Il super-Mes
Bruxelles, ore 5:32 del 21 luglio, per l’Italia il disastro è compiuto. Non si chiama Mes, anche se ci sarà spazio pure per questo, ma Recovery Fund, il super-Mes pensato dall’asse carolingio, ripreso dalla Commissione, ed infine modificato (in peggio, ovviamente) dal Consiglio europeo con la firma di stamattina.
Lo abbiamo sostenuto per mesi. Non è mai esistito un Mes cattivo, opposto ad un Recovery Fund buono. Esiste invece il sistema dell’euro, che di questi meccanismi abbisogna come il pane. E’ da quel sistema che bisogna liberarsi. Il resto è solo chiacchiera per l’interminabile teatrino della politica. Quel teatrino tenuto in piedi affinché ogni ragionamento serio sia bandito dal discorso pubblico.
Oggi gli euroinomani festeggiano. Lo fanno per l’accordo raggiunto, per la novità di un pacchetto economico a loro dire eccezionale, perfino per l’idea che si sia aperta la strada alla condivisione del debito, aprendo così pure quella della mitica Europa federale. Hanno torto su tutto, ed i fatti lo dimostreranno.
L’accordo è stato uno dei più pasticciati dell’intera storia dell’Unione, che in quanto a pasticci proprio non ha rivali. Non il frutto di un’intesa di fondo, ma di un’estenuante mediazione sul più piccolo dettaglio degli interessi di ognuno.
Lo dimostra il consistente aumento degli sconti dei contributi al bilancio comunitario, ottenuto dai 4 “frugali” (Olanda, Svezia, Danimarca, Austria) più la Germania, per il periodo 2021-2027. Molti segnalano come i quattro portino a casa 26 miliardi, “dimenticandosi” però di dire che altri 25,6 verranno incamerati dalla Germania.
Con questa intesa l’UE si dimostra sempre più come un mero aggregato di interessi, dove ognuno gioca la sua specifica partita. Un tutti contro tutti che è l’esatto contrario di quello “spirito europeo”, che solo certi personaggi del nostrano pollaio politico e mediatico continuano a voler vedere.
Che l’intero pacchetto economico (Mes, Sure, Bei, Recovery Fund), messo a punto dall’UE per far fronte alla crisi innescata dal coronavirus, sia di una portata eccezionale è un falso clamoroso. Se è vero che si tratta di un pacchetto senza precedenti, è altrettanto vero che la sua entità è nettamente inferiore a quelli varati in questi mesi da Usa, Cina, Giappone e Gran Bretagna. La verità è che dentro l’UE si salveranno solo gli Stati più forti (Germania in primis), quelli che, proprio grazie alle asimmetrie prodotte dall’euro, hanno già potuto mobilitare le proprie risorse finanziarie. Per gli altri, Italia in primo luogo, il disastro sarà inevitabile.
In quanto alla condivisione del debito c’è ben poco da dire. L’andamento del vertice, la dura contrapposizione tra i singoli paesi, l’infinita trattativa che lì si è svolta, dimostrano in abbondanza come questa strada sia semplicemente sbarrata. Certo, il Recovery Fund prevede una qualche condivisione, ma limitatissima e ben definita nel tempo, visto che il Fondo sarà attivo solo fino al 2023 e cesserà di esistere del tutto nel 2026. Un piccolo passo compiuto solo per allontanare la prospettiva del crollo dell’Unione. Poi, passata ‘a nuttata, chiara è la volontà di tornare – sia nella forma che nella sostanza – alle solite regole ordoliberali senza le quali l’UE non sarebbe più se stessa.
Cosa hanno deciso a Bruxelles
Così stanno le cose. Ma la propaganda impazza, come pure la solita edificante narrazione eurista. E’ dunque necessario aver chiaro cosa hanno davvero deciso in questi giorni a Bruxelles.
I 750 miliardi del Recovery Fund sono rimasti. E’ cambiata invece – ecco la prima vittoria del fronte rigorista – il rapporto tra prestiti e “sovvenzioni”. I primi sono saliti da 250 a 360 miliardi, le seconde sono scese da 500 a 390 miliardi.
I prestiti sono solo debito, un modo di finanziarsi non così diverso dall’emissione di titoli, ma di questo parleremo tra poco.
Le “sovvenzioni” – ripetiamolo per l’ennesima volta – non sono finanziamenti a fondo perduto. Su questo governi e media mentono sapendo di mentire.
Il “fondo perduto” proprio non esiste.
Il meccanismo di questa componente del Recovery Fund, coperta dal bilancio dell’Unione al quale ogni paese contribuisce in quota parte, è invece una complessa partita di giro che sarà possibile calcolare solo tenendo conto di ogni dettaglio dell’accordo.
All’Italia spetterebbero in questo modo 127 miliardi di prestiti e 82 di “sovvenzioni”. Se i primi andranno restituiti integralmente (interessi inclusi), il guadagno netto sulle “sovvenzioni” veniva stimato a maggio in circa 22 miliardi. Adesso, dopo il nuovo accordo, è probabile che questo saldo si riveli assai più basso. Se consideriamo il contributo dell’Italia al bilancio europeo siamo di fronte ad un’autentica presa in giro, tanto più nel momento in cui altri hanno ottenuto nuovi e consistenti sconti.
Sul punto, così scrivevamo a maggio:
«In quanto alle sovvenzioni bisogna tenere conto che esse verranno coperte con un contributo straordinario al bilancio Ue, che per l’Italia è al momento valutabile in circa 60 md. Dunque, il saldo positivo dovrebbe aggirarsi sui 22 md (82-60=22). Poco più di un punto di Pil, una cifra che a qualcuno sembrerà importante, ma che in realtà è assolutamente modesta. Basti pensare che solo nel settennio 2012-2018 il nostro Paese, nonostante fosse (insieme alla Grecia) quello messo maggiormente in croce dalle regole europee, ha versato nelle casse Ue 36,3 md in più di quanto ha ricevuto! Bene, neppure questa rapina, e nemmeno in tempi di coronavirus, ci viene restituita! Grande la generosità europea!».
Fatti i conti, se tutto andrà bene (ma dubitarne è più che lecito), l’Italia avrà un beneficio di circa 20 miliardi su un totale di 209. Il resto sarà solo debito aggiuntivo. Alla faccia di chi per anni ha cercato di terrorizzarci con l’argomento del debito, e che oggi cerca invece di farci credere che il debito europeo è bello, buono e senza condizioni.
E’ chiaro, e lo hanno sostenuto centinaia di economisti, come di fronte alla crisi attuale solo la monetizzazione del debito avrebbe potuto funzionare. Ma questa è una scelta che – a differenza degli Stati Uniti, della Cina, del Giappone e della Gran Bretagna – l’UE non vuole e non può compiere.
Una diversità che sta nella follia di una moneta unica per 19 stati, ognuno diverso dall’altro. Per l’Italia, l’alternativa alla mancata monetizzazione da parte della Bce avrebbe dovuto essere l’uscita dalla gabbia europea. Ma l’attuale classe dirigente non farà mai questa scelta, legata com’è a doppio filo ad un’oligarchia eurista che ne garantisce il potere su un Paese che manda invece in rovina.
Ecco allora il mostriciattolo del Recovery Fund. Ecco Conte che canta vittoria, attorniato dal circo mediatico al gran completo. Costoro ci spiegheranno che con il Fondo europeo si pagheranno interessi più bassi. Di quanto non lo dicono perché si scoprirebbe la miseria di questo risparmio, ma meno ancora ci parlano delle condizioni a cui verranno concessi prestiti e “sovvenzioni”.
L’Italia commissariata
Parliamone allora noi. La verità è che l’Italia verrà commissariata. Intendiamoci, in buona misura lo è già almeno dal 2011. Ma qui siamo di fronte ad un bel salto di qualità. Non a caso è proprio su questo che a Bruxelles hanno discusso per quattro giorni. A differenza delle “condizionalità” del Mes, qui la parolina magica è “riforme” che, contrariamente al suo significato etimologico, va tradotta dall’europeese in “sacrifici”.
E’ da notare come, visto anche l’enorme successo delle ultime aste dei Btp, il governo Conte avrebbe potuto decidere di finanziarsi attraverso l’emissione di titoli anziché legandosi mani e piedi all’Europa. Questo avrebbe sì significato un qualche aumento di spesa per gli interessi, per la verità abbastanza trascurabile, ma perlomeno le scelte strategiche su spesa e investimenti sarebbero state fatte a Roma, non a Bruxelles e Berlino. Ma un governo codardo non poteva far altro che comportarsi in maniera codarda.
Nel “piano di ripresa”, che l’esecutivo dovrà presentare all’UE per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund, da un lato gli interventi dovranno essere riferiti a due obiettivi europei (la digitalizzazione e la green economy), dall’altro dovranno recepire le “raccomandazioni” formulate dalla Commissione per ogni paese. Per l’Italia questo significherà sacrifici e nuova austerità, altro che politiche espansive per uscire dalla crisi!
Questo punto non è stato sottolineato da qualche euroscettico indiavolato, ma dall’impareggiabile signora dal sangue blu, la presidentessa Ursula Von der Leyen, la quale così si è espressa:
«Il Recovery and Resilience Facility è stabilito in una maniera molto chiara: è volontario, ma chi vi accede deve allinearsi con il Semestre europeo e le raccomandazioni ai Paesi”. “Finora dipendeva solo dai Paesi rispettarle o meno – aggiunge – ma ora le raccomandazioni sono legate a sussidi e potenziali prestiti”»
Chiaro? Finora ci si allineava volontariamente alle “raccomandazioni”. D’ora in poi sarà invece un obbligo, quantomeno se si vuol accedere al Recovery Fund. Le raccomandazioni della Commissione all’Italia parlano di riforma del lavoro, per ottenere più flessibilità (più jobs act ha prontamente esultato Matteo Renzi!). Ma parlano anche di riforme della giustizia, della pubblica amministrazione, della scuola e della sanità. Per andare in quale direzione ognuno può immaginarlo da sé. Perfino le ultime “raccomandazioni” del maggio scorso, pure segnate dalla straordinarietà della crisi in atto, non hanno mancato di chiedere il proseguimento di: «politiche volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito».
Una prosa che si traduce sicuramente in “pensioni”. Un nuovo attacco alle pensioni, di cui “Quota 100” è solo l’emblema propagandistico, usato non a caso dal noto esperto di questioni previdenziali Mark Rutte… Ma le pensioni non basteranno. Da qui la volontà di mettere mano al sistema fiscale e ad una nuova stagione di tagli. Insomma, proprio quel che serve in un momento di crisi drammatica come questo…
Sulla congruità tra il “piano di ripresa” ed i vincoli europei vigilerà l’occhiuta oligarchia eurista. Come è presto detto. Il piano dovrà essere approvato dalla Commissione europea, ma pure (altra vittoria del fronte rigorista) dai ministri delle finanze a maggioranza qualificata. In pratica, per bloccare il piano e rispedirlo al mittente, basterà il voto di paesi che rappresentino il 35% della popolazione. Ma Rutte, evidentemente con l’appoggio tedesco, sia pure non dichiarato, ha ottenuto pure il “Super freno d’emergenza” per le successive tranche dei finanziamenti. Un meccanismo attraverso il quale perfino un singolo paese potrà ostacolare il percorso del finanziamento di un altro, anche solo con il mancato consenso espresso dagli sherpa dei ministeri delle Finanze della zona euro (Efc). Sempre semplice e trasparente la magnifica Europaaa! Sempre limpidi e cristallini i sui percorsi decisionali!
Conclusione
Adesso fermiamoci qui che basta e avanza. Tra l’altro, seguire la tecnocrazia eurista nei sui contorcimenti, come nei sui sistematici imbrogli, è roba da far venire il mal di testa. Oltre a tutto il resto, l’Europa fa male pure alla salute…
Spero però che almeno tre cose si siano capite.
La prima è che l’Unione Europea è sempre la stessa. Incorreggibile ed irriformabile. Pure dal volenteroso Covid 19! Ogni narrazione sulla sua capacità di cambiare cozza con la dura realtà dei fatti.
La seconda è che non sarà necessario recarsi al Brennero per fermare la folle corsa di una massa di denaro gratis proveniente dal nord. Quei soldi andranno restituiti con gli interessi. Arriveranno, ma solo per legarci meglio alla gabbia eurista sorvegliata da Berlino
La terza è che invece di uscire dalla crisi, il nostro Paese si sta incamminando rapidamente verso un disastro senza precedenti. Per impedirlo bisogna mandare a casa questo governo, insieme all’attuale classe dirigente tutta. Per impedirlo occorre una nuova Italia, frutto di una dura lotta di liberazione guidata da chi ha la consapevolezza del momento. Una lotta per l’ITALEXIT. Tutto il resto è chiacchiera.
*Leonardo Mazzei è membro del Cpt di Lucca
Mi sembra che la posizione assunta in questo articolo non è dissimile da quella, ‘rosicona’ , esposta da Salvini e Bagnai ieri. A me sembra che i soldi messi a disposizione non siano proprio ‘bruscolini’. E quello che non capisco se gli 82 miliardi di € non sono prestiti ma sovvenzioni ma non sono a fondo perduto cosa sono allora? Togliere a questi i contributi sicuramente dovuti dall’Italia al bilancio europeo mi sembra una sottrazione senza senso in quanto avremmo dovuto pagarli lo stesso e quindi ora abbiamo 82 miliardi in più a nostra disposizione che prima non avevamo. I prestiti concessi sono sicuramente più vantaggiosi, comunque, di quelli ottenuti dal mercato e serviranno a risparmiare diverse centinaia di milioni di €. Credo che l’accordo raggiunto da Conte sia un brutto colpo per i sovranisti nostrani, fra i quali inserisco anche il sottoscritto, e sarà pur vero che altra e più consistente sarebbe dovuta essere stata la risposta alla crisi economica ma è sicuramente un provvedimento che dà respiro a questa Europa e che allontana, sine die, una eventuale, per quanto auspicabile, disgregazione della stessa. Spero di sbagliarmi.
Amico mio, io temo che tu non voglia capire. Gli 82 miliardi che ci portiamo a casa saranno al netto circa 20. Se non fossimo appartenuti alla UE, avremmo avuto una banca centrale prestatrice di ultima istanza con la possibilità di monetizzare il debito per una cifra ben più alta di 20 miliardi. Ma avremmo pure risparmiato gli altri 37 che abbiamo dato all’Europa negli ultimi 10 anni. Non solo. Quei soldi non ci vengono dati senza condizioni, è chiaro? Ci viene detto che dovremo rendere sostenibile il nostro debito, che significa tagliare pensioni, sanità, privatizzare il lavoro. Ti è chiaro o no?
Non ho ancora chiaro la differenza fra “sovvenzioni” e a “fondo perduto” e certamente le condizionalità del RecoveryFund non sono paragonabili a quelle del Mes o sbaglio? MI è abbastanza chiaro il discorso di Luca ma volevo solo sottolineare che quanto stabilito a Bruxelles segna un punto significativo a favore dell’Europa e che da adesso sarà ancora più difficile portare avanti il discorso dell’ITALEXIT. Credo che tale provvedimento sia servito volutamente anche a tacitare i sovranisti europei ed ho visto Salvini e Bagnai, pur sempre tracotanti, farfugliare in palese difficoltà.
Se non avessimo l’euro, se non appartenessimo alla comunità europea, se avessimo una nostra banca centrale, se avessimo ancora la lira, se non avessimo avuto il divorzio fra banca d’Italia e Tesoro, se non avessimo firmato gli sciagurati trattati internazionali, se ecc. ecc. mi ricorda un proverbio popolare marchigiano il quale delinea chiaramente il paese degli sprovveduti.
Vedo, purtroppo, sempre più in salita e problematico il discorso sovranista e l’ovazione di oggi a Conte al Senato ne è la riprova. O aspettiamo Paragone?
Di ovazioni al senato di pecoroni al servizio di finanzieri e magnager, e di scappati di casa attaccati alle poltrone e ai poteri forti che le garantiscono, nei abbiamo già visti tanti.
Non bastano i proclami di Zingaretti e Renzi sulLa rinnovata esigenza di aprire al Mes, per spingerci verso un movimento Unitario ? Bene allora aspettiamo che non restino che cocci. A quel punto la gente aprirà gli occhi.
Con i se e con i ma la storia non si fa.
Cosa vuol dire?
Gli eventi sono determinati da ciò che è stato compiuto e non da ciò che sarebbe potuto succedere se fosse stata fatta una scelta piuttosto che un’altra.
Dunque? Vediamo ciò che è stato compiuto. Nei primi anni novanta il reddito a cranio nostro era uguale a quello delle merde olandesi e tedesche. Dopo l’ingresso nella “*eu” ad oggi, il nostro reddito a cranio è rimasto quello dei primi anni novanta mentre per gli olandesi si avvia verso un aumento pari al 20%. Quasi simile per i tedeschi. E poi perché parlare di statistiche quando, per esempio, il sottoscritto ne è la prova evidente. Dal 1974 a tutto il 1978 ho lavorato a Lucca-zona Mugnano con una ditta appaltatrice per lavori SIP (Telecom) in qualità di ultimo fra gli impiegati. La mia paga di allora è superiore a molte paghe di oggi; in certi casi, volturando il mio stipendio da lira a euro, persino in termini matematici. Che non ha come dire, funzionato, dovrebbe essere evidente. Non si tratta quindi di una scelta ma di un obbligo l’uscita dalla “*eu”. Dopo lo spiaggiamento sulle rive dell’impero di rifondazione nasce un gruppo di uomini e donne al lavoro per l’uscita. Inizialmente in pochi oggi, più numerosi; grasso che cola abituati a fare con quanti siamo e non in quanto dovremmo essere. Incontriamo anche il nome “conosciuto” Paragone e questo, può essere un bene tuttavia, noi ci siamo da prima e per primi. Questo è un altro fatto. Paragone potrebbe servirci per meglio comprendere come uscire dalla “*eu”. Si…voglio dire…e qui diventa difficile; il confronto con gli “altri” ci può portare a capire la probabile uscita non esclusivamente, come dire, da sinistra ma, diciamo, una uscita “mista”. Su questo mi è venuta una idea talmente indicibile che quasi mi vergogno al solo pensarla e non la scrivo. E poi…ma, abbiate pazienza: ti stanno per capitare fra capo e collo una “paccata” di euro eppure, rimani “incistiato” nella richiesta della riscossione delle tasse. Prevedi di papparti 8 MLD (bene bene che vada non arrivano a prenderne 4 di MLD) ma scusa…ora siamo ricchi: rinvia, dai respiro, no? La verità è che non ce un “citto” e se non raccattano le tasse non pagano nemmeno gli stipendi. Rumente. Di euro promessi a goccia su goccia in cinque anni, decantati come “accordo storico” abbiamo, nell’immediato, un calo dei contratti indeterminati pari a 450’000 unità. Sono previste, in autunno, il 40% di chiusure di aziende e si conteranno 3’5 MLN di disoccupati. Rumente e criminali e criminale me. Le 5 loffe ho contribuito, e tanto, a farle crescere; parlo qui nella mia latitudine, nello spezzino, terra di Somalia, simile Mogadiscio della ragione. Pustola non proprio nel buco del culo ma non per questo, meno fastidiosa. Come mandarli via? Questi hanno allontanato le elezioni con l’imbonimento di tutte le informazioni. Costretto l’eventuale prossimo governo a perseguire la solita politica controllati da tedeschi e olandesi. A proposito: occhio alla “Torre di Pisa”! Pare che gli stronzi olandesi, specialisti in assemblare impianti di allevamento bovini verticali su palafitte, talmente all’avanguardia da potere dividere il piscio dalla merda così, come niente, tengano d’occhio la “Torre”. La struttura è pronta, verticale è verticale si…pende un po’…ma perché no? La merda nel “Battistero” il piscio nel “Duomo”. Strutture pronte e poi, non gli costa nulla.
Chiarimento alla lettera qui sopra postata. * “eu”: scritto rigorosamente minuscolo in segno di totale disprezzo. Scusate, ma tanto vi dovevo.
Abbiate pazienza, se volete. Rileggo il “pezzone”: vedo scritto “contratti indeterminati pari a 450’000 unità”. Leggasi invece “contratti a termine pari a 450’000 unità”.