Le elezioni regionali in Emilia Romagna hanno rappresentato una sorpresa bruciante solo per chi immaginava facili le cose difficili.
A parte la considerazione a margine che ancora una volta i sondaggi pre-elettorali si sono rivelati piuttosto errati, la vittoria netta della coalizione di centro-sinistra, ed ancora in maniera più evidente del presidente uscente Stefano Bonaccini, era comunque l’ipotesi favorita.
Molti hanno parlato di sconfitta della strategia di Salvini che mirava a dare una spallata al governo e, stando ai sondaggi, alla minoranza che, ha scippato il controllo del potere evitando il ricorso alla consultazione elettorale.
Da questo punto di vista l’esito sicuramente segna una battuta d’arresto dell’ondata crescente di consensi della Lega e dovrà costringere la sua dirigenza a mettere in campo una strategia più complessa e raffinata per continuare a gestire la probabile posizione di partito di maggioranza relativa, a dimensione nazionale.
Comunque alcuni elementi generali potrebbero contribuire a spiegare il significativo distacco conseguito dal candidato del PD senza simbolo del PD.
Prima di tutto si deve notare che per la prima volta Salvini ha commesso macroscopici errori di comunicazione come ad esempio, andando a citofonare porta a porta, al quartiere Pilastro, frasi ingiuriose rivolte ad una presunta incontrollata popolazione di immigrati irregolari, dimostrando così contemporaneamente di non conoscere la realtà Bolognese ed offendendo gli attuali residenti del Quartiere che non è più, come una volta, esempio di degrado.
Questo gli è sicuramente costato tantissimo in termini elettorali.
Comunque con tutta probabilità Il fattore che ha maggiormente influenzato il voto, è stato la eccessiva personalizzazione della campagna elettorale promossa e condotta da Salvini in prima persona, nascondendo la candidata alla presidenza Lucia Borgonzoni e dando l’impressione, non del tutto infondata, che manchi un ceto dirigente emiliano della Lega.
Questa personalizzazione ha schiacciato l’elettorato tra i due poli (destra sinistra), riproponendo nei risultati elettorali il tradizionale bipolarismo e creando così un vuoto nell’area centrale che ha danneggiato pesantemente il M5S già per altro in forte crisi di identità e disorganizzazione.
Un dato importantissimo è costituito dall’incremento della partecipazione al voto che ha portato l’affluenza dal 37% (precedenti Regionali) al 67% con un incremento di ben 30 punti percentuali.
Secondo l’ottima analisi dell’Istituto Cattaneo, 2 elettori su 3 del movimento Cinque Stelle hanno scelto Bonaccini assecondando la vocazione alla stabilità ed alla governabilità degli indecisi, ormai orfani di un partito di riferimento.
A questo si deve aggiungere il voto di chi tradizionalmente si asteneva e che questa volta invece ha partecipato temendo un salto nel vuoto, fortemente sottolineato da una assillante campagna di stampa e da movimenti nati ad hoc come quello delle Sardine.
Altra considerazione merita l’incidenza piuttosto importante del voto disgiunto.
La presenza di questa possibilità in una regione con un livello culturale e riflessivo piuttosto elevato rimarca ulteriormente l’errore della Lega di avere puntato su un candidato che non aveva un proprio spessore personale, perdendo così l’opportunità di raccogliere una parte del voto disgiunto.
Tuttavia al di là di questi errori di impostazione che hanno favorito il tradizionale insediamento storico e di potere del PD oltre che l’abilità tattica del presidente Bonaccini, un’analisi appena più approfondita dei dati disaggregati ci mostra un volto completamente diverso dalla narrazione destra-sinistra e riconduce il risultato ad una matrice che si sta riproponendo simile in tutti i paesi occidentali.
Così come in Francia con Macron, in Inghilterra con le ultime elezioni vinte da Boris Johnson, si è riproposta anche in Emilia la contrapposizione centro-periferia; persino il colpo d’occhio della mappa elettorale fa emergere il rosso dell’area centrale posizionata intorno alla via Emilia e che collega i maggiori centri urbani, Bologna Modena Reggio.
Tranne in provincia di Bologna, nemmeno in queste province la vittoria del centrosinistra è completa, ma piuttosto si concentra nelle aree a più forte insediamento produttivo e fortemente collegate al circuito esportativo globale, ed ai Distretti Industriali che ancora mantengono la loro rilevanza economica.
A questo poi si deve aggiungere il sostegno alla “Domanda Aggregata” locale dato da fenomeni in forte crescita come il turismo e l’apporto delle frequenze universitarie.
Si tratta di aree con scarsa disoccupazione e con un tenore di vita nettamente superiore alla media nazionale: qui predomina il famoso ceto medio emergente che gode dei maggiori vantaggi offerti dai processi di globalizzazione.
Guardando intorno al rosso elettorale emerge una vasta area blu in cui prevale la Lega e che raccoglie, in modo pressoché omogeneo tutti i comuni collinari e montani di tutte le province emiliane.
A questi si aggiunge l’intera provincia di Ferrara che come noto è sempre stata la zona più depressa della Regione.
La Lega vince persino nella provincia di Rimini il cui elettorato di certo non è tradizionalmente di centro-destra.
In sostanza anche in Emilia si ripropone il cleavage (la scollatura) centro-periferia in cui votano contro i partiti sistemici, quelle aree e quei ceti che si sentono tagliati fuori dai nuovi processi di sviluppo, che non sono stati sostenuti dalle politiche regionali e che non vedono prospettive nella attuale tendenza socio-economica.
Noi crediamo che alla fine emergerà vincente quel soggetto politico che saprà inserirsi nel modo più abile e credibile in questa contraddizione fondamentale.
In questo senso la strategia di Salvini risulta ancora incompleta e parzialmente contraddittoria, mentre per un movimento come il nostro, giovane e capace di proporre idee e soluzioni, si apriranno grandi spazi di azione politica.
*Questa nota è stata prodotta da Gabriele Garavini con il contributo degli altri responsabili dei CPT dell’Emilia Romagna: Ugo Boghetta, Mia Gandini e Silvio Zagni.
La forza della democrazia Cristiana era che esisteva sempre un gruppo e la Rai dava lo stesso spazio del segretario anche a tutti gli altri. Il cittadino segue anche uno solo ma finisce con identificarlo come un capo (quindi dittatore).
Comunque complimenti ottima riflessione
D’altra parte la lega non fa mai proposte, non hai mai indicato nel merito nessuna linea guida di governo neppure a livello nazionale. Non si è mai ascoltato, per restare sulle recenti tematiche economiche, un progetto per Arcelor Mittal di Taranto!!! Solo grandi parole sconclusionate di tutto il centro destra. Non riesco nemmeno impegnandomi a scorgere strategie mirate e illustrate per la soluzione di qualsivoglia problematica.