Anatomia del cambiamento di modello economico-finanziario mondiale prossimo venturo
Per quanto riguarda l’economia ci troviamo in una fase del tutto nuova, non solo da quando se ne ha memoria, ma da quando esiste quella convenzione che trasforma il baratto in uno scambio di merci attraverso un “medium”, la moneta.
Nei secoli, questo strumento è passato dall’essere un oggetto di valore in sé, realizzato con metalli preziosi, come il denarius, all’essere un oggetto simbolico, sino ad essere la rappresentazione di un valore convenzionale che un emittente statuale garantisce e controlla.
Oggi stiamo per entrare in un’era diversa da quelle che ci hanno preceduto, un’era in cui si prevede la “dematerializzazione” del denaro che diverrà “un’idea” nascosta nell’iperuranio dell’“iCloud“, in contrapposizione alla completa “materializzazione” dell’individuo, cioè alla sua compiuta “oggettificazione”.
Non saremo più possessori e custodi del nostro denaro e non ne potremo liberamente e pienamente disporre, poiché non sarà più nelle nostre mani o in depositi convertibili, ma risiederà in complesse strutture digitali.
Il Fondo Monetario Internazionale sta preparando una piattaforma che permetterà a diverse valute digitali di essere scambiate in modo appropriato e “politicamente” corretto. Ogni grande economia sta lavorando per strutturare la propria.
Molti indicatori ci dicono che siamo vicini a una delle crisi cicliche dall’intercorrenza sempre più breve; ricordiamo l’ultima, devastante, del 2008, provocata dai subprime e iniziata negli Stati Uniti. Quest’ultima non è stata mai superata, perché mai sono state prese le misure necessarie.
Sembra quindi logico pensare che il sistema basato sul debito non sia in grado di prevedere strumenti diversi, pena la perdita della propria intrinseca natura e dei propri interessi.
La fine della separazione tra banche d’affari e banche di raccolta risparmi ha accelerato i processi che ci hanno condotto all’incombente crisi, così come alle precedenti. Oggi, distratti da tutte le emergenze fittizie e volute, da quella sanitaria a quella migratoria sino a quella climatica, non prestiamo la dovuta attenzione a quanto avviene nel mondo bancario statunitense, che è il fulcro del potere economico, finanziario e militare di tutto l’occidente.
Abbiamo assistito a un terremoto finanziario non molto pubblicizzato in Europa avvenuto nei primi mesi di quest’anno, anche se assolutamente prevedibile dopo anni di tassi negativi e di “quantitative easing”: il fallimento di tre delle più grandi banche statunitensi e il possibile fallimento di altre quattro. Questa potrebbe essere la scintilla di qualcosa di simile a quanto accadde con Lehman Brothers quattordici anni fa.
Il percorso ed il metodo di salvataggio utilizzati per il fallimento della First Republic Bank ci mostrano chiaramente la tendenza programmata a grandi linee per il prossimo futuro.
E’ stato chiamato a “salvare” questa banca “too big to fail” un gigante bancario ancora più grande, J.P. Morgan, che guadagnerà 2,6 miliardi da questa operazione ed ha ottenuto circa 50 miliardi di prestiti dalla FDC, l’istituto che assicura i crediti in America e che coprirà per tredici miliardi una parte delle perdite.
Una volta rilevata l’attività della banca a bassissimo costo, J.P. Morgan si garantirà un profitto annuo aggiuntivo di circa cinquecento milioni di dollari. Tutto ciò in barba alle leggi esistenti negli Stati Uniti per cui una banca non può avere una quota di depositi superiore al 10% del valore depositi nazionale, e che J.P. Morgan aveva già superato. L’operazione è e sarà estremamente remunerativa, oltre ad essere per l’istituto a zero rischi.
Quest’ultima vicenda ci porta a riflettere sul valore delle leggi che vengono continuamente infrante nel silenzio pervasivo dei media in tutto il mondo, e ad aprire una considerazione sulla massiccia tendenza in atto negli Stati Uniti di accorpare banche creando entità sempre più grandi, di fatto facendo sparire quelle più piccole. Negli ultimi trent’anni siamo passati infatti da circa 10.900 a 4.100 banche. Il numero è stato ridotto di più del 60%.
Questo processo è, tra le altre cose, una preparazione al lancio del dollaro digitale.
È molto facile che a breve questo numero venga ulteriormente e significativamente abbassato, così come sta accadendo in Europa. Dato che molti degli indici economici odierni sono simili a quelli del 2008, è probabile che si stia entrando in una crisi simile, ma molto più grande.
L’unico fattore diverso è che il tasso di occupazione negli USA è più alto di allora, anche se i dati pubblici non sono cristallini e soffrono di ritardi nel registrare i fenomeni della vita reale. Pensiamo alle migliaia di licenziamenti già iniziati nei settori dei social media, si vedano negli ultimi giorni i licenziamenti all’interno di Meta da parte di Zuckerberg. Se si dovesse ripetere anche questo scenario, saremmo perfettamente sovrapponibili a ciò che è accaduto nel 2008, con l’unica differenza che l’inutilizzato non sarebbe residenziale, bensì capannoni industriali e soprattutto uffici.
Dato che gli investimenti in palazzi pieni di uffici e infrastrutture industriali sono finanziati dalle banche locali, saranno quest’ultime quelle che per prime ne risentiranno. Ricordiamo che da dopo la pandemia e con l’aggiunta dell’ideologia green molte persone cercano di lavorare da casa e le aziende hanno assecondato questo trend. Ciò crea un’accelerazione affinché il fenomeno propaghi e si dispieghi in tutte le sue conseguenze.
L’effetto domino derivante sarebbe catastrofico: le società che sono ricorse all’indebitamento potrebbero non avere più i mezzi per pagare i mutui contratti, e i fallimenti potrebbero avere dimensioni gigantesche.
La First Republik Bank, anche se non conosciuta dal pubblico italiano ed europeo, era la seconda banca mai fallita negli USA. La prima fu la Washington Mutual, che fallì nel 2008, mentre la Silicon Valley Bank era la terza. Se l’ipotesi di non tenuta del sistema bancario dovesse materializzarsi, mettendo insieme altre quattro o cinque banche importanti, quanto successo nel 2008 potrebbe ripetersi. Prendendo ad esempio il salvataggio appena operato, ci troveremmo con una concentrazione bancaria ulteriore, e questo aprirebbe la porta all’introduzione del dollaro digitale visto come unica soluzione per salvare il sistema finanziario dall’implosione e per far sì che il pubblico non possa andare agli sportelli per reclamare e mettere in salvo i suoi depositi.
Le banche sono costrette ad avere nei loro portafogli titoli di stato a garanzia, e si trovano in presenza del combinato disposto di una forte svalutazione dei medesimi dovuta all’innalzamento dei tassi di interesse e della corsa al prelievo da parte dei correntisti. Se ciò accadesse in grandi proporzioni esse sarebbero in grosse difficoltà e si troverebbero insolventi.
L’ultima crisi è ancora vivida nel ricordo della gente e la corsa al ritiro dei denari depositati di questi ultimi mesi non ha precedenti. Questo contribuisce all’instabilità già precaria degli istituti di credito.
In seguito a fallimenti di queste proporzioni sarebbe molto difficile mettere in salvo i soldi dei correntisti: i salvataggi, come abbiamo visto nel recente caso della First Republik Bank, sarebbero effettuati indirettamente sempre con i soldi pubblici e quindi del contribuente. Oggi quasi tutte le banche statunitensi sono assicurate alla FDC (vedi fonte Bloomberg dello 09/06/23) e circa 700 banche superano il limite loro concesso dalla FDC sulla concentrazione dei prestiti immobiliari commerciali.
Solo due anni fa erano meno della metà!
La FDC che assicura i depositi non ha comunque fondi sufficienti per intervenire al salvataggio di tutti se le richieste dovessero esser troppe, e in ogni modo si tratterebbe sempre di soldi pubblici, che sfortunatamente coprono oggi non più del 2% del totale depositi.
Occorre ricordare che, anche se apparentemente gli azionisti perdono il capitale investito, le cifre coinvolte in questi fallimenti sono molto più grandi di quelle relative ai capitali investiti. Il tutto viene rafforzato dai tassi di interesse, che da quasi negativi sono stati decuplicati in termini percentuali. Quanto sopra fa pensare che il timone di controllo si sia rotto e che la FED non abbia ben chiara una strategia di uscita, tranne una riforma sostanziale di tutta questa mole di danaro che è in circolazione e di cui forse non ha oramai contezza. Dobbiamo anche considerare che nell’ultimo anno l’importanza del dollaro come moneta di scambi internazionali è stata fortemente ridotta, ed anche se ancora di gran lunga predominante ha già iniziato il cammino verso il suo ridimensionamento.
Il ”combinato disposto”, che si percepisce fortemente anche in Europa, porta l’economia come la conosciamo ad implodere.
Senza un profondo cambiamento dei meccanismi che ci governano, dell’idea di libertà e dignità dell’Uomo ed anche dell’Economia in senso lato che abbiamo visto in questi ultimi secoli, non sarà più possibile sostenere l’iniquo sistema economico esistente che conosciamo. È quindi necessario da parte del Grande Capitale il controllo fisico della massa monetaria in circolazione e la negazione del diritto delle persone di potervi accedere liberamente per il soddisfacimento dei propri bisogni.
Il timone si è rotto così come l’equilibrio unipolare nel quale abbiamo vissuto durante l’ultimo secolo. A noi rifiutare questa nuova condizione!
Fin qui possiamo dire, dopo la crisi del 2008 , niente di nuovo.
“A noi rifiutare questa nuova condizione”.
Ecco, credo che occorra mettere in chiaro che cosa significa “rifiutare questa condizione”.
Spendiamoci sulle strategie che dovremo adottare per sopravvivere.
Condivido il ragionamento di Li
dia
Come fare a dare un segnale? Cosa fare?
Noi abbiamo un grande potere che sta nelle nostre piccole azioni nel quotidiano vivere.
Iniziamo a contrastare questa tendenza della digitalizzazione delle transazioni monetarie PAGANDO IN CONTANTI, usando la moneta fisica, laddove è ancora possibile, al supermercato, in farmacia, dal tabaccaio, al ristorante, al laboratorio analisi, etc…etc…
Non cadere nella trappola della comodità di pagare con un click, o con una strisciata!
È così che ci stanno abituando ad avere queste futili comodità per poi stringerci il cappio al collo.
Sarà una soluzione ingenua ma se tutti la adottassero sarebbe destrutturante.
Come fare? Certo, lo so, siamo stati tutti obbligati ad avere un conto corrente, ed allora è semplice, si ritirano i contanti per le spese del quotidiano vivere. Si usa la carta solo per ritirare contante.
Può essere banale, può essere troppo semplicistica? Si, sono le cose semplici ma diffuse che potranno fare la differenza e incidere sulla direzione verso cui stiamo andando.
silva
Sottoscrivo in pieno il ragionamento. Ma aggiungo pure che purtroppo il Potere sfrutta per il raggiungimento dei suoi obiettivi (…in questo caso l’eliminazione del contante…) le divisioni all’interno del “Popolo” (…in questo caso lavoratori dipendenti vs lavoratori autonomi…) e una parte del Popolo abbocca alle “esche avvelenate” posizionate dal Potere: tante persone sono convinte che l’uso delle carte di credito e debito sia effettivamente un mezzo per combattere l’evasione fiscale. Peccato che non si rendano conto che le multinazionali non usano più il contante per le loro operazioni da ormai diversi decenni… EPPURE… sono proprio esse i principali evasori ed elusori fiscali esistenti al mondo…
Francesco F.
Manduria (Ta)