizzate, in particolare quella di Amsterdam. Ma c’è un piccolo particolare: i due terzi degli scambi avvengono con la negoziazione diretta al di fuori delle borse, sul cosiddetto “Over the Counter”. Quegli scambi continuerebbero comunque ad avvenire senza alcuna possibilità di limiti di prezzo. Idem per le borse del “giorno prima” e per gli scambi infragiornalieri.
Conclusioni
Tutte queste ragioni hanno portato molti esperti a definire inutile il tetto deciso dall’Unione europea. «Gli esperti sul price cap del gas: nella migliore delle ipotesi servirà a poco, nella peggiore farà aumentare i prezzi”, questo il titolo de il Fatto Quotidiano del 20 dicembre.
Si tratta di una palese verità, che solo la tipica pervicacia che trasforma in oro ogni cosa insulsa proveniente da Bruxelles può negare. Tra i negazionisti di cotanta evidenza c’è, come abbiamo visto, la presidente del Consiglio. Insieme a lei il nugolo di euro-servi della maggioranza e della finta opposizione. Tutti appassionatamente uniti, non solo nel culto dell’Agenda Draghi, ma pure nell’adorazione di ogni mossa europea. Per costoro gli interessi degli italiani non contano, conta solo la cieca volontà di fare la guerra alla Russia, talvolta accontentandosi pure di scelte di mera propaganda, com’è quella del “price cap” sul gas.
Nel frattempo, Stefano Besseghini si è pronunciato sulle future bollette di energia elettrica e gas. Due giorni fa, parlando di quel che avverrà a gennaio, il presidente dell’Autorità per l’Energia (Arera) ha detto che:
«Per quanto riguarda l’energia elettrica tutto sommato non ci saranno aumenti perché il trimestre è stato con prezzi medi relativamente bassi. Mentre il discorso sul gas è diverso. La formazione del prezzo ci sarà tra 15 giorni. E sicuramente le tariffe del metano risentiranno del fatto che adesso entriamo nella parte vera dell’inverno in cui le temperature sono più rigide e la domanda è più alta».
Traduzione:
Primo, il prezzo dell’energia elettrica per ora non aumenta ma neppure cala. Peccato che nell’ultimo anno le bollette siano mediamente raddoppiate… Secondo: il prezzo del gas continuerà invece ad aumentare, benché sia già salito in un anno del 63% (+13,7% solo a novembre). Terzo: tutto ciò è avvenuto nonostante un intervento straordinario dello Stato (ad oggi circa 85 miliardi di euro), che non potrà durare in eterno.
Buone notizie per il 2023, non c’è che dire!
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